Da Corriere della Sera del 09/04/2004

Condi e la trincea per Bush

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Il presidente Bush che, affascinato, ne ha seguito per tre ore la deposizione al Congresso in diretta tv dal ranch di Crawford nel Texas, non avrebbe potuto trovare testimone a propria difesa più fermo di Condoleezza Rice, il consigliere della sicurezza nazionale, madre della dottrina della guerra preventiva. Davanti alla Commissione inquirente sulle stragi dell'11 settembre del 2001, Condi, come viene familiarmente chiamata, non ha solo respinto, ha anche capovolto le accuse rivolte al presidente da Richard Clarke, l'ex capo dell'antiterrorismo della Casa Bianca. No, ha sostenuto, Bush non sottovalutò la minaccia di Bin Laden: «Non c'era pallottola d'argento capace di evitare ground zero ». No, Bush non si lasciò depistare dall'ansia di regolare i conti con Saddam Hussein. No, Bush non poteva neutralizzare in 223 giorni il terrorismo, cresciuto sotto tre amministrazioni precedenti e lo stesso Clarke.

Elegante in un tailleur beige, con una collana di perle al collo, la spilla della bandiera americana all'occhiello, ora sorridente ora aggressiva, Condi Rice ha attribuito ai «problemi strutturali» (l’incomunicabilità) tra l'Fbi, la polizia federale, e la Cia, il servizio segreto, la mancata prevenzione delle stragi. A differenza di Clarke, la cui emotiva testimonianza è costata al presidente alcuni punti nei sondaggi, non ha offerto le scuse ai familiari delle vittime. Ha invece ricordato loro le misure prese da Bush per la protezione del Paese e la vittoria sui terroristi, dal 2001 combattuti sul loro territorio e non più su quello americano, facendo anche del suo rapporto iniziale di 20 minuti alla Commissione, e delle sue risposte, un appello a rieleggere un presidente forte.

Sul piano della forma, l'attesa deposizione della Rice, in deroga, sia pure riluttante, alla separazione tra i poteri esecutivo e legislativo, è stata una grande prova di democrazia e assieme un grande spettacolo politico. I copresidenti della commissione, il repubblicano Tom Kean e il democratico Lee Hamilton, l’hanno elogiata per la sua correttezza, mentre Bush, sollevato, l’ha definita «un lavoro eccellente». Ma sul piano della sostanza, non ha sciolto i dubbi sulla strategia antiterroristica (o meglio sulle sue carenze) dell'amministrazione prima delle stragi delle Torri gemelle di Manhattan, e ha lasciato divise le forze politiche. Kean e Hamilton, davanti ai quali la Rice tornerà a testimoniare in privato, come fece a marzo, non hanno nascosto che le loro conclusioni, il 26 luglio prossimo, quando incomincerà la Convention democratica, potrebbero essere negative per la Casa Bianca.

Lo ha confermato la difficoltà in cui la testimone, poi invitata da Bush a trascorrere la Pasqua nel ranch di Crawford, si è trovata durante un Bob Kerry e Richard Benveniste. Tra gli applausi di un pubblico in parte ostile, Kerry e Venoste, due ex leader democratici, l’hanno martellata su un rapporto segreto del 5 luglio del 2001 e su un altro del 6 agosto successivo intitolato «Bin Laden deciso ad attaccare negli Stati Uniti», uno e due mesi prima di Ground Zero . Il consigliere di Bush ha recisamente smentito che fossero premonitori di attentati. Ma la Commissione ne ha chiesto la pubblicazione in vista delle testimonianze del ministro della Giustizia John Ashcroft e dell'ex direttore dell'Fbi Louis Freeh.

E' possibile che, accettando di deporre e rifiutando di demonizzare Clarke e l'amministrazione Clinton, la Rice abbia rilanciato le chance elettorali di Bush. Più che fornire indicazioni sull'esito del voto di novembre, le sue dichiarazioni hanno tuttavia sottolineato la spaccatura che sta emergendo in America sulla guerra in Iraq. La Rice ha negato che Bush avesse esercitato pressioni per collegare Saddam Hussein a Bin Laden, e che avesse programmato di attaccare il raìs fino dal 2001. Ma tra le critiche dei membri repubblicani della Commissione, Kerry, un ex candidato alla Casa Bianca che nel '91 appoggiò la guerra del Golfo Persico, ha accusato il presidente di «condurre un'operazione militare in una nazione musulmana con un'armata cristiana», di «non capire l'Islam», e di «contribuire al successo di Al Qaeda nel reclutare nuovi terroristi».

Aperta per stabilire se mai Ground Zero poteva essere impedito - e la risposta appare «no» - l'inchiesta della Commissione mette a nudo una nuova ferita americana. Da una caccia a colpevoli che forse non esistono, diventa un doloroso riesame della guerra dell'Iraq. A un solo anno dall'attacco a Bagdad, la Superpotenza rischia di perdere la splendida unità ritrovata l'11 settembre del 2001, dopo le elezioni più controverse della sua storia.

La sfida del 2004 a Bush non è di dimostrare di non avere sulla coscienza le vittime delle Torri gemelle, un'accusa insensata, ma di pacificare l'Iraq, e avviarlo sulla strada della libertà e la democrazia. Un compito più difficile di quello svolto ieri da Condoleezza Rice, e a cui non può assolvere da solo e con il solo uso delle armi.

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