Da Corriere della Sera del 17/02/2004

Il caso

Genova, quattro Nobel per il Mit italiano Tremonti: ci saranno più di mille scienziati

«L’istituto avrà il tasso minore di burocrazia possibile»

di Giovanni Caprara

GENOVA - Ventuno nomi di grande prestigio internazionale, tra cui quattro Nobel. Questo è il primo biglietto da visita presentato dal nuovo Istituto italiano di tecnologia (Iit) nato ieri al Palazzo Ducale di Genova con la firma dei ministri Letizia Moratti (Istruzione, università e ricerca) e Giulio Tremonti (Economia e finanze), che lo hanno voluto e realizzato. «E nato in 5 mesi soltanto - sottolinea Tremonti -. Perché era il 16 settembre quando Vittorio Grilli, ragioniere generale dello Stato venne da me con questa idea. Sin dall’inizio abbiamo pensato a Genova come sede».

Il tempo trascorso è servito a delineare natura e scopi dell’Istituto e a identificare un comitato di indirizzo e regolazione di caratura tale che la struttura costituisse da subito un punto di riferimento internazionale. I Nobel sono Riccardo Giacconi, Rita Levi Montalcini e gli statunitensi Paul Greengard (specialista di Alzheimer) e Harold E. Varmus (presidente del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center ). Assieme a loro si trovano personaggi di primo piano come Yasuhiko Arakawa di Tokyo (nanotecnologie), Hans Wigzell del Karolinska Institutet , Phillip Griffiths (direttore dell’Istituto di studi avanzati di Princeton) e italiani «illustri all’estero»: Federico Faggin (co-realizzatore del microprocessore), Federico Capasso di Harvard, Emilio Bizzi del Mit, Francesco Salamini del Max Planck Institut . E altri ancora, attivi nella Penisola, compresi uomini d’azienda come Pasquale Pistorio (che ha fatto grande STMicroelectronics) e della finanza, Gabriele Galateri (presidente di Mediobanca). Alla guida del nuovo Istituto, ispirato al Mit (il Massachusetts institute of technology di Boston ndr ), c’è il commissario unico Vittorio Grilli. Che precisa: «Finita la mia parte di avvio, entro un paio d’anni, forse meno, mi farò da parte. Io non sono un uomo di scienza».

Ma perché è nato l’Iit al di fuori del tradizionale mondo della scienza nazionale? «Per tre ragioni - risponde Tremonti -. Perché l’università è troppo burocratizzata mentre l’Istituto sarà caratterizzato dal minor tasso possibile di burocrazia; per favorire e incentivare meglio il rapporto pubblico-privato e perché è legato a un’idea di discontinuità dalla quale in passato sono nate grandi istituzioni come il Politecnico di Milano o, in Germania, il Max Planck Institut . Si inserisce nella linea della ricerca italiana aprendosi allo stesso tempo al mondo».

L’Istituto italiano di tecnologia prende forma come Fondazione per facilitare la gestione ma è un «centro di ricerca effettivo», ribadisce Tremonti, e quando sarà a regime potrà dar lavoro a 1.000-1.500 scienziati. Intanto sono stati precisati i primi compiti. «Lo scopo - sottolinea Letizia Moratti - è lo sviluppo tecnologico e l’alta formazione scientifica e tecnologica per aumentare la competitività economica del Paese. Tra gli obiettivi c’è la realizzazione di nuove tecnologie, di nuovi prodotti che si tradurranno in maggiori posti di lavoro».

Inizialmente si occuperà di due settori strategici per la crescita nazionale. Da un lato i sistemi di produzione, al fine di sostenere le esportazioni aumentandone la competitività: un’area interdisciplinare strettamente legata alla microelettronica e ai nuovi materiali. Dall’altro, la salute e le biotecnologie. E in questo caso si punta alla scoperta di nuovi farmaci e allo sviluppo di nuove tecnologie per la diagnosi, la cura e la prevenzione delle malattie. «E’ un campo in notevole espansione - spiega il ministro Moratti - nel quale il nostro Paese può ancora giocare un ruolo notevole in ambito europeo. Sappiamo delle necessità di risorse espresse dai centri di ricerca nazionali - aggiunge - ma abbiamo voluto concentrare i nuovi finanziamenti (50 milioni di euro per il 2004 e 100 milioni di euro all’anno sino al 2014, ndr ) per l’impatto positivo che il nuovo ente genererà sull’intero settore. I nuovi progetti, ad esempio, richiederanno seimila nuovi ricercatori». Secondo il ministro la spesa per la ricerca pubblica quest’anno è salita allo 0,65% del prodotto nazionale lordo (prima era allo 0,53%).

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