Da La Repubblica del 26/04/2004
La bocciatura del referendum sull´unificazione spiana la strada all´annullamento delle sanzioni
Cipro, i turchi "sconfitti" chiedono aiuto all´Europa
Dopo la vittoria dei "no", i greco ciprioti rischiano un effetto boomerang
Usa, Ue e Onu pronti a eliminare le misure restrittive per la parte turco cipriota
di Marco Ansaldo
LEFKOSA - Un´immensa bandiera turco cipriota svetta accanto a quella rossa con la mezzaluna sui monti Besparmak che dominano Lefkosa, la capitale divisa che dall´altra parte del Muro diventa Nicosia. «Ne mutlu Turkum diyene» (felice colui che puo´ dirsi turco) sta scritto sulle pendici della montagna. E davvero i turchi di Cipro, per la prima volta nella storia, possono liberare la loro gioia. Hanno perso la riunificazione dell´isola, pur votandone a favore, per il massiccio "no" dei greco ciprioti. Ma hanno guadagnato la simpatia del mondo, e forse un riconoscimento che, sebbene non politico, li scioglierà presto da trent´anni di isolamento e di sanzioni.
Per questo l´altra sera hanno festeggiato a lungo, nei cortei di auto che per una notte hanno illuso la piccola Lefkosa di trasformarsi in una città europea. Il sogno è svanito presto, ma il risveglio ha portato buone notizie. L´Unione europea, d´intesa con Stati Uniti e Onu, si prepara a varare da subito una serie di misure volte ad allentare le sanzioni economiche che, dopo il 1974, hanno colpito quest´area sottoposta prima a un golpe greco e poi a un intervento militare turco. Da allora la Cipro povera si è ridotta ad arrancare dietro la sorella ricca che, grazie al riconoscimento internazionale, ha conosciuto prosperità e sviluppo. Il mondo ha regalato a Lefkosa solo indifferenza e la Turchia gli aiuti necessari a non soccombere.
Ma oggi i turco ciprioti rialzano la testa. Orgogliosi come i fratelli della madrepatria, rivendicano adesso i meriti e aspettano la rivalsa. "E´ la vittoria della gente", titola in prima pagina Kibrisli. E la gente, nei capannelli di una giornata di sole che ha spazzato la pioggia caduta durante il referendum, si dimostra entusiasta. «Voglio essere libero di viaggiare - dice Mehmet, che fa l´impiegato - voglio mostrare il mondo ai miei figli, aprire le loro vite fuori da qui». «Tutti hanno visto il nostro voto responsabile - aggiunge Selda, studentessa di legge - ora tocca all´Europa toglierci da questa situazione». E l´esercito turco, che con i suoi 35 mila uomini staziona ovunque? «Per come è andato il voto, è meglio che i soldati rimangano - risponde Gizem, operaio - quale istituzione potrebbe proteggermi da una nuova "enosys", il tentativo di riunire la Grecia a Cipro? No, voglio dormire sonni tranquilli».
Difatti l´armata di Ankara non si muoverà. Nei bar le tv sono accese sulla conferenza stampa del ministro degli Esteri turco. «Il piano di riunificazione studiato dal segretario generale Onu, Kofi Annan, prendeva in considerazione il ritiro dei nostri soldati - spiega Abdullah Gul - ma poiche´ il referendum lo ha respinto, non c´è ragione perchè le truppe lascino l´isola». Compare il volto di Rauf Denktash, il vecchio presidente che si è opposto alla riunificazione e ha perso il confronto con i moderati. Mormorio in sala. «Non mi dimetto - dice l´anziano leader mettendo su una faccia da poker - il voto ha deciso la bocciatura del piano e quindi resto al mio posto». Eppure il piano Onu è stato sconfitto nella parte greca dell´isola, non certo a nord, dove Denktash è rimasto battuto.
E´ stata invece proprio la moderazione, quella del suo avversario politico, il primo ministro Talat, e del stesso premier turco Erdogan, a vincere. Lo stesso capo dell´esercito di Ankara, il generale Ozkok, ha lasciato in soffitta le rodomontate dei suoi colleghi del passato, dicendosi pronto a rispettare le decisioni del parlamento turco e del popolo cipriota. Una maturità complessiva che ora potrebbe dare luce verde alla Turchia nell´ottenere, a dicembre, l´agognata data dell´ingresso in Europa.
