Da La Repubblica del 11/03/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2004/c/sezioni/politica/campagna1/diamanti/di...

Il commento

Il serial del Cavaliere

di Ilvo Diamanti

È COME se, dopo un mese trascorso a rimettere in sesto il fisico, le energie e soprattutto la faccia, il premier avesse deciso di moltiplicarsi. All'infinito. Di riprodurre la propria icona, le proprie parole, i propri messaggi. Dovunque. Alla Domenica sportiva, intervenendo come presidente del Milan. Sempre. A Radio anch'io, con cadenza quasi settimanale. A Porta a Porta, in tivù, con frequenza assidua e regolare. E siamo solo all'inizio. Perché la missione impossibile che Berlusconi intendere compiere, è rilanciare i consensi del governo, della maggioranza. E i suoi personali, in quanto premier. Prima delle prossime elezioni. Una sfida difficile. Come tutti i sondaggi segnalano. Ultimo, nei giorni scorsi l'Ispo di Mannheimer, che, nelle stime di voto, vede la Casa delle Libertà soccombere nettamente. Piegata dalla "sfiducia", più che dal centrosinistra. La sfiducia, nell'andamento e nel futuro economico. E l'incertezza, che alligna in molte componenti sociali. Fra i più anziani: alimenta l'insoddisfazione verso il servizio sanitario. Nuova domanda di Stato. Fra i lavoratori maturi: diventa indisponibilità a riformare le pensioni. Fra le casalinghe: per il costo della vita. Fra i giovani. Che non riescono a immaginare un futuro migliore a quello dei genitori. La sfiducia. L'incertezza. La di-speranza. Sentimenti insidiosi, per il governo e chi lo guida. Tanto più perché affliggono proprio i settori sociali sui quali il messaggio, la "narrazione" di Berlusconi, in passato, ha esercitato maggiore fascino. I pensionati, le casalinghe, i lavoratori dipendenti. Gli stessi giovani. I piccoli imprenditori, i lavoratori autonomi. Che attendono, insieme agli altri cittadini, una concreta, percepibile, riduzione del carico fiscale. A questa Italia, il premier, come risposta, ripropone se stesso. Scegliendo i media.

Come in passato. Ma seguendo una strategia sostanzialmente diversa. In precedenza, nel 1994, la televisione e i media erano serviti a Berlusconi per "promuovere" il suo prodotto. Forza Italia e se stesso. Come risposta al vuoto che si era creato al centro e alla destra del sistema partitico, dopo la scomparsa della Dc e degli altri partiti di governo. Nel biennio 1999-2001, invece, egli aveva intercettato l'inquietudine della società, provata da anni di sacrifici, affrontati per rimettere in sesto i conti pubblici ed entrare nella moneta unica. E, anche attraverso i media, aveva tradotto questo sentimento in risentimento: sul tema delle tasse, della criminalità comune. Delineando uno scenario sfavorevole per il centrosinistra, che al tempo governava. Ora ha il problema esattamente opposto. E mira, dunque, all'obiettivo opposto. Decongestionare il clima d'opinione. O, almeno, riconvertire paure e risentimenti "contro" gli avversari. E lo fa da solo. In prima persona. Ancora una volta. Perché la sua compagine, come il centrosinistra nella legislazione precedente, invece di contrastare l'insoddisfazione degli elettori, la alimenta. Accendendo divisioni e conflitti. In ogni occasione. Agisce da solo, Silvio Berlusconi. Attraverso il video e la radio. Il volto e la voce. Perché in questo modo conta di assimilare le diverse facce del suo governo e della sua maggioranza. E conta, inoltre, di semplificare, una volta ancora, la rappresentazione del confronto politico. In modo estremo. Lui contro gli altri. Lui e gli altri. Lui contro i comunisti. Lui e i comunisti. Da solo. Lui e quelli che fanno politica di professione. E quindi rubano. Lui e i comunisti politici di professione; ladri. Per proprietà transitiva. Va in televisione, alla radio, Silvio Berlusconi, scegliendo le trasmissioni il cui pubblico è composto, perlopiù, dal suo elettorato deluso. L'Italia media e periferica, fatta di casalinghe, pensionati, lavoratori autonomi e dipendenti. Quelli che non gli credono più. Per assuefarli nuovamente alla sua immagine. Alla sua voce. E alla "sua" narrazione della realtà. La realtà. Che non è come pensa la gente. Il costo della vita non è cresciuto poi tanto. E se è avvenuto è colpa dell'euro e di Prodi, presidente della commissione europea e leader della coalizione comunista. Le tasse invece sono calate, il Paese è in ripresa, la gente sta meglio. Anche se non se ne accorge. Perché ci sono troppi profeti di sventura, troppe cassandre in giro. Impongono gli occhiali sbagliati. E la gente vede le cose diverse da come sono. Perché sono in troppi ad agitare la società. Sindacalisti, studenti, professori, autotrasportatori, maestri, medici, operai. Berlusconi. Torna in tivù. Casa sua. Per recitare ancora la parte del vincente. Nella vita. Nell'impresa. Nel calcio. In politica. E cerca la fiducia. Per assuefazione. Al volto e la voce.

Impegnato in un dialogo costante. Dove, però, una sola persona parla. E non può, non deve avere contraddittori. Solo comprimari. Non solo perché non sopporterebbe il confronto. (Troppo reattivo e insofferente verso chi ritiene "non all'altezza"; verso chi pretende di trattare con lui alla pari; non avendo la sua storia, il suo passato, il suo presente. Verso tutti, di conseguenza). Ma perché apparirebbe un politico fra gli altri. E come gli altri. Mentre a lui interessa, oggi, parlare in modo diretto, a tutti. Come un amico. Un vicino di casa. Che abita porta a porta. Di più. Uno di famiglia. Aiutato dal meccanismo del serial, della telenovela. La replica infinita, che rende familiare ogni personaggio. E i loro discorsi: diventano senso comune. Così, narrando il serial dell'Italia "più bella di come appare agli italiani", il premier conta di allentare la morsa del pessimismo. Della sfiducia.

Le due Italie. Quella mediatica. Un feuilleton. E quella reale. Carica di inquietudine e di preoccupazioni. Il gioco è tutto lì. Riallineare, riavvicinare l'Italia reale a quella mediatica. Mentre ora sono lontane. Opposte. La televisione come lifting della realtà. Con un unico chirurgo estetico autorizzato. Perché gli altri, invece di nascondere le rughe della società, potrebbero accentuarle. Magari artificiosamente.

Chissà. Sarà che alle mie rughe ci tengo e le inquietudini mi fanno compagnia. Ma ho la sensazione che la replica infinita di questa fiction sull'Italia felix finisca per danneggiare chi vi recita più degli esclusi.

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