Da Corriere della Sera del 31/03/2004

Chiesta la riapertura del caso del 14enne ucciso nel ’55 nel Sud degli Stati Uniti. La corte assolse i due assassini

Giustizia per Emmett, linciato perché disse «baby » a una bianca

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Dopo quasi mezzo secolo, l'America chiede giustizia per un ragazzo nero di 14 anni, Emmett Till, torturato e assassinato nel 1955 a Money, uno sperduto paesino del Mississippi, per avere «fischiato» la sua ammirazione per una donna bianca. Il suo assassinio, a cui Bob Dylan dedicò una celebre ballata, «La morte di Emmett Till», contribuì alla nascita del movimento dei diritti civili, ma al processo gli assassini furono assolti. Questo mese, sulla base di un libro pubblicato dalla madre, Mamie Mobley, nel 2002, prima di morire, e di un film inchiesta, il Consiglio comunale di Chicago, la città natale di Emmett Till, e il deputato Robert Rush hanno presentato una mozione al Congresso: vogliono che il ministero della Giustizia riapra il caso. «Nel Paese dei diritti civili - ha dichiarato Rush - non devono esserci ingiustizie».

La storia di Emmett Till è la storia di un martirio. Ha inizio il 24 agosto del '55, pochi giorni dopo l'arrivo del ragazzo a Money da Chicago, in visita a uno zio. Emmett dimostra più dei suoi 14 anni, ama scherzare, gli piacciono le donne. S’incontra allo spaccio cittadino coi giovani del posto, fa vedere loro la foto di una giovane bianca. Si vanta: «E' la mia ragazza di Chicago, io vado con le bianche». Gli altri lo sfidano a provarlo, ed Emmett non vuole perdere la faccia. Lo spaccio è gestito dalla locale reginetta di bellezza, Carolyn Bryant, di 21 anni, sposata, con due figli. Emmett entra, compra qualcosa, fa una battuta. «Mi prese la mano e mi chiese un appuntamento - sosterrà la giovane - Mi disse: "non avere paura, sono già stato con le bianche. Bye, baby"». Nel '55, nel Profondo sud ancora segregato, era una provocazione.

I compagni, che hanno seguito la scena dala vetrina, irrompono nel negozio trascinando fuori Emmett. Carolyn corre nell'auto della cognata e afferra una pistola. Scappando, Emmett lancia un fischio.

Il marito della giovane, Roy Bryant, 24 anni, è in Texas. Torna due giorni dopo e trova Money in subbuglio. La notte del 27 agosto, accompagnato dal fratellastro J.W. Milam, bussa alla porta dello zio di Emmett, Mose Wright, predicatore. Prendono il ragazzo, lo chiudono in una stalla, lo pestano. Su un camioncino, lo portano al fiume Tallahatchie, lo mettono in cima a un dirupo. Secondo i due uomini c’è questo scambio di battute. «Ti senti ancora migliore di noi?», chiede J.W. Milam. «Sì, bastardi», urla Emmett. J.W. Milam estrae una pistola, gli sfracella il volto, spara, lo spinge giù.

Lo zio corre dallo sceriffo che arresta i fratellastri per sequestro di persona, ma li rilascia il giorno dopo. Il 30 agosto, il cadavere di Emmett emerge dal fiume. E' irriconoscibile, Mose Wright lo identifica solo grazie alle iniziali di un anello. Sconvolta, la madre del ragazzo lo fa portare a Chicago, lasciando la bara aperta quattro giorni «perché tutti vedano che cosa hanno fatto a mio figlio». Migliaia di neri vi sfilano davanti, i giornali pubblicano le foto, l'America reclama giustizia. Ma i bianchi del Mississippi fanno quadrato attorno agli assassini. Al processo al tribunale di Sumner il 19 settembre soltanto lo zio e pochi neri testimoniano contro Roy Bryant e J.W. Milam. Per evitare che siano linciati, l'«Associazione nazionale per l'avanzamento dei neri» dovrà portarli via. L'arringa difensiva di John Whitten non verte sulla colpevolezza dei due fratellastri. «I vostri padri si rivolteranno nella tomba se li condannerete - dice Whitten alla giuria bianca - Voi anglosassoni dovete avere il coraggio di rimetterli in libertà». Dopo una sola ora in camera di consiglio, il 23 settembre, 166esimo anniversario della Legge sull'eguaglianza dei diritti, la giuria li assolve. Bryant e Milam venderanno la loro storia ai media. Milam, un colosso alto 1 metro e 85 e pesante 100 chili, ex sottotenente pluridecorato nella seconda guerra mondiale, dirà di non avere avuto l'intenzione di uccidere il ragazzo, di averlo fatto perché non aveva imparato la lezione. Cento giorni dopo in Alabama, l’afro-americana Rosa Park, spinta dalla tragedia di Emmett, sfiderà i bianchi salendo su un autobus loro riservato.

«Solo facendo giustizia - dichiara oggi il deputato Rush - si potrà rimarginare la ferita lasciata da questa orribile vicenda». E cita i documentari e i libri che in mezzo secolo la hanno rievocata, da «Il linciaggio di Emmett Till» della tv Abc all'ultimo grido di dolore della madre: «Storia di un innocente: la vittima dell'odio che ha cambiato l'America».

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