Da La Repubblica del 13/02/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2003/g/sezioni/scienza_e_tecnologia/windows/s...
Il commento
Violato il Dna del software Robin Hood o James Bond?
di Vittorio Zambardino
C'è Robin Hood o un James Bond mercenario del contrabbando industriale, dietro il furto con pubblicazione su Internet del codice sorgente di Windows? E cos'hanno davvero combinato i ladroni alla Microsoft, che si mostra così allarmata? Codice sorgente è un'espressione esoterica, che sembra fatta apposta per farci chiudere il giornale per passare ad altro, ma invece è importante. E' il DNA del software che fa girare tutti i nostri computer, se hai quello in mano puoi rifare ogni genere di manipolazione o imitazione. Ma a differenza del codice genetico, il sorgente di Windows era rimasto finora il segreto meglio tenuto del mondo. Le conseguenze di ciò che è successo potrebbero essere molteplici.
I concorrenti di Bill Gates hanno denunciato per anni lo svantaggio - secondo alcuni volontariamente provocato da Microsoft - per chi doveva produrre programmi applicativi (scrittura, database, calcolo, grafica eccetera) da far "girare" su Windows. Quelle aziende hanno sempre detto che alla fine, misteriosamente, i loro programmi funzionavano peggio di quelli prodotti da Gates, sospettando che il codice sorgente ospitasse qualche trappola per i programmi estranei alla casa. I concorrenti si sono rivolti ai tribunali, in quello che fu il grande processo dell'epoca Clinton. Ma dalla Casa Madre non è mai uscito nulla che potesse rivelare il codice base nella sua interezza. Ora potrebbe diventare possibile scoprire se quell'accusa era fondata.
Di rischi per noi comuni mortali - se questa notizia si rivelerà esatta - ce n'è più di uno. Potrebbero nascere virus devastanti e potrebbero essere portati attacchi a tutte le aziende ed enti che custodiscono i nostri dati: dall'ultimo comune di campagna fino a chi gestisce la nostra carta di credito. E tuttavia non è ancora il caso di allarmarsi, se non nel portafoglio.
In primo luogo perché le parti rese note potranno essere sì sfruttate dai malintenzionati ma l'azienda potrà rilavorarle e, utilizzando tutto ciò che si è salvato, rigenerare la segretezza del codice - Microsoft spende ogni anno 6,8 miliardi di dollari in ricerca e ha migliaia di programmatori da buttare nell'impresa. Anzi questa rigenerazione potrà rappresentare una grande opportunità commerciale per il colosso, che venderà una nuova generazione di sistemi operativi, forse superando lo stesso Windows. E poi c'è la dietrologia, sempre brutta ma a volte inevitabile.
Per troppo tempo la pratica della fuga di software dalle aziende produttrici è stato un modo per avviare un collaudo di massa di nuovi sistemi o per liquidare pezzi di produzione obsoleti. Questa non è una pratica inventata da Microsoft, che anzi ha protetto i suoi segreti con grande gelosia. E tuttavia credere che un ragazzino di quindici anni abbia perforato le difese dei più grande produttore di software del mondo, è come pensare che Carl Lewis potesse perdere da un tapascione di periferia. Se quel pirata esiste, dategli il Nobel.
I concorrenti di Bill Gates hanno denunciato per anni lo svantaggio - secondo alcuni volontariamente provocato da Microsoft - per chi doveva produrre programmi applicativi (scrittura, database, calcolo, grafica eccetera) da far "girare" su Windows. Quelle aziende hanno sempre detto che alla fine, misteriosamente, i loro programmi funzionavano peggio di quelli prodotti da Gates, sospettando che il codice sorgente ospitasse qualche trappola per i programmi estranei alla casa. I concorrenti si sono rivolti ai tribunali, in quello che fu il grande processo dell'epoca Clinton. Ma dalla Casa Madre non è mai uscito nulla che potesse rivelare il codice base nella sua interezza. Ora potrebbe diventare possibile scoprire se quell'accusa era fondata.
Di rischi per noi comuni mortali - se questa notizia si rivelerà esatta - ce n'è più di uno. Potrebbero nascere virus devastanti e potrebbero essere portati attacchi a tutte le aziende ed enti che custodiscono i nostri dati: dall'ultimo comune di campagna fino a chi gestisce la nostra carta di credito. E tuttavia non è ancora il caso di allarmarsi, se non nel portafoglio.
In primo luogo perché le parti rese note potranno essere sì sfruttate dai malintenzionati ma l'azienda potrà rilavorarle e, utilizzando tutto ciò che si è salvato, rigenerare la segretezza del codice - Microsoft spende ogni anno 6,8 miliardi di dollari in ricerca e ha migliaia di programmatori da buttare nell'impresa. Anzi questa rigenerazione potrà rappresentare una grande opportunità commerciale per il colosso, che venderà una nuova generazione di sistemi operativi, forse superando lo stesso Windows. E poi c'è la dietrologia, sempre brutta ma a volte inevitabile.
Per troppo tempo la pratica della fuga di software dalle aziende produttrici è stato un modo per avviare un collaudo di massa di nuovi sistemi o per liquidare pezzi di produzione obsoleti. Questa non è una pratica inventata da Microsoft, che anzi ha protetto i suoi segreti con grande gelosia. E tuttavia credere che un ragazzino di quindici anni abbia perforato le difese dei più grande produttore di software del mondo, è come pensare che Carl Lewis potesse perdere da un tapascione di periferia. Se quel pirata esiste, dategli il Nobel.
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