Da Corriere della Sera del 25/04/2004

Bush, Tillman e l’ombra degli eroi

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Sul tavolo dello spogliatoio dei Cardinals a Phoenix ci sono la maglia rossa numero 40 di Pat Tillman, una croce, un mazzo di fiori, la sua foto. Migliaia di americani, giunti anche dalle parti più lontane del Paese, vi sfilano davanti, firmano il registro, pregano. Per la prima volta nelle guerre dell'Iraq e dell'Afghanistan, che le sono già costate quasi mille vite, l'America dà alla perdita di uno dei suoi figli i tratti del lutto nazionale. Centinaia di volte, in precedenza, grandi e piccole comunità americane avevano pianto, in solitudine e silenzio, i propri caduti. Ma la morte di Tillman, il campione di football che rinunciò a un contratto di 3 milioni e mezzo di dollari per combattere in Iraq e perire in Afghanistan, ha scosso la nazione nel profondo. L'atleta scomparso è diventato il simbolo dell'umile eroismo dei suoi ragazzi in uniforme, soprattutto del loro sacrificio.

Il destino ha voluto che cadesse il giorno in cui, per la prima volta, comparivano alle tv e sui giornali le immagini vietate dal Pentagono: decine di bare di altri caduti, avvolte nella bandiera e circondate dal picchetto d'onore. Perché nel Paese dell’eroe Tillman si ha paura di mostrare il tragico ritorno degli altri, anonimi eroi? Due guerre asettiche, di cui finora non si vedevano gli aspetti più atroci, sono entrate in tutte le case americane, come quasi 40 anni fa il Vietnam. Radio, tv e giornali vengono inondati di lettere e di email. Protesta Ruth Adkins da Portland al New York Times : «La Casa Bianca vuol nascondere la realtà. Ma se il presidente Bush crede davvero, come dice, che dobbiamo rispettare e onorare i caduti, si rechi a salutarne le bare di persona».

Potrebbe essere una svolta nella percezione popolare della guerra, propiziata dalle spaventose immagini dello scempio dei cadaveri dei quattro civili americani assassinati a Falluja il mese scorso, pubblicate alle tv e sui giornali nonostante l'opposizione del Pentagono. Da un lato, la maggioranza dell'America reagisce con commozione e con orgoglio alla storia di Tillman e alla vista delle bare, e in un impeto di patriottismo fa quadrato attorno ai suoi soldati, che si arruolano in numero record. Nel sacrificio dei suoi giovani migliori, trova la conferma dei propri valori, l'amore della libertà e della giustizia, il senso del dovere, e chiede che non siano sviliti da una sconfitta come quella del Vietnam. Ma dall'altro lato comincia a sospettare l'amministrazione di censura. Scrive Peter Rehwaldt da Alameda al Washington Post : «Il licenziamento degli autori delle foto delle bare, Tami Silicio e il marito David Lanry, è incomprensibile. Mi auguro che vengano riassunti». Una protesta non da tutti condivisa, ma è una lacerazione ulteriore. Giustificandosi con il diritto delle famiglie dei morti alla riservatezza, un principio imposto da Bush padre nel primo conflitto del Golfo persico, il Pentagono ha di fatto impedito al Paese di partecipare finora al cordoglio per le vittime.

Non c'è ancora stata una giornata come quella dell'Italia per i caduti di Nassiriya, e il presidente Bush, pur dicendosi commosso dalle foto delle bare, non ha ancora presenziato a una sola sepoltura. Molti dei media si sono allineati, evitando di evidenziare che le perdite di questo mese superano quelle della fulminea marcia su Bagdad di un anno fa. E' come se anche essi, oltre al Pentagono, avessero mandato a mente la lezione del Vietnam, quando i body bags , le sacche che contenevano i morti, alienarono a poco a poco il sostegno degli americani, inizialmente favorevoli alla guerra.

L'amministrazione respinge seccamente l'accusa di non mostrare le bare per paura di perdere l'appoggio popolare. Ma quelle immagini e la scomparsa di Tillman pongono un dilemma: continuare a farlo, come l’amministrazione ribadisce ufficialmente, ignorando anche le esequie del campione di football, o commemorare pubblicamente i caduti? La storia insegna che l'America segue i suoi leader con totale dedizione finché mantengono la credibilità. La Casa Bianca ha ancora qualche mese di tempo per provare che in Iraq è sulla strada giusta e che il ricorso all'Onu e il passaggio dei poteri agli iracheni non sono finzioni. In caso contrario, si troverà gradualmente contro i media, come accadde nel Vietnam.

Sullo stesso argomento

Articoli in archivio

Il Pentagono costretto a pubblicare le immagini delle bare
La protesta delle foto proibite sfida al silenzio sui morti in Iraq
Il divieto era stato imposto nel '91 quando scoppiò il conflitto nel Golfo
di Vittorio Zucconi su La Repubblica del 24/04/2004
Leader politici e media si chiedono se le immagini del linciaggio porteranno al graduale disimpegno
E l’America si divide sull’orrore in prima pagina
Sinora sulle tv e sui giornali si era vista una guerra quasi asettica
di Ennio Caretto su Corriere della Sera del 02/04/2004
Abbreviati i tempi di avvicendamento tra i reparti, mancano istruttori per addestrare le truppe irachene
"Abbandonare Bagdad da marzo l´America non ha più soldati"
di Carlo Bonini su La Repubblica del 06/10/2004
 
Cos'� ArchivioStampa?
Una finestra sul mondo della cultura, della politica, dell'economia e della scienza. Ogni giorno, una selezione di articoli comparsi sulla stampa italiana e internazionale. [Leggi]
Rassegna personale
Attualmente non hai selezionato directory degli articoli da incrociare.
Sponsor
Contenuti
Notizie dal mondo
Notizie dal mondo
Community
• Forum
Elenco degli utenti

Sono nuovo... registratemi!
Ho dimenticato la password
• Sono già registrato:
User ID

Password
Network
Newsletter

iscriviti cancella
Suggerisci questo sito

Attenzione
I documenti raccolti in questo sito non rappresentano il parere degli autori che si sono limitatati a raccoglierli come strumento di studio e analisi.
Comune di Roma

Questo progetto imprenditoriale ha ottenuto il sostegno del Comune di Roma nell'ambito delle azioni di sviluppo e recupero delle periferie

by Mondo a Colori Media Network s.r.l. 2006-2024
Valid XHTML 1.0, CSS 2.0