Da La Stampa del 18/03/2004
Persone
Se Di Pietro in tv si alza e se ne va
di Lietta Tornabuoni
Non s'era mai vista una tale accanita ostilità e mancanza di rispetto verso un voto popolare: soprattutto da parte di chi, Berlusconi in testa, per aver ricevuto la maggioranza dei voti s'è sempre proclamato l'Eletto, l'Onnipotente. Il lunedì seguente le elezioni spagnole e la vittoria dei socialisti, alle televisioni s'è sfrenata una autentica sarabanda: con la ripetizione compulsiva dello slogan adottato dalla destra («il terrorismo ha vinto le elezioni spagnole»), con un intrecciarsi di finti interrogativi («per chi vota Bin Laden?», «chi ha votato in Spagna?»), con affermazioni apodittiche («pacifismo irresponsabile», «terrorismo fattore elettorale»), con una tale furia che Antonio Di Pietro ha dovuto alzarsi ed andarsene da «Luned'Italia» perché gli impedivano di parlare e che «Ballarò» veniva eliminato nel timore che avanzasse altre idee. Con uno schieramento univoco, indiscusso, senza dubbi. «Al Qaida cambia il governo spagnolo», affermava poi il quotidiano edito da Paolo Berlusconi, fratello del presidente del Consiglio.
Tanto per fare un confronto: sul tema, il titolo principale de Le Monde, uno dei quotidiani più stimati d'Europa, era «La Spagna punisce la menzogna di Stato»: l'opinione avanzata (certo non solo dal giornale) sosteneva che gli elettori spagnoli, già al 90% contrari alla presenza militare in Iraq, avevano voluto contrastare col voto l'insistenza dell'ex leader Aznar nel riversare sull'Eta la responsabilità dell'orribile massacro di Madrid, nella speranza di ricavarne vantaggi elettorali.
Ora, si capisce che ciascuno abbia la propria idea e il diritto di esporla, se ne ha i mezzi. Si capisce che la vittoria elettorale di uno schieramento opposto al proprio, anche in un altro Paese, può fare dispiacere e rabbia: tanto più se i vincitori socialisti ribadiscono subito quelle posizioni sull'Iraq che avevano da sempre e che possono mettere in imbarazzo l'Italia legata ad altri comportamenti. Si capisce meno che per difendere questi comportamenti si arrivi ad insultare interi popoli e la loro espressione democratica nel voto, a dar loro dei vigliacchi, dei tremebondi, dei terrorizzati pronti a sottomettersi a ogni ricatto.
L'impressione data da queste reazioni è duplice. Da una parte, lo stupore per un fiero opinionismo sempre governativo e la difficoltà di capire come mai persone intelligenti possano mostrarsi così intolleranti e fondamentaliste. D'altra parte, il timore che qualunque novità politica, infamia sanguinosa, svolta elettorale accada, anche altrove, venga considerata dal punto di vista personale o di gruppo, di vantaggio o svantaggio per se stessi o la propria formazione, di necessità d'elaborare slogan molto meno furbastri ed efficaci di quanto gli autori credano: anzichè valutare le cose del mondo con mente aperta, interesse e passione. E' un tipo di visione meschina, mediocre.
Tanto per fare un confronto: sul tema, il titolo principale de Le Monde, uno dei quotidiani più stimati d'Europa, era «La Spagna punisce la menzogna di Stato»: l'opinione avanzata (certo non solo dal giornale) sosteneva che gli elettori spagnoli, già al 90% contrari alla presenza militare in Iraq, avevano voluto contrastare col voto l'insistenza dell'ex leader Aznar nel riversare sull'Eta la responsabilità dell'orribile massacro di Madrid, nella speranza di ricavarne vantaggi elettorali.
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