Da Il Manifesto del 11/02/2004

L'imboscato supremo

Da due anni il presidente statunitense George W. Bush si erge a eroico patriota. Ma Michael Moore dice che è un disertore. E i democratici scoprono che il comandante supremo era assenteista anche nella tiepida nicchia che papà gli aveva trovato per evitargli il Vietnam. Ma non è il solo tra i conservatori repubblicani guerrafondai

di Marco D'Eramo

Per ora è solo Michael Moore a dire che il presidente degli Stati uniti George W. Bush è stato «un disertore» durante la guerra in Vietnam, ma ci manca poco che anche i moderati democratici usino lo stesso epiteto. La settimana scorsa infatti il coordinatore del comitato nazionale democratico (equivalente statunitense del nostro segretario di partito), il clintoniano Terry McAuliffe, ha infatti detto che Bush era all'epoca «assente ingiustificato». Così viene definita - per i primi 30 giorni di assenza - la recluta che non si presenta alla fine della licenza (è il caso di molti soldati ora in servizio in Iraq che, una volta tornati in licenza negli Usa, se la svignano: ma loro rischiano la pelle se tornano a Baghdad); dopo 30 giorni l'«assente ingiustificato» diventa ufficialmente «disertore». Da allora divampa la polemica: il portavoce per la campagna di Bush, Terry Holt, ha detto che le accuse sono «ingiuriose e infondate» e ha accusato McAuliffe di «perpetuare una tesi completamente falsa e fasulla», mentre l'addetto stampa della Casa bianca, Scott McClellan, è andato in tv per dire: «È una vergogna che questo soggetto sia stato tirato fuori quattro anni fa durante la campagna del 2000 ed è una vergogna che sia tirato fuori adesso»: tanta indignazione dimostra solo che quest'accusa ha toccato un tasto dolente. Sia McAuliffe, sia Michael Moore si riferiscono alla scapestrata giovinezza dell'attuale presidente. Come ha scritto il Washington Post: «Dubbi sul servizio militare di Bush sorsero durante la campagna presidenziale del 2000, quando si candidò contro il vicepresidente uscente Al Gore, un veterano del Vietnam. Un esame della documentazione militare mostra che Bush godette di un trattamento preferenziale in quanto figlio di un allora deputato» (George Bush padre, in seguito direttore della Cia, poi vicepresidente con Ronald Reagan e infine presidente degli Stati uniti dal 1989 al 1993).


ALLORA IL SERVIZIO MILITARE ERA OBBLIGATORIO

All'epoca il servizio militare era obbligatorio negli Usa: sono impresse nella memoria le foto dei richiamati che bruciavano le cartoline di leva per non andare in Vietnam. Ma c'era un'alternativa, riservata a pochi, e cioè di prestare servizio nella Guardia nazionale: negli Usa, oltre all'esercito federale, ogni stato dispone di una sua milizia, di cui è comandante in capo il governatore di quello stato, tranne in tempo di guerra quando la milizia confluisce nell'esercito nazionale.

Durante il conflitto nel Vietnam, le Guardie nazionali non vi confluirono perché la guerra non era stata formalmente dichiarata. Così, due settimane prima di conseguire la laurea corta (graduation) a Yale, nel 1968 il giovane Bush andò a Houston per entrare in un'unità aeronautica della Guardia nazionale texana dove - guarda caso - fu messo in cima a una lunghissima lista di attesa. «Era un periodo - scrive il Post - in cui il servizio nella Guardia era un'assegnazione ambita, spesso associata con sforzi per evitare il servizio attivo in Vietnam. Bush fu accettato per l'addestramento a pilota dopo aver superato solo il 25% del test attitudinale per piloti, il più basso risultato accettabile». La naja nella Guardia era più lunga, ma con pochi turni di servizio e, soprattutto, si svolgeva vicino casa. Appena accettato, scrive il Los Angeles Times, nel 1968 Bush andò in Florida per lavorare nella campagna elettorale di un amico del clan familiare.

Ma le domande più serie per l'attuale presidente riguardano il periodo che inizia dal maggio 1972, quando era al sesto anno di arruolamento. Allora il giovane Bush fece domanda per poter essere assegnato a un'unità dell'Alabama per poter lavorare per la campagna elettorale per il senato di un amico di famiglia, Winton M. «Red» Blount (che non fu eletto). Mentre era già in Alabama, il giovane George ricevette una lettera della Divisione personale della Guardia che lo dichiarava inidoneo per lo squadrone aereo della Riserva che aveva richiesto. Nell'agosto 1972, Bush fu sospeso dal volo perché aveva mancato di completare gli esami medici. Un mese dopo Bush richiese di essere assegnato a un'altra unità, e questa volta la sua richiesta fu accettata. Si fermò in Alabama fino a novembre, ma non c'è nessuna traccia che in tutto quel periodo si presentasse una sola volta alle esercitazioni e agli obbligatori turni di guardia di fine settimana della sua unità, come richiesto dal codice militare.

