Da La Repubblica del 03/05/2004
Una decisione da annali della satira
Così i censori hanno fatto l´autogol
di Sebastiano Messina
Questa «diretta differita» che si sono inventati i goffi censori della Rai berlusconizzata è già entrata a passo di carica negli annali della satira. L´immagine di un oscuro comitato di burocrati che passa il Primo maggio chiuso in una sala di Saxa Rubra, pronto con le forbici in mano a tagliare ogni accenno a Berlusconi o al suo governo da parte di una piazza con mezzo milione di giovani che festeggiano cantando e scherzando, è una di quelle occasioni in cui un autore comico vorrebbe imbattersi ogni giorno.
E in effetti nessuno se l´è lasciata scappare. Né Claudio Bisio, il quale onestamente aveva avvertito fin dalla vigilia che sarebbe rimasto senza battute se la Rai si fosse rimangiata la sua «diretta differita», né i cantautori messi sotto tiro, che hanno punito i censori prendendosela direttamente con loro (come Enrico Ruggeri) o sbeffeggiando quei venti minuti di ritardo della messa in onda imposti da Viale Mazzini (come i Modena City Ramblers, che hanno giustificato la scelta di una canzone come «Bella ciao» con una differita dal 25 aprile).
La Rai, dunque, è riuscita a trasformare un successo di audience e di immagine in un clamoroso scivolone mediatico, in uno sconcertante autogol per la sua immagine. Con la sua improvvida decisione, il Cda del servizio pubblico ha riportato la tv agli anni in cui si censuravano i comici e i cantanti e si vietava ai cronisti del telegiornale di chiamare i deputati «membri del Parlamento».
A rendere ancora più grottesca l´operazione, ci sono alcuni dettagli che sfiorano il ridicolo. Come il fatto singolare che neanche nel circuito interno a bassa frequenza sia stato possibile assistere in diretta al concerto di piazza San Giovanni, indizio del palese desiderio di evitare che rimanessero in giro pericolose prove filmate delle possibili censure. O come la bizzarra decisione del Tg1 di dedicare, alle 13,30 di ieri, un lungo servizio al concerto del Primo maggio: a quello di Napoli però, non a quello di Roma, del tutto ignorato.
Alla fine, la censura non è scattata. Ma la spada di Damocle della «diretta differita» ha cambiato comunque il corso delle cose, perché tutti - prima di andare sul palco - si sono chiesti se le loro parole avrebbero regalato ai censori la gioia di un taglio, e dunque è probabile che qualcuno abbia cercato un´altra frase, un altro esempio, un altro slogan, che insomma si sia autocensurato per non darla vinta a Cattaneo. E noi che da casa assistevamo al concerto, ci siamo chiesti per tutta la serata se quello spettacolo fosse davvero integrale o se mancasse qualcosa a ciò che stavamo vedendo. Il fatto che non sia stato cancellato nulla rende ancora più paradossale, ancora più stridente, questa «diretta differita» che speriamo resti un caso unico.
E in effetti nessuno se l´è lasciata scappare. Né Claudio Bisio, il quale onestamente aveva avvertito fin dalla vigilia che sarebbe rimasto senza battute se la Rai si fosse rimangiata la sua «diretta differita», né i cantautori messi sotto tiro, che hanno punito i censori prendendosela direttamente con loro (come Enrico Ruggeri) o sbeffeggiando quei venti minuti di ritardo della messa in onda imposti da Viale Mazzini (come i Modena City Ramblers, che hanno giustificato la scelta di una canzone come «Bella ciao» con una differita dal 25 aprile).
La Rai, dunque, è riuscita a trasformare un successo di audience e di immagine in un clamoroso scivolone mediatico, in uno sconcertante autogol per la sua immagine. Con la sua improvvida decisione, il Cda del servizio pubblico ha riportato la tv agli anni in cui si censuravano i comici e i cantanti e si vietava ai cronisti del telegiornale di chiamare i deputati «membri del Parlamento».
A rendere ancora più grottesca l´operazione, ci sono alcuni dettagli che sfiorano il ridicolo. Come il fatto singolare che neanche nel circuito interno a bassa frequenza sia stato possibile assistere in diretta al concerto di piazza San Giovanni, indizio del palese desiderio di evitare che rimanessero in giro pericolose prove filmate delle possibili censure. O come la bizzarra decisione del Tg1 di dedicare, alle 13,30 di ieri, un lungo servizio al concerto del Primo maggio: a quello di Napoli però, non a quello di Roma, del tutto ignorato.
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