Da La Stampa del 26/02/2004

La guerra di Putin tra elezioni e corruzioni

Colpi bassi dello Zar

di Giulietto Chiesa

Anche Mikhail Kasianov, il premier russo, è stato liquidato da Vladimir Putin. Della «Famiglia», cioè dell'entourage di Boris Eltsin, resta soltanto Anatolij Ciubais, oligarca di stato, nominato da Boris alla testa del gigante elettrico. Ora si può scommettere che il suo destino politico ha i giorni contati. Le vittime precedenti sono note: l'oligarca Gusinskij, padrone di NTV (la rete 4); l'oligarca Berezovskij, padrone di ORT (la rete 1); l'oligarca Khodorkovskij, padrone del gigante petrolifero Yukos e della Banca Menatep; Voloshin, capo dell'Amministrazione presidenziale. Ma le modalità sono strane e sembrano indicare una grande lotta sotto il tappeto. Perché liquidarlo così all'improvviso, senza nemmeno avere un sostituto credibile (perché Viktor Krystenko non solo non lo è, ma è chiaramente definito «facente funzione», cioè provvisorio). Putin poteva aspettare la vigilia delle elezioni presidenziali che ha già vinto prima ancora di cominciarle: liquidare Kasianov e incassare i dividendi elettorali ancora «caldi». Invece l'ha fatto adesso, evidentemente sotto l'urgenza di qualcosa o di qualcuno. Kasianov sa troppe cose di Putin e poteva diventare pericoloso.

Kasianov era vice ministro delle finanze quando sparì la famosa tranche del prestito del Fondo Monetario Internazionale. Quei 4,7 miliardi di dollari finirono in gran parte nelle mani degli oligarchi e in parte in quelle della figlia di Eltsin, Tatiana Diacenko.

Putin era nei paraggi.

Ieri il patto di reciproca non belligeranza dev'essere finito in modo burrascoso. E Vladimir Putin ha giocato la sua carta da grande uomo dei media. Ecco, forse, a cosa gli è servita l'amicizia con Silvio. A prendere le decisioni in diretta televisiva. Nessuno, nemmeno i membri del governo che sono stati dimissionati in blocco, sapevano niente. Adesso tutta la Russia profonda pensa che il presidente ha mandato a casa un governo di corrotti e di incompetenti. E il malumore popolare, che poteva ripercuotersi contro il presidente, si rovescerà in un fiume di contumelie contro Kasianov.

Ora non resta che attendere la nomina del nuovo capo del governo. Variante uno: un uomo di peso, magari connesso con l'opposizione, che condivida con Putin, per qualche anno, il peso dell'impopolarità per le disastrose condizioni di vita della gente. Oppure un fantoccio senza fisionomia, che gestisca il governo come l'ombra del presidente divenuto zar. Niente si vede sotto quel tappeto, salvo che i colpi bassi sono la regola. L'uscita della Russia dal tunnel non è in vista.

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