Non solo, ma, come risultò già nel 2000 da un'indagine del Boston Globe, neanche quando tornò a Houston, Bush partecipò alle esercitazioni e ai turni di guardia. I suoi ufficiali alla base aerea di Ellington scrissero nel maggio 1973 che Bush non poteva ricevere la sua valutazione annuale perché «non era stato osservato» a Houston tra aprile e maggio. Anche un altro ufficiale affermò in un successivo documento che un rapporto per quei dodici mesi non era disponibile per «ragioni amministrative». Quell'anno è ricordato nella vita dell'attuale inquilino della Casa bianca anche per un altro episodio: nel dicembre 1972 Bush litigò con suo padre dopo aver portato il fratello sedicenne, Marvin, a una bisboccia alcolica a Washington, e aver investito con la macchina il cassonetto di un vicino.Infine, cominciano a riapparire documenti su Bush solo tra il 31 maggio e il 30 luglio 1973, quando Bush riuscì a mettere insieme i 36 giorni di servizio attivo e i 10 obblighi regolamentari che gli mancavano. A settembre Bush chiese un congedo anticipato per poter iscriversi all'Harvard Business School. A ottobre ricevette un «congedo onorevole», prova questa, secondo i suoi portavoce, che tutte le illazioni sono infondate; invece ultimo e definitivo «insabbiamento» secondo i suoi accusatori. Fin qui i dati.

Ma la vicenda pone una serie di interrogativi. Nel 2000 non suscitò scandalo che Bush da giovane si fosse imboscato nella Guardia nazionale. Oggi invece sì. E per tre ragioni. La prima è che, dopo l'11 settembre 2001, i repubblicani hanno incastrato i democratici nella «trappola patriottica»: appena qualcuno dissente o cerca di porre limiti all'amministrazione, diventa una quinta colonna del terrorismo. La seconda ragione è la guerra in Iraq: il numero dei soldati uccisi sale di mese in mese e non fa un bell'effetto un presidente che li manda a morire quando lui si era imboscato. La terza ragione è che due dei candidati democratici alla nomination, il senatore del Massachusetts John Kerry e l'ex comandante supremo della Nato Wesley Clark, sono dei veri eroi della guerra del Vietnam.


UNA VILTÀ ORMAI NEL GIOCO ELETTORALE

In queste condizioni è chiaro che la viltà dell'attuale presidente diventa una posta nel gioco elettorale. Ma vista la cautela con cui Kerry e Clark hanno reagito (hanno messo queste accuse a bagnomaria: non le usano ma se le tengono a disposizione), è molto più probabile che questa sia una finta democratica al primo annuncio di affondo repubblicano: visto che Kerry vola nelle primarie, i repubblicani hanno già detto che intendono riesumare la campagna contro di lui basata sulla sua origine sociale (alta borghesia) e regionale (il New England patrizio e liberal), sintetizzata dallo slogan «Kerry sembra un francese».

Le minacciate accuse di diserzione costituiscono perciò un contro-avvertimento: se voi prendete quella strada, noi vi assaliremo con la diserzione. Insomma, il primo ballon d'essai di un tormentone elettorale lungo un anno. Ma c'è qualcosa di più sgradevole in fondo a tutta questa storia: io appartengo a una generazione per cui la diserzione è un valore positivo: ricordo la canzone di Boris Vian («Monsieur le président...») che rivendicava la diserzione nella guerra in Algeria. E noi stavamo dalla parte dei coscritti che scappavano in Canada per non andare in Vietnam.


CLINTON ERA CONTRO LA GUERRA DEL VIETNAM

In fondo Bill Clinton se ne andò a Oxford per non partire militare: la differenza è che lui era contro la guerra del Vietnam e che non ha passato gli anni di presidenza a rullare i tamburi patriottici, mentre il giovane Bush è un guerrafondaio la cui vita dice sempre «armiamoci e partite». Quand même... quando le campagne elettorali rivangano questo tipo di argomenti, mi sento anacronistico.

Un disagio lenito dal fatto che l'acquattarsi sembra non «una scelta di vita» del solo George Bush, o della sola famiglia Bush (evitò la leva anche suo fratello Jeb, governatore della Florida), ma una strategia collettiva di tutto il gruppo dei neo-conservatori e dell'amministrazione che lo circonda: non si è mai visto un caso così clamoroso di imboscamento collettivo (vedi articolo accanto). È quel che giustifica la definizione di «falchi capponi» che gli affibbiano.

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