Da La Repubblica del 15/03/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2004/c/sezioni/esteri/spagna3/fineaznar/finea...

L'uomo del miracolo spagnolo bruciato da lutti e bugie. L'avvento di Rajoy avrebbe dovuto coronare otto anni di governo

Gli ultimi tre giorni che distrussero Aznar

di Concita De Gregorio

OTTO anni bruciati in tre giorni. Giovedì, venerdì, sabato. Tre giorni e l'uomo del miracolo spagnolo è diventato il Bugiardo, il Colpevole, lo Sconfitto. Settantadue ore di silenzi e omissioni, il gioco strumentale sulla strage costano a José Maria Aznar la sconfitta, l'onore: tutto. Esce di scena tra i fischi e gli insulti. "Bugiardo", "tua la guerra nostri i morti", gli urlano per strada fuori dal seggio, la mattina. Piange Ana Botella, la bella e ambiziosa moglie che ha fatto eleggere consigliere comunale a Madrid. Piange stretta nell'elegante tailleur cipria mentre sfila a testa bassa tra la folla: lacrime certo di tensione forse di vergogna.

Le telecamere inquadrano, la polizia tiene lontana la gente che grida, le guardie del corpo nervose colpiscono chi si avvicina. Il marito con la sua cravatta nera del lutto si volta un attimo verso i giornalisti: "Chiunque sia stato pagherà", dice pallido. Scuola di Nostra Signora del Buon Consiglio, bella scuola cattolica per ragazzi di lignaggio nel cuore di Madrid, distretto elettorale numero 9, seggio 33, tavolo A. Finisce qui alle dieci e mezza di domenica mattina la parabola politica di José Maria Aznar celebrato come il campione del miracolo, il tranquillo e severo statista della transizione. Lo hanno travolto i peggiori tre giorni della sua carriera politica e la carneficina: i morti innocenti della Guernica di Atocha i ministri in doppiopetto a depistare in tv, le casseruole nella notte che battono al ritmo di "assassini".

L'ultimo giorno alla Moncloa doveva essere, nei programmi, la consacrazione di otto anni di governo: Aznar avrebbe consegnato il paese non all'intelligente e poco manovrabile Rodrigo Rato (il suo numero due, quello che ha bollato col perfido nomignolo di Bambi il candidato socialista Zapatero dai grandi occhi blu) ma al grigio e duttile Mariano Rajoy, perfetto esecutore taciturno. Quattro punti e mezzo di vantaggio sui socialisti, dicevano gli ultimi sondaggi di mercoledì. Poi quelli illeciti che dopo la strage, se attribuita all'Eta, davano i popolari al 70 per cento. Se fosse stata l'Eta, contro cui Aznar ha combattuto la battaglia che qualifica e connota i suoi otto anni di governo, la Spagna si sarebbe stretta certo attorno al leader. Questo è stato il calcolo, accusavano i socialisti, questa la consegna. Questa la menzogna. Se anche ci fosse stato un iniziale riflesso istintivo in buona fede nell'attribuire la responsabilità dell'attentato ai baschi, nulla giustifica che il ministro degli Interni si sia presentato alle telecamere a mezzogiorno del giorno della strage, quattro ore dopo le bombe, a dire "è stata l'Eta senza nessuna ombra di dubbio". Il Psoe ieri ne ha chiesto le dimissioni.

Angel Acebes, quarantenne avvocato di Avila e ministro degli Interni, è davvero una figura chiave di tutta questa torbida vicenda: è l'uomo che Aznar ha mandato in tv a fare da volto del governo nei giorni della tragedia. Il premier è rimasto un passo indietro, ha taciuto salvo che per il discorso alla nazione: quello del "acabaremos con ellos", la faremo finita con loro, coi terroristi. Per il resto è stato Acebes a comparire ogni tre ore in tv - solennemente prima, sempre più in affanno dopo, sull'onda delle proteste di piazza e delle accuse - a ribadire, poi a sfumare, poi a smentire se stesso, a dire infine all'una di notte di sabato che sì, in effetti c'era una cassetta di Al Qaeda con la rivendicazione. La gente per strada era dal pomeriggio che gridava: avete le prove, tiratele fuori.

