Da Corriere della Sera del 05/05/2004
Il trionfo di Bisanzio
di Dario Di Vico
In molti avevamo sperato che con la nomina di un presidente di garanzia la Rai potesse voltar pagina. Chi sostenne lo sforzo dei presidenti delle Camere lo fece in nome di una tv di Stato meno sottoposta alle pressioni e ai capricci della politica. Se non un'istituzione neutrale come sarebbe auspicabile, qualcosa che le assomigliasse. Purtroppo non è andata così. I fatti sono stati altri. Le logiche di appartenenza hanno avuto ancora una volta la meglio e in poco tempo si è arrivati al paradosso di un presidente costantemente messo in minoranza dai suoi consiglieri e per di più in guerra totale con il direttore generale. Nonostante la buona volontà di Pier Ferdinando Casini e Marcello Pera la figura del presidente di garanzia non è stato quel filtro tra politica e azienda che avrebbe dovuto rappresentare. E oggi il fallimento è evidente quanto cocente la delusione.
Nel frattempo non sono certo migliorati i rapporti tra la Rai e il Paese. Negli anni Sessanta la tv di Stato era occupata de facto dal partito di maggioranza relativa, quindi il legame con la politica era diretto. Ma in quella lunga stagione almeno la Dc seppe promuovere una classe dirigente televisiva di ottimo livello e seppe comunque stabilire un rapporto corretto con un Paese che cresceva e seppur lentamente si modernizzava.
Oggi non c’è niente di tutto ciò. Tra i nomi che circolano in queste ore fra quelli compresi nel pacchetto delle nomine accanto a valenti professionisti ci sono anche dirigenti improvvisati e personaggi il cui curriculum televisivo non risplende. E’ il trionfo del sottopotere, la vittoria di Bisanzio. Davanti al televisore, poi, il teleutente passa il tempo a fare zapping alla disperata ricerca di un programma degno di questo nome. Imperversano i reality show , le vite in diretta, le tv del dolore, i vaniloqui di Marzullo. Forse più che deficiente la programmazione Rai è deprimente.
Mentre in Viale Mazzini andava in onda la rappresentazione del presidente di garanzia il Parlamento, dopo lunghe tribolazioni, ha approvato una legge che cambia di nuovo i criteri di designazioni dei vertici di Viale Mazzini. Toglie potestà ai presidenti delle Camere e nella sostanza parlamentarizza il sistema di elezione. Tanto per capirci, con il nuovo meccanismo anche Rifondazione avrebbe quasi certamente un suo consigliere. La politica, dunque, si riprende i suoi territori. La contraddizione è ancora più stridente se si pensa che l’articolo 21 della legge Gasparri prevede addirittura la privatizzazione della Rai, la sua trasformazione in una sorta di public company nel giro dei prossimi sei mesi. Entro i prossimi sessanta giorni infatti dovrebbe avvenire la fusione della Rai Spa nella Rai Holding Spa e nei successivi quattro mesi la messa in vendita delle azioni della società. Ma è significativo che, nonostante la legge sia stata approvata, della Rai privata nessuno parli. Perché nessuno ci crede. Del resto, per quale motivo i già tartassati risparmiatori italiani dovrebbero comprare azioni di una società di Bisanzio?
Nel frattempo non sono certo migliorati i rapporti tra la Rai e il Paese. Negli anni Sessanta la tv di Stato era occupata de facto dal partito di maggioranza relativa, quindi il legame con la politica era diretto. Ma in quella lunga stagione almeno la Dc seppe promuovere una classe dirigente televisiva di ottimo livello e seppe comunque stabilire un rapporto corretto con un Paese che cresceva e seppur lentamente si modernizzava.
Oggi non c’è niente di tutto ciò. Tra i nomi che circolano in queste ore fra quelli compresi nel pacchetto delle nomine accanto a valenti professionisti ci sono anche dirigenti improvvisati e personaggi il cui curriculum televisivo non risplende. E’ il trionfo del sottopotere, la vittoria di Bisanzio. Davanti al televisore, poi, il teleutente passa il tempo a fare zapping alla disperata ricerca di un programma degno di questo nome. Imperversano i reality show , le vite in diretta, le tv del dolore, i vaniloqui di Marzullo. Forse più che deficiente la programmazione Rai è deprimente.
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