Da Corriere della Sera del 12/02/2004

Vittoria anche nel sud

Il nemico di Kerry ora è una foto

di Ennio Caretto

WASHINGTON - La foto è comparsa su Internet lunedì: quando era divenuto ormai chiaro che John Kerry, sconfitto nella Carolina del Nord, avrebbe vinto le primarie della Virginia e del Tennessee nel profondo Sud, il terreno a lui più sfavorevole.

L’immagine lo ritrae assieme a Jane Fonda, due anni prima che l'attrice visitasse il Nord Vietnam in guerra contro gli Stati Uniti, e fosse ribattezzata con odio «Hanoi Jane» dai conservatori Usa. La foto, scattata a una dimostrazione pacifista del '70 nella Pennsylvania, mostra la Fonda in primo piano e Kerry due file indietro tra la folla, mentre attendono entrambi di parlare. Ieri il Washington Times , un giornale vicino alla Cia e al Pentagono, l’ha pubblicata in prima pagina con il titolo «La foto che fa infuriare i veterani del Vietnam»: il legame tra la Fonda e Kerry, ha scritto, è un insulto ai caduti nella guerra vietnamita e ai loro familiari. Kerry ha protestato. «Il senatore aveva combattuto due volte in Vietnam e ne era tornato pluridecorato» ha ricordato Stephanie Cutter, la sua portavoce. «Voleva la fine del conflitto, ma l'incontro con Jane Fonda fu occasionale, e nel '72 la criticò per la solidarietà da lei mostrata ai nordvietnamiti».

«La foto è un anticipo di ciò che attende il candidato democratico nella marcia verso la Casa Bianca», dichiara il politologo Mark Rozell della Catholic University. «Sinora è stata facile. Ma da adesso il suo cammino sarà una serie di imboscate».

Quella della foto con la Fonda è opera di un gruppo repubblicano che vuole screditare Kerry sia presso i «veterans», la base del suo elettorato, sia presso quanti lo ritengono più qualificato di Bush a garantire la sicurezza nazionale. Ma il suo rivale democratico Howard Dean gliene ha preparata un'altra nel Wisconsin, dove si voterà martedì prossimo: «Kerry - dice Dean - è un insider, un esponente della corruzione politica di Washington, non è un riformatore». Osserva Rozell: «E' nell'interesse del Partito democratico che Dean e gli altri candidati lascino il campo libero a Kerry al più presto. I loro attacchi al capofila fornirebbero munizioni a Bush».

La tempesta perfetta in cui si getta Kerry è un effetto del suo incredibile successo. L'uomo venuto dal freddo, il «liberal elitario» del nordest, come lo chiama la Casa Bianca, ha conquistato anche il caldo sud, la riserva di caccia dei conservatori populisti. Espugnando i bastioni sudisti del Tennessee e la Virginia con un vantaggio ancora superiore al previsto su John Edwards, l'eroe locale - il 41 contro il 26 per cento e il 52 contro il 27 per cento dei voti rispettivamente - il senatore ha sfatato il mito della sua ineleggibilità fuori della cintura industriale. Alla prima prova nella regione che nelle mappe politiche è tinta di rosso, il colore repubblicano (quello democratico è l'azzurro), l'ultimo kennediano ha confermato di essere diventato l'anti-Bush nell'intera America. «Una volta di più - ha notato a una trionfale serata alla Mason University presso Washington, alludendo alle sue dieci vittorie nelle dodici primarie svoltesi in tutte le parti del Paese, - gli americani votano per il cambiamento: a est, a ovest, a nord e adesso anche nel sud».

Ieri è uscito di scena il generale Wesley Clark, modesto terzo nel Tennessee e in Virginia. Andandosene, il vincitore della guerra del Kosovo ha velatamente invitato Dean e Edwards ad appoggiare Kerry, in modo da non fare il gioco dei repubblicani: «Siamo tutti dei patrioti con lo stesso obbiettivo, rettificare la direzione in cui va il Paese». E senza dirlo espressamente ha caldeggiato l'accoppiata Kerry- Edwards contro Bush e Cheney. Come Dean, così Edwards per ora non demorde: «Le primarie non sono un'incoronazione», ha obbiettato. Ma la Casa Bianca è convinta che la coppia (Kerry-Edwards) si salderà alla convention democratica a Boston a fine luglio.

Fa anzi capire che Karl Rove, il guru elettorale di Bush, è già al lavoro «per demolirla i mesi prossimi». Forte di un dossier di ben 95 pagine compilato dai repubblicani contro Kerry alle elezioni a senatore nel Massachusetts nel '96, Rove è pronto ad attaccare. «Kerry è vulnerabile - sostiene un portavoce della Casa Bianca - non soltanto perché è un liberal, ma perché ha fatto numerosi errori».

Errori che nel clima di emergenza degli Stati Uniti alle prese con il terrorismo e la guerra dell'Iraq potrebbero costare cari al senatore. Il suo internazionalismo, come ha ricordato la rivista Crimson dell’università di Harvard: nel '70, Kerry sostenne che le forze armate Usa dovevano intervenire solo su mandato dell'Onu, e oggi vorrebbe l'Onu in Iraq, la strada opposta a quella scelta da Bush e dalla maggioranza degli americani. La sua diffidenza verso la Cia: trent'anni fa voleva eliminarla, un decennio fa ridurne i poteri e i finanziamenti. Le sue esitazioni nei confronti del regime di Saddam Hussein: si oppose alla prima guerra del Golfo persico, approvò la seconda ma poi votò contro il suo finanziamento. Secondo Rove, Kerry non è un leader, ma la verifica spetta agli elettori.

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