Da Corriere della Sera del 18/03/2004

Avviata la verifica degli immobili demaniali. Il ministro Urbani: nessuna privatizzazione

«Venderemo soltanto i beni senza valore culturale»

di Paolo Conti

ROMA - E’ stata avviata ieri, come previsto, la verifica dell’interesse storico e culturale del patrimonio immobiliare pubblico. L’Agenzia del Demanio con la Direzione generale per i Beni architettonici e il paesaggio del ministero diretto da Giuliano Urbani hanno cominciato ad esaminare un primo elenco di venti immobili demaniali in Lombardia, Lazio e Calabria: sette nell’area milanese, sette a Roma, sei a Cosenza. Alla riunione di ieri hanno partecipato il direttore generale per i Beni architettonici, Roberto Cecchi, e il direttore generale dell’Agenzia del Demanio, architetto Roberta Spitz. Erano presenti anche molti soprintendenti e dirigenti. Secondo indiscrezioni tra gli immobili destinati per la prima volta alla verifica appaiono la moderna Casa del Fascio a Vimercate e l’ottocentesco palazzo Blumensthil a Roma, che nel 1992 fu al centro di uno scandalo per gli affitti «di favore» che proprio il Demanio concedeva a personaggi illustri. Nessuna privatizzazione, sottolineano con molta decisione al Demanio e ai Beni culturali. Commenta il ministro per i Beni e le attività culturali Giuliano Urbani: «Sia chiaro una volta per tutte. Certi beni demaniali si possono vendere, i beni culturali no. Il tormentone sul tema continua tra mille tentativi di disinformazione. Però una cosa è certa: con il nuovo Codice non sarà possibile vendere beni che siano di interesse artistico e culturale. Nella prima riunione col Demanio abbiamo preso in considerazione per la verifica solo venti beni. Il dato basta per comprendere quanto potrà essere attenta la verifica delle soprintendenze che non saranno certo ingolfate da centinaia di richieste. Il nuovo Codice che entrerà in vigore a maggio sarà più preciso del vecchio regolamento del 2000 che lasciava ampi margini alla vendita dei beni culturali».

I beni verranno catalogati su una scheda predisposta on line in collaborazione tra Demanio e Beni culturali. Ogni immobile pubblico avrà quindi una sorta di curriculum. Per evitare possibili sovraccarichi di lavoro per le soprintendenze chiamate ad esprimere la loro valutazione, Demanio e Beni culturali concorderanno tempi di trasmissione e numero di immobili da valutare.

L’operazione servirà, sottolineano al ministero per i Beni culturali e al Demanio in una nota di Roberto Cecchi e Roberta Spitz, a realizzare finalmente un catalogo digitale del patrimonio pubblico, incluse le informazioni sullo stato di conservazione. In tre anni il monitoraggio interesserà circa 15.000 immobili. Quindi non è «affatto prevista la svendita di 15.000 immobili», poiché quella cifra si riferirebbe ad un’ipotetica stima dei beni di proprietà pubblica destinati alla schedatura. E ancora: «Nei prossimi tre anni l’Agenzia del Demanio censirà con precisione l’intera proprietà immobiliare pubblica e, contemporaneamente, il ministero per i Beni e le attività Culturali ne accerterà, caso per caso, l’interesse culturale, sia esso architettonico, storico, artistico o demoetnoantropologico. Avremo, alla fine di questa impegnativa operazione, una banca dati integrata su tutto il patrimonio dello Stato, un obiettivo che lo Stato ha fissato nel 1939 e che dopo oltre sessant’anni non è ancora stato raggiunto». Intanto in una interrogazione parlamentare a Urbani la responsabile del dipartimento cultura dei Ds, Franca Chiaromonte, chiede: «Il ministro dica cosa sta svendendo».

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