Da Corriere della Sera del 05/04/2004

«Lo stop di Bruxelles non frena i tagli fiscali»

Il sottosegretario Magri: il richiamo Ue lo decidono i governi

di Mario Sensini

ROMA - «Ma vi pare una cosa seria?». La minaccia di un richiamo di Bruxelles sulla tenuta dei conti pubblici nel 2004 non spaventa il ministero dell’Economia. «Se anche fosse, come noi, peggio di noi, ci sono la Francia, la Germania, il Portogallo, l’Olanda e forse anche la Grecia. Non solo i grandi, ma anche i piccoli Paesi europei sono in difficoltà. Che senso ha mandare un early warning a tutti?» scatta Gianluigi Magri, sottosegretario Udc a via XX Settembre. Da oggi il ministro e i suoi tecnici torneranno a studiare il nuovo modulo della riforma fiscale promesso da Silvio Berlusconi per il 2005. Il rischio di un avviso sul possibile sforamento del 3% di deficit nel 2004 non modifica i programmi. «Siamo sereni. La Commissione Prodi mercoledì farà le sue proposte. Ma saranno i governi, in sede Ecofin, a valutarle» puntualizza Magri. «In ogni caso - aggiunge - faremo di tutto per non oltrepassare quella soglia».

Il compito non è facile. Quest’anno la crescita dell’economia sarà dimezzata rispetto alle attese del governo. L’1% contro l’1,9%, con un conseguente peggioramento del deficit di mezzo punto: dal 2,2% che era l’obiettivo, al 2,7% del Prodotto interno lordo. Ma potrebbe peggiorare, perché, al di là dell’effetto negativo della congiuntura, alcune misure come il condono edilizio, il concordato fiscale, rischiano di non produrre il gettito atteso. Altre, come la nuova veste dell’Anas, di non produrre gli effetti contabili attesi.

Se il controllo dei conti 2004 non sarà facile, trovare le risorse per il 2005 sarà ancora più complicato. Per finanziare i nuovi sgravi fiscali Berlusconi ha chiesto 6 miliardi di euro. Altri 12-13 miliardi tra tagli e nuove entrate serviranno per la correzione dei conti pubblici, che lasciati al loro destino nel 2005 porterebbero di volata il deficit oltre il 3%. Servirebbe una correzione da 18 miliardi, senza immaginare altri interventi di sostegno dell’economia, per arrivare l’anno prossimo a un disavanzo intorno al 2,5% del Pil. A rendere tutto più complicato c’è l’impegno a ridurre le una tantum , che nella Finanziaria 2005 non potranno coprire più di un terzo della manovra.

La caccia alle risorse è già iniziata. Nel mirino dell’Economia ci sono già i trasferimenti alle imprese (30,7 miliardi nel 2003) e i residui passivi, un volume enorme di stanziamenti non spesi, ma che incidono sul bilancio. Si ipotizza un taglio alla spesa corrente dei ministeri, all’acquisto di beni e servizi per la pubblica amministrazione, a parte le dotazioni per le grandi opere.

Di sicuro, dal 2005, scatterà la trasformazione dei contributi a fondo perduto della legge 488 sugli incentivi alle imprese, in prestiti a lungo termine e tasso zero, con un beneficio contabile strutturale di circa un miliardo. Proseguiranno le cartolarizzazioni dei crediti vantati a vario titolo dallo Stato e degli immobili, probabilmente ripartiranno le privatizzazioni. La Cassa Depositi e Prestiti, fuori dal perimetro dei conti pubblici, è un polmone finanziario che potrà dare il suo apporto. Tutto questo, tuttavia, non basterebbe. E così, negli ambienti di governo, si fa strada l’ipotesi di un nuovo piano per contrastare l’economia sommersa e l’evasione fiscale. Un piano da affiancare ai nuovi sgravi Irpef. Più controlli per far sì che il calo delle tasse sia almeno in parte compensato da una crescita della base imponibile.

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