È andata così. È stata una corsa contro il tempo, quella di Aznar: aveva immaginato di tergiversare fino ad oggi, di aspettare questo lunedì postelettorale per dire che la strage di Atocha è stata una vendetta dell'estremismo islamico contro la sua politica di appoggio alla guerra in Iraq, una guerra che il 90 per cento degli spagnoli non voleva. "Bush, Aznar, Blair: è vostra la colpa", ha scritto qualcuno nella notte su una colonna di Puerta del Sol. "... e di Berlusconi", ha aggiunto una mano con uno spray di colore diverso. Il cattolicissimo Acebes, nel suo doppiopetto di ministro, ha retto la parte finché ha potuto. Il capo dell'Antiterrorismo Jesus de la Morena ha minacciato dimissioni: gli esperti di Eta, ha detto l'investigatore, avevano messo in dubbio fin dal primo momento che si trattasse di un attentato etarra ma Acebes non li ha ascoltati. Fedele a una consegna, si direbbe. D'altra parte Acebes, già sindaco di Avila, deve la sua ascesa politica alla mano di Aznar così come Aznar la deve a Fraga Iribarne, il ministro dell'Informazione di Franco ancora attivo che scelse il giovane José Maria per la guida del Ppe. Allora il primo ministro era un ispettore di finanza, scriveva sulla Nueva España di Logrono articoli contro la stessa Costituzione che oggi difende in corteo. Il passato falangista è remoto, i tempi cambiano.

Gli uomini e le donne di Josè Maria - "Chema" negli striscioni, come la sgradevole pronuncia delle sue iniziali - gli sono devoti. Ana Palacio, ministro degli Esteri figlia di Luis Maria de Palacio y de Palacio marques de Matonte, non un carpentiere, ha scritto a tutti gli ambasciatori spagnoli raccomandando loro di sostenere la tesi dell'attentato Eta. Un gesto grave, che non le impedirà comunque di restare - come annuncia - in politica e di candidarsi a nuovi più alti incarichi. Il presidente della Stampa estera di Madrid Steven Adolf ha fatto sapere che i corrispondenti stranieri hanno ricevuto dal governo pressioni analoghe a quelle degli ambasciatori. Metodi spicci. Lo stesso Aznar, del resto, solo domenica scorsa a Sevilla diceva in comizio che Carod Rovira, l'esponente di Esquerra repubblicana accusato a gennaio di aver aperto una linea di dialogo con Eta, "è andato a parlare con loro per dire: uccidete pure gente come Becerril ma non uccidete in Catalogna". Alberto Becerril, consigliere pp di Sevilla, è stato ucciso sei anni fa. Artifici retorici, certo.

Dopo i genitori, ieri mattina, si sono presentati al seggio di calle Montalvo i due figli maschi del premier. José Maria Aznar junior, noto in Italia per esser stato fermato l'estate scorsa in Toscana mentre guidava a 150 all'ora una Porsche, e suo fratello Alonso. Non Ana, che dopo il faraonico matrimonio all'Escorial (testimone Silvio Berlusconi) si è trasferita col marito Agag in altra zona della capitale. Presto dall'appartamento della Moncloa se ne andranno tutti, gli Aznar. Il presidente resta in carica per gli affari correnti fino ad aprile, per allora sarà pronta la villa con muro di cinta a maioliche e la piscina che da tre anni Ana Botella sta allestendo in vista del trasloco. Piangeva, ieri mattina, la signora. Non è bello uscire di scena così, con la gente che urla per strada con la scia di sangue dei morti. Piangono in tanti, del resto, a Madrid. Al cimitero La Almudena ieri è arrivata una clavicola. Forse si riesce ad associare a una ciocca di capelli. Sono 37, ancora, i morti irriconoscibili: pezzi di morti senza nome.

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