Da La Repubblica del 06/04/2004

Le prime conclusioni della magistratura spagnola. Allertati i servizi italiani

11 marzo, c´è la pista "siriana" "Hanno finanziato la strage"

Caccia aperta a cinque uomini che hanno fatto parte del commando terrorista. Sarebbero stati tre siriani ad armare il "Gruppo combattente marocchino"

di Carlo Bonini

MADRID - L´epilogo di Leganés non chiude il conto. Non in Spagna, ma neppure a Parigi e a Roma, dove esistono oggi ottimi motivi per misurare mosse e implicazioni dell´inchiesta spagnola. Lo dicono lo stillicidio di arresti e il numero di inquisiti, 31, che non trovano ancora una loro conclusiva sistemazione (gli ultimi due risalgono a sabato, ma se ne è avuta notizia solo ieri). Lo suggerisce l´apprensione nel sapere ancora liberi almeno cinque uomini che l´Antiterrorismo colloca al centro della trama dell´11 marzo (parliamo dei fratelli Mohamed e Rachid Oulad Akcha; dei marocchini Rabei Osman Ahmed, Amer el Aziz e Sanel Sjekirica. Sempre che non appartengano a qualcuno di loro i resti di due corpi ancora senza nome di Leganés). Lo documentano ora alcune delle circostanze con cui, il 30 marzo, l´ordinanza del giudice istruttore Juan del Olmo rassegna le prime conclusioni sui fatti del Giovedì di sangue. Si tratta di poche pagine utili ad illuminare qualche nesso. Ad abbozzare delle prime e non rassicuranti risposte a qualche domanda ancora appesa: chi davvero ha armato la mano del "Cinese" e della sua banda di macellai? Di quali complicità hanno goduto? E ancora: se tirato, dove porta il filo madrileno del "Gruppo Islamico Combattente Marocchino", la sigla di cui il commando si professava militante?

Se si sta alla ricostruzione di del Olmo, esiste un nome nell´inchiesta che racconta come la decisione dell´11 marzo venga pianificata al di fuori della cerchia stretta del "Cinese" e del "Tunisino". Si tratta di Basel Ghalyoun. E´ un siriano (ora detenuto), che non solo è nel commando a bordo dei "treni della morte" (lo riconoscono dei testimoni), ma nel cui appartamento, al momento dell´arresto, vengono sequestrati 20 chili di cocaina e hashish. «Quel che resta - scrive il magistrato - del traffico di sostanze stupefacenti con cui la cellula ha finanziato la strage». Con cui sono stati pagati quantomeno i 7 mila euro per l´acquisto della dinamite gelatinosa Goma2, le schede telefoniche, le spese per la semi-clandestinità in cui i componenti del commando entrano nelle settimane che precedono l´11 marzo.

Ghalyoun non è l´unico siriano che frulla nell´indagine. E´ siriano anche Otman El Gnaut, uno degli ultimi arrestati e già luogotenente della storica cellula di Al Qaeda in Spagna. E´ siriano Waanid Altaraki Almasri, l´uomo che acquista la casa di campagna di Chincòn, abitata e utilizzata come "laboratorio" della strage prima dal "Cinese" e quindi dall´intero commando. Con i "siriani" è in contatto Said Berraj, uomo del commando dell´11 marzo, «per certo in contatto con almeno tre esponenti di Al Qaeda già nell´ottobre del 2000, quando è ad Istanbul». Dunque?

Dunque - argomenta del Olmo - se la ricorrenza dei siriani in questa storia non è, come del resto non sembra essere, «circostanza neutra», questo vuol dire che evocare genericamente le responsabilità della sigla "Gruppo Islamico Combattente Marocchino" è arnese investigativo non più sufficiente. Che anche questa sigla, come Al Qaeda, diventa ed è diventata forse un semplice preambolo da invocare per legittimare una trama violenta incubata altrimenti, che oggi colpisce Madrid, ma che, verosimilmente, non risponde alla pianificazione di una struttura gerarchica verticale (il Gruppo Islamico Combattente Marocchino).

E´ un filo di ragionamento che evidentemente "ridimensiona" il ruolo del "Cinese" e della sua banda, indicandone contemporaneamente la forza emulativa. In Spagna, ma anche in Francia (è di ieri un´operazione a Parigi) e in Italia. Che apre insomma un secondo capitolo della strage dell´11 marzo. Non necessariamente da scrivere a Madrid.

Per averne conferma, è sufficiente annotare la fibrillazione con cui i nostri apparati della sicurezza sono tornati da sabato notte ad applicarsi al canovaccio spagnolo. I martiri di Leganés, i nomi dei ricercati ancora al largo, quelli degli inquisiti nell´intera indagine sono finiti in un sistema di controlli che, ad oggi, esclude "incroci italiani". Ma che non per questo chiudono la partita. Una qualificata fonte della nostra Antiterrorismo riferisce a Repubblica: «Se l´inchiesta di del Olmo vede giusto, per noi, oggi, il problema non è chiederci quanti militanti del Gruppo Islamico Combattente Marocchino sono transitati nel nostro Paese o quanti, per questo motivo, sono sotto osservazione. Perché, almeno su questo, le idee le abbiamo abbastanza chiare». Perché esistono i tre militanti arrestati a Firenze, Cremona e Varese di cui è stata parzialmente concessa l´estradizione in Marocco (Mohamed Rafik, Mohamed Raouiane, Daoud Ouaziz) per le stragi di Casablanca del maggio 2003. Esiste un´inchiesta della Procura di Torino sull´estremismo radicale marocchino che arriva fino a Varese e della quale almeno un nome, anche a Madrid, è rimbalzato all´indomani dell´11 marzo (Addel Majid Zergout, alias Abou Al Baraa al Magribi). «Il problema - conclude la fonte dell´Antiterrorismo - è capire cosa davvero sia diventato il Gruppo Islamico Combattente Marocchino. E dunque se e dove, anche in Italia, si nascondano un "Cinese" o un "Tunisino"...».

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