Da La Repubblica del 11/04/2004

La rivolta del giovane imam colpisce il peso degli sciiti nel Consiglio. Si muove l´Iran

Va in pezzi il governo iracheno dimissioni in massa per paura di Sadr

di Bijan Zarmandili

Col passare delle ore Moqtada Al Sadr sembra preoccupare anche gli ayatollah iraniani, che fin qui lo hanno sostenuto e forse anche manovrato con l´obiettivo di rendere ancora più paludoso l´Iraq per gli americani. Il rischio è che possa sfuggire al controllo e trascinare la rivolta degli sciiti in un vicolo cieco. Di colpo il giovane Moqtada viene considerato a Teheran una specie di cataclisma. La sua repentina e prepotente comparsa sulla scena irachena ha radicalmente mutato la geografia del composito mondo sciita: devastazioni che rischiano di fare a pezzi anche il Consiglio provvisorio iracheno, la funzione del quale non è mai sfuggita ai più pragmatici del regime iraniano. La ribellione orchestrata da Al Sadr mina innanzitutto il peso degli sciiti nel Consiglio e compromette la loro prospettiva politica.

Oltre ai due "ministri" già dimessi, minacciano di lasciare l´amministrazione provvisoria altri cinque membri: Mohammad Avi, rappresentante di una tribù del sud, il filo-monarchico Ghazi Yavar, Mohsen Abdolmagid del Partito islamico, il curdo Salaheddin Bahaoddin e la signora Salame Khafagi, sciita. Ieri si è dimesso Iyad Allawi da capo della Commissione di sicurezza del Consiglio di governo. Si è anche autosospeso Abdul Karim al-Muhammadawi. capo degli sciiti delle paludi. E´ stato inoltre espulso dall´Iraq l´uomo che ha gestito i legami tra Teheran e Al Sadr. Si tratta di Hossein Kazemi Qomi, responsabile della sede diplomatica iraniana a Bagdad, nominato lo scorso dicembre dal ministro degli Esteri Kamal Karrazi in seguito alle pressioni dei conservatori e dei Pasdaran. Kazemi Qomi, un ex ufficiale dei Pasdaran prestato alla diplomazia, aveva il difficile compito di allineare gli sciiti iracheni su posizioni vicine agli interessi iraniani.

Probabilmente è azzardato considerare Moqtada Al Sadr un semplice strumento nelle mani degli iraniani, ma da un paio di giorni i dirigenti che contano nella capitale iraniana si affannano a portarlo a più miti consigli. Il campanello d´allarme ha suonato quando si è prospettata in Iraq un´alleanza non più tattica, ma una saldatura strategica, tra gli uomini di Al Sadr e i sunniti su basi nazionalistiche, vista in Iran come il peggiore dei mali. I timori iraniani hanno preso forma e contenuto quando Hashemi Rafsanjani, l´eminenza grigia del regime, ha indirettamente offerto agli americani la sua mediazione per calmare gli animi sciiti in Iraq: «Non vogliamo interferire negli affari iracheni, al contrario: vogliamo aiutare la pacificazione del paese, come abbiamo fatto in Afghanistan», ha detto il potente Hojat-ol-islam nel suo sermone di venerdì. L´uscita di Rafsanjani è stata interpretata come la luce verde di Teheran a chi sollecitava un intervento della Repubblica islamica presso gli sciiti iracheni, tra cui diverse cancellerie dell´Europa. Si è mosso immediatamente Ibrahim Al-Jafari, uno dei "ministri" iracheni, recandosi a Teheran per incontrare Rafsanjani e il capo della diplomazia iraniana Kharrazi. Si è messo in contatto con la capitale iraniana anche Abdolaziz Hakimi, leader del Consiglio supremo della rivoluzione islamica irachena, a lungo ospite in Iran.

L´ipotesi scaturita dalle loro consultazioni e approvata dal Consiglio è basata sui seguenti punti: revoca dell´ordine di cattura nei confronti di Moqtada Al Sadr e il consenso alla possibilità di scegliere un avvocato di fiducia per difendersi dalle accuse che gli vengono mosse. In cambio, Moqtada dovrebbe ordinare alla milizia di Mahdi di rientrare nella legalità.

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