Da Corriere della Sera del 01/04/2004
Raffarin ora si affida a Sarkozy
Nel nuovo governo l’ex «superpoliziotto» guida l’Economia. Villepin lascia gli Esteri per gli Interni
di Massimo Nava
PARIGI - Nel giorno della prima, nei cinema di Parigi, della passione di Cristo di Gibson, Jean Pierre Raffarin festeggia in anticipo la sua Pasqua a Matignon. Lapidato dagli elettori, crocefisso sui giornali, il primo ministro dato per morto e resuscitato, ha presentato ieri sera il nuovo governo. Non senza suspense, perché la lista definitiva, annunciata per il primo pomeriggio, è stata rinviata di ora in ora, a conferma di scetticismo e difficoltà che accompagnano la squadra prima ancora di mettersi al lavoro.
Sono cinque, come previsto, le nomine più importanti: una sorta di nucleo centrale con poli di competenza ampliati. Tre cambi di poltrona - Nicolas Sarkozy dagli Interni all'Economia, Dominique de Villepin dagli Esteri agli Interni, François Fillon dagli Affari sociali all'Educazione nazionale - un nuovo ingresso (Michel Barnier, commissario europeo, agli Esteri) e un superministero definito «del lavoro e della coesione sociale», affidato al giovane Jean-Louis Borloo con il compito di affrontare drammatiche esclusioni e disagio metropolitano.
Conservano il posto Michele Alliot Marie alla Difesa, Perben alla Giustizia, De Robien ai Trasporti, Gaymard all'Agricoltura. Escono di scena i ministri arrivati dalla società civile (Aillagon, Ferry, Mer) e cade la testa di François Mattei, il ministro della Sanità travolto dallo scandalo della calura estiva che provocò la morte di alcune migliaia di anziani. Lo sostituirà Philippe Douste-Blazy, segretario generale del partito (UMP) con l'immane compito di far digerire ai francesi la riforma test dell'azione di governo.
Poche le sorprese e i volti nuovi, in una compagine di 38 fra ministri e sottosegretari.
Fra queste, l'invio al ministero degli Affari europei di Claude Haigneré, l'ex astronauta che aveva diretto la ricerca scientifica. La decisione più sorprendente resta alla fine il dirottamento di Dominique de Villepin agli Interni.
Un incarico ambito per l'ex alto funzionario dello Stato che ammira Napoleone e che è considerato il più fedele alleato di Chirac, ma la Francia perde l'uomo-immagine sulla scena internazionale, l'abile diplomatico che durante la crisi irachena seppe esaltare all'Onu le ragioni dell'opposizione di Parigi alla guerra.
Il nuovo governo è quasi un «monocolore gollista» e, con l'eccezione di Nicolas Sarkozy, si tratta di personalità tutte vicine a Chirac, convinte a fare quadrato nel momento più difficile per l'Eliseo.
«Sarko», il temuto rivale per la massima poltrona della Repubblica, ma anche il ministro più popolare, non solo a destra, diventa il numero due del governo, o meglio un «numero uno bis», pronto a subentrare nell'ultimo scorcio di legislatura. Da poliziotto di Francia ne diventa il primo amministratore.
Per lui si prospetta la partita più difficile, dopo quella vinta contro insicurezza e criminalità. Proprio ieri, l'istituto nazionale di statistica ha sfornato cifre ancora drammatiche su crescita, deficit pubblico e disoccupazione che lasciano presagire una lunga stagione di scontri sociali.
«Squadra che perde non si cambia», ironizza l'ex premier socialista Laurent Fabius. Ma la metafora calcistica è sbagliata. In realtà si è cambiata molto la formazione, lasciando al proprio posto l'allenatore. Le opposizioni e l'opinione pubblica sono convinte che continuerà a deludere il gioco.
Le Monde , nell'editoriale di ieri, riprende la critica di fondo avanzata dall'opposizione e da diversi opinionisti: quella sulla «legittimità» stessa di un governo così duramente umiliato alle elezioni. E' vero che Raffarin dispone di una larga maggioranza parlamentare e ha l'investitura del capo dello Stato, ma è anche vero che la dimensione della disfatta in un'elezione locale non può non avere una lettura politica nazionale. «Non ascoltare il messaggio dei francesi, significa sfuggire alla realtà»: così Le Monde che parla di «autismo» del presidente Chirac.