Qualcosa si muove da questa parte del Muro. Ed è quasi paradossale che avvenga per gli errori commessi di là. L´egoismo dimostrato dal presidente cipriota Papadopoulos (che a dispetto del voto entrerà nella Ue il prossimo 1 maggio), e l´ipocrisia rivelata dal partito comunista Akel, il più grande nell´area greca («il nostro no alla riunificazione è in realtà un si futuro»), rischiano l´effetto boomerang. Oggi a Bruxelles la Gran Bretagna, e diversi altri paesi europei, potrebbero cambiare lo status che regola la «linea verde» che taglia in due Cipro, a tutto sfavore di Nicosia. Un certo imbarazzo si aspetta nell´incontro di domani ad Atene fra Papadopoulos e i vertici greci. E il "grande freddo" dominerà sabato l´accesso della Cipro greca nella famiglia europea.
Per questo l´altra sera hanno festeggiato a lungo, nei cortei di auto che per una notte hanno illuso la piccola Lefkosa di trasformarsi in una città europea. Il sogno è svanito presto, ma il risveglio ha portato buone notizie. L´Unione europea, d´intesa con Stati Uniti e Onu, si prepara a varare da subito una serie di misure volte ad allentare le sanzioni economiche che, dopo il 1974, hanno colpito quest´area sottoposta prima a un golpe greco e poi a un intervento militare turco. Da allora la Cipro povera si è ridotta ad arrancare dietro la sorella ricca che, grazie al riconoscimento internazionale, ha conosciuto prosperità e sviluppo. Il mondo ha regalato a Lefkosa solo indifferenza e la Turchia gli aiuti necessari a non soccombere.
Ma oggi i turco ciprioti rialzano la testa. Orgogliosi come i fratelli della madrepatria, rivendicano adesso i meriti e aspettano la rivalsa. "E´ la vittoria della gente", titola in prima pagina Kibrisli. E la gente, nei capannelli di una giornata di sole che ha spazzato la pioggia caduta durante il referendum, si dimostra entusiasta. «Voglio essere libero di viaggiare - dice Mehmet, che fa l´impiegato - voglio mostrare il mondo ai miei figli, aprire le loro vite fuori da qui». «Tutti hanno visto il nostro voto responsabile - aggiunge Selda, studentessa di legge - ora tocca all´Europa toglierci da questa situazione». E l´esercito turco, che con i suoi 35 mila uomini staziona ovunque? «Per come è andato il voto, è meglio che i soldati rimangano - risponde Gizem, operaio - quale istituzione potrebbe proteggermi da una nuova "enosys", il tentativo di riunire la Grecia a Cipro? No, voglio dormire sonni tranquilli».
Difatti l´armata di Ankara non si muoverà. Nei bar le tv sono accese sulla conferenza stampa del ministro degli Esteri turco. «Il piano di riunificazione studiato dal segretario generale Onu, Kofi Annan, prendeva in considerazione il ritiro dei nostri soldati - spiega Abdullah Gul - ma poiche´ il referendum lo ha respinto, non c´è ragione perchè le truppe lascino l´isola». Compare il volto di Rauf Denktash, il vecchio presidente che si è opposto alla riunificazione e ha perso il confronto con i moderati. Mormorio in sala. «Non mi dimetto - dice l´anziano leader mettendo su una faccia da poker - il voto ha deciso la bocciatura del piano e quindi resto al mio posto». Eppure il piano Onu è stato sconfitto nella parte greca dell´isola, non certo a nord, dove Denktash è rimasto battuto.
E´ stata invece proprio la moderazione, quella del suo avversario politico, il primo ministro Talat, e del stesso premier turco Erdogan, a vincere. Lo stesso capo dell´esercito di Ankara, il generale Ozkok, ha lasciato in soffitta le rodomontate dei suoi colleghi del passato, dicendosi pronto a rispettare le decisioni del parlamento turco e del popolo cipriota. Una maturità complessiva che ora potrebbe dare luce verde alla Turchia nell´ottenere, a dicembre, l´agognata data dell´ingresso in Europa.
Qualcosa si muove da questa parte del Muro. Ed è quasi paradossale che avvenga per gli errori commessi di là. L´egoismo dimostrato dal presidente cipriota Papadopoulos (che a dispetto del voto entrerà nella Ue il prossimo 1 maggio), e l´ipocrisia rivelata dal partito comunista Akel, il più grande nell´area greca («il nostro no alla riunificazione è in realtà un si futuro»), rischiano l´effetto boomerang. Oggi a Bruxelles la Gran Bretagna, e diversi altri paesi europei, potrebbero cambiare lo status che regola la «linea verde» che taglia in due Cipro, a tutto sfavore di Nicosia. Un certo imbarazzo si aspetta nell´incontro di domani ad Atene fra Papadopoulos e i vertici greci. E il "grande freddo" dominerà sabato l´accesso della Cipro greca nella famiglia europea.
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