Da Il Messaggero del 15/03/2004

L’analisi

Impotenti davanti a un nemico fantasma

di Marcella Emiliani

QUANTO è attendibile la rivendicazione di Al Qaeda degli attentati di Madrid? E chi è quel regista del terrore che si firma Abu Dujan al Afgani, “responsabile di Al Qaeda per l'Europa”? I servizi segreti europei e americani a quanto pare brancolano nel buio e tanto basta per sentirsi tragicamente impotenti di fronte a un nemico feroce, senza faccia, che minaccia la nostra vita quotidiana per ragioni che non riusciremo mai a comprendere: «Noi vogliamo la morte». Ma alcune cose le sappiamo e sarà meglio rimetterle in fila per uscire dallo shock dell'emotività e prepararci a questa guerra. Le lezioni dell'Afghanistan, dell'Algeria e dell'Iraq ci insegnano infatti che la macchina terroristica che si è messa in moto funziona con un copione preciso; dietro l'icona di Osama bin Laden si è organizzato un sistema che fa leva su elementi precisi: pochi caporali fanatici addestrati e temprati al fuoco nell’“epoca d'oro” della resistenza all'invasione sovietica in Afghanistan che sull'esempio del capo si fanno "imprenditori" del terrorismo e si rendono disponibili su due fronti: abbattere regimi mediorientali ritenuti «empi e apostati» perché collusi con l'Occidente, come è successo in Algeria nella lunga guerra civile che dal '92 al '98 ha insanguinato il Paese, o in Marocco, Tunisia, Turchia e in Arabia Saudita con le bombe degli ultimi mesi; oppure destabilizzare direttamente l'Occidente con una strategia di attentati eclatanti, sanguinosissimi, che hanno l'unico scopo di dimostrare che l'Occidente è un gigante dai piedi d'argilla.

Per poter agire, in entrambe le opzioni, sono necessarie due condizioni: innanzitutto il collegamento con circuiti di contrabbando internazionale di armi, esplosivo e quant'altro (leggi droga, che permette un rapido arricchimento) e basisti locali che conoscano le singole realtà e siano in grado di "guidare" i guastatori esterni. Il meccanismo del terrorismo globale cioè non differisce molto per quanto ne sappiamo fino a oggi dalle dinamiche del malaffare mafioso (targato Cosa nostra, Triadi cinesi o cartelli colombiani, non ha importanza) e, come nelle dinamiche mafiose, è spesso la società civile a fare le spese delle "scalate al potere" che picciotti fegatosi tentano per mettersi in mostra e diventare capi-mandamento.

In quest'ottica, il fantomatico al Afgani (sicuramente un nome di battaglia non casuale) può essere un fedelissimo di bin Laden come un signor Nessuno che sulla strategia stragista sta tentando di costruire il proprio regno del terrore. Bin Laden è ancora uccel di bosco, questo è vero, ma la notizia rimbalzata in tutto il mondo della sua cattura a orologeria, a ridosso delle elezioni americane di novembre, può benissimo aver scatenato una corsa alla successione tra Carneadi come al Afgani e suoi simili.

E' tanto diversa questa situazione da quella del terrorismo "laico" degli anni 70, che non avrà osato un'impresa come l'abbattimento delle Twin Towers a New York, ma ha insanguinato Europa e Medio Oriente per più di un decennio? I Carlos Lo Sciacallo o gli Abu Nidal agivano anche loro nel nome di una causa (quella anti-imperialista o filo-palestinese), ma per i vecchi, come per i nuovi terroristi globali e islamici, la chiave del successo passa ancora per una sola condizione: ottenere l'appoggio della gente comune, creare consenso. Ma per quanto Bush figlio possa essere odiato o contestato ci riferiamo all'oggi non c'è odio che tenga di fronte alle immagini di New York e Madrid: azioni vigliacche come queste creano solo orrore e condanna universale anche nel mondo arabo e islamico, che tollera sempre meno di essere equiparato a una banda di assassini.

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