Quale sia il messaggio e quale sia la realtà dipende dai punti di vista, non solo in Francia. Per la destra che difende il nuovo tentativo di Raffarin, ha vinto una sinistra conservatrice che si oppone alla riforma dello Stato sociale. Per la sinistra che vorrebbe le elezioni anticipate, ha perso una destra che ha semplicemente governato male.
Sono cinque, come previsto, le nomine più importanti: una sorta di nucleo centrale con poli di competenza ampliati. Tre cambi di poltrona - Nicolas Sarkozy dagli Interni all'Economia, Dominique de Villepin dagli Esteri agli Interni, François Fillon dagli Affari sociali all'Educazione nazionale - un nuovo ingresso (Michel Barnier, commissario europeo, agli Esteri) e un superministero definito «del lavoro e della coesione sociale», affidato al giovane Jean-Louis Borloo con il compito di affrontare drammatiche esclusioni e disagio metropolitano.
Conservano il posto Michele Alliot Marie alla Difesa, Perben alla Giustizia, De Robien ai Trasporti, Gaymard all'Agricoltura. Escono di scena i ministri arrivati dalla società civile (Aillagon, Ferry, Mer) e cade la testa di François Mattei, il ministro della Sanità travolto dallo scandalo della calura estiva che provocò la morte di alcune migliaia di anziani. Lo sostituirà Philippe Douste-Blazy, segretario generale del partito (UMP) con l'immane compito di far digerire ai francesi la riforma test dell'azione di governo.
Poche le sorprese e i volti nuovi, in una compagine di 38 fra ministri e sottosegretari.
Fra queste, l'invio al ministero degli Affari europei di Claude Haigneré, l'ex astronauta che aveva diretto la ricerca scientifica. La decisione più sorprendente resta alla fine il dirottamento di Dominique de Villepin agli Interni.
Un incarico ambito per l'ex alto funzionario dello Stato che ammira Napoleone e che è considerato il più fedele alleato di Chirac, ma la Francia perde l'uomo-immagine sulla scena internazionale, l'abile diplomatico che durante la crisi irachena seppe esaltare all'Onu le ragioni dell'opposizione di Parigi alla guerra.
Il nuovo governo è quasi un «monocolore gollista» e, con l'eccezione di Nicolas Sarkozy, si tratta di personalità tutte vicine a Chirac, convinte a fare quadrato nel momento più difficile per l'Eliseo.
«Sarko», il temuto rivale per la massima poltrona della Repubblica, ma anche il ministro più popolare, non solo a destra, diventa il numero due del governo, o meglio un «numero uno bis», pronto a subentrare nell'ultimo scorcio di legislatura. Da poliziotto di Francia ne diventa il primo amministratore.
Per lui si prospetta la partita più difficile, dopo quella vinta contro insicurezza e criminalità. Proprio ieri, l'istituto nazionale di statistica ha sfornato cifre ancora drammatiche su crescita, deficit pubblico e disoccupazione che lasciano presagire una lunga stagione di scontri sociali.
«Squadra che perde non si cambia», ironizza l'ex premier socialista Laurent Fabius. Ma la metafora calcistica è sbagliata. In realtà si è cambiata molto la formazione, lasciando al proprio posto l'allenatore. Le opposizioni e l'opinione pubblica sono convinte che continuerà a deludere il gioco.
Le Monde , nell'editoriale di ieri, riprende la critica di fondo avanzata dall'opposizione e da diversi opinionisti: quella sulla «legittimità» stessa di un governo così duramente umiliato alle elezioni. E' vero che Raffarin dispone di una larga maggioranza parlamentare e ha l'investitura del capo dello Stato, ma è anche vero che la dimensione della disfatta in un'elezione locale non può non avere una lettura politica nazionale. «Non ascoltare il messaggio dei francesi, significa sfuggire alla realtà»: così Le Monde che parla di «autismo» del presidente Chirac.
Quale sia il messaggio e quale sia la realtà dipende dai punti di vista, non solo in Francia. Per la destra che difende il nuovo tentativo di Raffarin, ha vinto una sinistra conservatrice che si oppone alla riforma dello Stato sociale. Per la sinistra che vorrebbe le elezioni anticipate, ha perso una destra che ha semplicemente governato male.
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