Da La Stampa del 15/03/2004
Il miracolo della guerra
di Filippo Ceccarelli
MADRID - Le ultime da Madrid dicono che la guerra non paga. Aznar, e cioè uno dei più valenti e potabili leader del centrodestra, ha mandato le truppe in Iraq contro il 90 per cento dell'opinione pubblica: e ora si ritrova in minoranza.
Come volevasi dimostrare. Invece di sconfiggerlo, la guerra chiama il terrorismo, e questo reca danno non solo alle persone e alle cose, ma anche alle politiche dei governi che hanno spedito i soldati nell'inferno mediorientale «perché-così-si-deve-fare». Ma tutto questo in fondo si sapeva.
La vera sorpresa spagnola, forse più importante di una semplice lezione agli altri Paesi europei e all'Italia in particolare, è che la guerra, con le sue terribili implicazioni, ha anche il potere di rianimare le forze di sinistra. E di lanciare nell'arena della politica mondiale i suoi leader, tanto più quelli meno scalmanati, ma attenti alle ragioni della maggioranza pacifista.
Senza volergli assolutamente mancare di rispetto, anzi, questo José Luis Rodriguez Zapatero, quarantatreenne avvocato e professore di diritto di León, è un autentico miracolato. Nessuno, neppure il più clandestino dei sondaggi, ne parlava come di un possibile vincitore. A dire il vero, non si sapeva tanto bene chi fosse, Zp, come era indicato in quel suo logo elettorale che agli avversari sembrava quello di un insetticida.
Mai sottovalutare gli sconosciuti (e gli insetticidi). E ancora di meno sottovalutare i politici che nell'era dell'immagine e della democrazia del primo piano dispongono di begli occhi verdi e di sorriso mite, da Bambi.
Tipico leader-cerbiatto, Zapatero ha comunque ottenuto la più insperata delle vittorie non solo perché piace ai giovani, ma anche perché sulla guerra la destra ha offerto il peggio che poteva. E gli elettori spagnoli, traumatizzati da quello che temevano, e che si è tragicamente verificato l'altro giorno sui treni della morte, hanno votato per questo socialista tranquillo e ragionevole che non chiede il ritiro delle truppe subito, ma a fine giugno, sempre che all'Onu non vengano concessi poteri e responsabilità. Ecco dunque il miracolo e il miracolato. Dopo tutto la democrazia è anche una questione di fede.
Come volevasi dimostrare. Invece di sconfiggerlo, la guerra chiama il terrorismo, e questo reca danno non solo alle persone e alle cose, ma anche alle politiche dei governi che hanno spedito i soldati nell'inferno mediorientale «perché-così-si-deve-fare». Ma tutto questo in fondo si sapeva.
La vera sorpresa spagnola, forse più importante di una semplice lezione agli altri Paesi europei e all'Italia in particolare, è che la guerra, con le sue terribili implicazioni, ha anche il potere di rianimare le forze di sinistra. E di lanciare nell'arena della politica mondiale i suoi leader, tanto più quelli meno scalmanati, ma attenti alle ragioni della maggioranza pacifista.
Senza volergli assolutamente mancare di rispetto, anzi, questo José Luis Rodriguez Zapatero, quarantatreenne avvocato e professore di diritto di León, è un autentico miracolato. Nessuno, neppure il più clandestino dei sondaggi, ne parlava come di un possibile vincitore. A dire il vero, non si sapeva tanto bene chi fosse, Zp, come era indicato in quel suo logo elettorale che agli avversari sembrava quello di un insetticida.
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