Da La Stampa del 18/02/2004

La conferenza europea sull'antisemitismo

Israele, il nuovo nemico

di Fiamma Nirenstein

Alla vigilia della Conferenza europea sull’antisemitismo l’Europa è investita da una virulento antisemitismo, che non è riducibile al «rifiuto del diverso». La delegittimazione di Israele è il cuore del nuovo antisemitismo. Basata sulla tesi «il sionismo è razzismo» il nuovo antisemitismo nega i diritti del nuovo ebreo: che viva nella diaspora o in Israele, non può essere più pensato privo di quel diritto di autodeterminazione concesso dalla storia alle altre nazioni; l’antico antisemitismo è la negazione del diritto dell’ebreo di vivere come pari fra gli altri uomini; il nuovo, ha al centro la discriminazione dell’ebreo collettivo, Israele.

Le prove: in genere viene obliata l’origine del conflitto nel rifiuto arabo (compreso quello di Camp David) e viene invece attribuita all’occupazione che già era stata rinnegata dagli accordi di Oslo; Israele è sempre soggetta a doppio standard, unico stato mai condannato dalla Conferenza di Ginevra per i diritti umani (non la Cina, non mai nessun paese dittatoriale arabo, non la Cambogia o Cuba), mai difesa dalle minacce pubbliche e persino governative che chiamano al genocidio, alla distruzione del popolo ebraico...

Altra prova è la criminalizzazione della lotta contro il terrorismo: lotta che può risultare crudele perchè il terrorista non è un soldato e si nasconde fra la popolazione, ma che è indispensabile per la salvaguardia dei diritti delle vittime predestinate, compreso il diritto alla vita. Un nuovo blood libel disegna Israele come una nazione complottarda (burattinaio degli USA) mossa da sete di sangue e di potere. Israele non viene criticato ma delegittimato: la discussione sul Muro, la barriera di difesa è inquinata da accuse di razzismo e di apartheid, che gettano fantasiosamente su Israele un’ombra di abiezione che rende legittimi invece i comportamenti discriminatori nei suoi confronti, e di fatto la condanna a morte.

Terza tesi: l’Europa ha ritrovato le sue antiche radici antisemite a partire dal 1967, quando la Guerra dei Sei Giorni mise il mondo di fronte a una nuovo ebreo, deciso a difendere le proprie vite, persino a vincere la guerra. Da allora l’Europa, in gran parte influenza dal clima della Guerra Fredda, ha nutrito la sua posizione antisraeliana con ogni tipo di pregiudizio che ne dimostrasse la bontà. Da qui, dopo molti passaggi, le comparazioni (vedi il premio Nobel Saramago) fra Israele e i Nazisti; il rovesciamento per cui la vittima del terrorismo diventa colpevole (vedi l’ambasciatore francese a Londra: «Questo piccolo Paese di m...ci porterà tutti alla guerra») o le conclusioni apertamente antisemite di Theodorakis («Gli ebrei sono il male del mondo»).

Quarto punto: i movimenti antiglobalisti e antiamericani odiano Israele come un nemico escatologico, capitalista, imperialista, coloniale. Ma in generale la loro posizione è stata alimentata da una politica europea prona alla propaganda prima comunista e poi araba, che in violente ondate ha raggiunto l’Occidente intimidito.

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