Da Corriere della Sera del 26/04/2004

Kerry, ex chierichetto, divide i cattolici

Il senatore: «Aborto ultima risorsa, ma legale». Molti protestano, ma il suo parroco lo difende

di Ennio Caretto

WASHINGTON - A Boston sono le 18 di sabato sera. Al Paulist Center, alla messa valida per la domenica, John Kerry e la moglie Teresa Heinz fanno la comunione. Il giorno prima a Roma, il cardinale nigeriano Francis Arinze, un possibile successore di Giovanni Paolo II, ha ammonito - senza nominarlo - che il candidato democratico alla Casa Bianca «non ne è degno» perché appoggia l'aborto.

Ma il parroco italo-americano John Ciccone non ha esitazioni: «L'arcidiocesi - dirà più tardi ai giornalisti - ha ordinato di dare la comunione a chi la chiede». L'ordine è nella potestà dell'arcivescovo, il carismatico frate cappuccino Sean O' Malley, che dopo lo scandalo dei preti pedofili ha sostituito il Cardinale Bernard Law.

Ciccone ammette che il Paulist Center è stato inondato di telefonate, lettere, e mail di protesta di cattolici da tutta l'America schierati col cardinale Arinze. Ma, spiega, ci è abituato. La parrocchia è una delle più progressiste del Paese, battezza i figli delle coppie gay, ha gruppi di lavoro per i divorziati, i bisessuali, gli apostati, si adopera per gli ammalati di Aids e le prostitute. La chiesa ha l'aspetto di una casa qualunque, mescolata tra le altre. «Noi non rappresentiamo un quartiere - spiega don Ciccone - svolgiamo una missione. Molti ci contestano, molti ci sostengono». Tra questi ultimi vi è Kerry, un ex chierichetto passato attraverso il divorzio come il suo mentore Ted Kennedy, un politico che propugna la separazione tra Stato e Chiesa. Il primo dopo John Kennedy a credere che un cattolico possa diventare presidente dell'America protestante.

Le critiche al Paulist Center per la comunione a Kerry sono la prova che Arinze ha spaccato i cattolici americani in due. Tradizionalmente, i cattolici votano in maggioranza per i democratici, lo fecero anche nel 2000. E un recente sondaggio del Pew Research, il più rispettato istituto di ricerca Usa, ha stabilito che il 57% è contrario a ulteriori limitazioni del diritto all'aborto. Ma l'ex ambasciatore al Vaticano ed ex sindaco di Boston Raymond Flynn, democratico, ritiene che la denuncia di Arinze avrà conseguenze negative per Kerry: «La polemica si intensificherà e l'impatto sui nostri 65 milioni di cattolici sarà piuttosto forte». La Casa Bianca commenta: «Il senatore Kerry non è in sintonia con l’America - dichiara un portavoce -. Il presidente è per la cultura della vita non della morte».

Sono divisi anche i vescovi e i politici cattolici. Tra i primi, quello di Washington Theodore McCarrick, che dirige la Commissione sull'osservanza della fede, difende il candidato democratico. Lo condanna invece l'arcivescovo di St. Louis Raymond Burke, chiedendosi perché «contravvenga ai principi della Chiesa». Tra i politici, il deputato repubblicano Nicholas Lampton si scontra con Ted Kennedy. E giudica incongruente l'opposizione di Kerry alla condanna a morte: «Come può rifiutarla quando accetta l'aborto?». Invano il senatore risponde di esservi personalmente contrario, ma di non potere privare la donna del diritto alla libera scelta: «E' un sofisma» taglio corto il deputato.

Secondo Ted Kennedy, l'ipotesi che Kerry perda il voto cattolico a causa dell'aborto è infondata. Cita l'ultimo sondaggio della California, dove la comunità ispanica fa salire la percentuale dei cattolici: «Kerry avrebbe il 49% dei suffragi contro il 39% di Bush e il 6 di Ralph Nader». Ma i neoconservatori e i protestanti ribattono che la California non fa testo, è lo Stato più liberal della nazione, e che il fondamentalismo guadagna terreno in quasi ogni religione, come dimostra il successo del film «La passione» del cattolico Mel Gibson. Il politologo Kevin Phillips, un repubblicano moderato, è d'accordo: «Non sarà facile per i cattolici praticanti votare per Kerry. Dal '73, quando l'aborto fu legalizzato, inoltre, la tendenza prevalente è a limitarlo. Non a caso, Bush vi è riuscito per i casi più estremi».

Nella polemica, il candidato democratico non accenna a cambiare posizione, sembra puntare sul pragmatismo della maggioranza dei cattolici negli Usa. Dichiara che «la fede non è un tema politico», «un presidente deve restare fuori delle camere da letto», «i diritti delle donne vanno rispettati», «l'aborto deve essere l'ultima risorsa, ma legale e senza rischi».

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