Da La Repubblica del 10/04/2004

Il "memo" del 6 agosto 2001 sulla minaccia di Bin Laden al centro dell´indagine della Commissione del Congresso. Ma il consigliere di Bush convince gli americani: il presidente risale nei sondaggi

11 settembre, la Casa Bianca cede "Via il segreto dalle carte della Cia"

Dopo la deposizione di Rice è polemica sugli allarmi antiterrorismo. Anche Clinton testimone a porte chiuse, poi toccherà ai capi di Fbi e Cia

di Arturo Zampaglione

NEW YORK - «Bin Laden punta a un attacco all´interno degli Stati Uniti»: così si intitolava il «pdb» (presidential daily brief), il documento dell´intelligence più segreto e più prezioso del mondo, consegnato a George Bush il 6 agosto 2001, cioè appena cinque settimane prima della stragi delle Torri gemelle e del Pentagono.

Era un vero e proprio segnale d´allarme, colpevolmente ignorato dalla Casa Bianca? Oppure solo un avvertimento «vago e frustrante», come ha sostenuto giovedì il consigliere per la Sicurezza nazionale, Condoleezza Rice, interrogata dalla commissione parlamentare d´inchiesta sull´11 settembre? Lo si capirà meglio nelle prossime ore, visto che Bush, su pressione del Congresso e dell´opinione pubblica, ha intenzione di rendere pubblico quel memorandum, la cui esistenza è stata rivelata per la prima volta durante lo show al Congresso della Rice.

Il «pidibi», come viene soprannominato nei corridoi washingtoniani e dai nipotini di Tom Clancy, è un documento predisposto all´alba di ogni giorno lavorativo per il presidente degli Stati Uniti e una dozzina dei suoi più stretti collaboratori. Contiene informazioni riservatissime sullo stato del mondo, elaborate di notte dal direttorio dell´intelligence della Cia in collaborazione con le altre agenzie dei servizi segreti. Di solito tocca una decine di temi caldi. L´edizione del 6 agosto 2001 partiva appunto dalla minaccia di Bin Laden. «L´Fbi - era scritto - rileva la presenza di attività sospette compatibili con la preparazione di un dirottamento aereo».

Se la Casa Bianca ha accettato di togliere il velo di segretezza su quel rapporto - dopo le inevitabili verifiche, per non esporre inutilmente gli 007 e i metodi di spionaggio - non è solo perché «i fatti non vengano distorti» (secondo la giustificazione ufficiale), ma soprattutto perché Bush si sente più forte, politicamente più sicuro, dopo la testimonianza pubblica della Rice.

Per quasi tre ore, dopo il giuramento di rito, la consigliera del presidente ha risposto alle domande dei commissari. Non ha mai chiesto scusa.

Non è mai sembrata in difficoltà. E si è difesa con grinta dalle insinuazioni del democratico Bob Kerrey e dalle accuse mosse due settimane fa dal suo ex collaboratore e "zar" dell´antiterrorismo, Richard Clarke, sulla cattiva gestione del pericolo Al Qaeda prima dell´11 settembre.

Alcuni quotidiani liberal, come il New York Times, sostengono che la Rice non sia riuscita a «eliminare il sospetto» sulle responsabilità della Casa Bianca. Ma in un sondaggio condotto a caldo dalla Cnn e da Time l´opinione pubblica mostra di essersi fatta convincere da «Condi», come Bush chiama la sua più fedele collaboratrice di politica estera.

Adesso il 54 per cento degli americani ritiene che il presidente non abbia nulla da rimproverarsi per la strage delle Torri gemelle (appena una settimana fa la percentuale era al 42). Sempre secondo il sondaggio, la Rice ha vinto - 43 per cento contro il 36 - la «gara di credibilità» con il suo grande accusatore, Clarke. In una intervista ieri al New York Times Clarke si è limitato a evidenziare una «interpretazione dei fatti radicalmente diversa» sui fatti dell´11 settembre.

Nonostante i commenti entusiasti di Bush, la testimonianza della Rice non chiuderà le polemiche sull´11 settembre. Il lavoro della commissione parlamentare d´inchiesta continua in modo spedito, in vista della scadenza di agosto quando dovrà essere presentato il rapporto ufficiale. L´altro ieri i commissari, cinque repubblicani e cinque democratici, hanno interrogato per 4 ore a porte chiuse l´ex presidente Bill Clinton, che ha difeso la sua politica contro Al Qaeda e ha spiegato che l´assenza di «chiare prove» gli impedì di ordinare una ritorsione contro Bin Laden dopo l´attentato contro la nave da guerra Uss Cole nel 2000.

La settimana prossima la commissione convocherà i capi dell´Fbi e della Cia, Robert Mueller e George Tenet, su cui la Rice ha implicitamente scaricato gran parte delle colpe per il flop dell´intelligence. In una data ancora da stabilirsi sarà ascoltato a porte chiuse lo stesso Bush: il quale ha deciso di farsi accompagnare (e aiutare) dal vice-presidente Dick Cheney. L´audizione in tandem è destinata a suscitare perplessità e commenti ironici: qualche politologo ipotizza già che Bush non abbia il coraggio di sottoporsi da solo a un confronto serrato sul giorno più nero della storia americana.

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