ROMA - La riduzione delle tasse, ma anche le pensioni e la vigilanza sul risparmio. Dopo la visita del ministro dell’Economia a Londra per incontrare le agenzie di rating, l’agenda del vertice di maggioranza, riunitosi nella tarda serata di ieri a Palazzo Chigi, si è allungata. E la discussione, tra i leader e i ministri della Casa delle libertà, ha assunto le vesti di un vero e proprio summit sullo stato dell’economia. Non solo, quindi, una prima valutazione politica sul taglio delle tasse, comunque positiva, come ha riferito il ministro dell’Udc Rocco Buttiglione lasciando il vertice, anche se l’operazione per essere messa a punto richiederà più tempo del previsto. Secondo il ministro del Welfare, Roberto Maroni, sarà quanto meno necessario un altro vertice della maggioranza. Sul piatto, Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi, che ha chiesto comunque agli alleati un impegno chiaro entro il 13 giugno, ovvero prima delle elezioni europee, hanno messo una manovra fiscale "pesante": sgravi complessivi per 12 miliardi di euro. Il progetto del premier, sia pure con diverse varianti, punta alla riduzione a due sole aliquote dal gennaio del 2005: il 23% per i redditi fino a 50-60 mila euro, il 33% per quelli superiori. Che in realtà sarebbe il 33% più il 4%, con la devoluzione di quest’ultima quota a un fondo etico di solidarietà, destinato a finanziare le associazioni del volontariato. Un meccanismo per "spuntare" i benefici che arriverebbero ai più ricchi.

La necessità di dare la scossa all’economia è condivisa da tutti, ma sulle ricette per attuarla le posizioni sono molto diverse. Sia sulla modulazione degli sgravi, che sui tagli alla spesa. Alleanza nazionale insiste sulla necessità di concentrare i nuovi sgravi sui redditi bassi e medi, lasciando la riduzione delle aliquote più alte a un prossimo modulo, da varare con la Finanziaria del 2006, l’ultima della legislatura. Ieri sera, nel vertice a Palazzo Chigi, allargato anche ai rappresentanti del Pri e del nuovo Psi, Fini è stato fermissimo su questo punto. «Bisogna ridurre subito al 23% le aliquote del 29 e del 31% e portare al 33% quella del 39%» aveva ripetuto poco prima il leader di An al «Porta a Porta». «L’impegno di abolire l’aliquota più alta, quella del 45%, io lo confermo, se dovessi avere il consenso degli altri, entro il 2006» ha aggiunto Fini, (che presto, ha detto, tornerà alla carica per ottenere la delega di coordinatore dell’economia). La sua posizione sulle tasse, in ogni caso, sembrerebbe incontrare i favori degli italiani, almeno stando a un sondaggio di Ipsos e Apcom, secondo il quale il 73% dei cittadini vorrebbe far partire gli sgravi dai redditi più bassi e alleggerire i più alti in seguito.

An sembra scettica anche sul meccanismo del fondo etico e sulle ipotesi dei tagli studiati dal Tesoro per finanziare la riduzione delle tasse. «Se si dovessero tagliare le risorse per il Sud, direi che non si può fare» ha detto Fini in tv, ricordando che anche l’eventuale fondo unico da 10 miliardi, nel quale il Tesoro punta a concentrare gli incentivi alle imprese, «andrà discusso con le parti sociali».

In attesa della Confindustria di Luca di Montezemolo, ieri dalla "vecchia" Confindustria di Antonio D’Amato è giunto un segnale assai preoccupato sulla revisione degli incentivi. Anche Buttiglione ha messo le mani avanti sull’ipotesi del taglio dei trasferimenti. «Quando si dice di voler tagliare le tasse non si può pensare di tagliare gli incentivi alle imprese, che vanno sostenute».

Pure la Lega ha le sue idee, a cominciare dal ritocco all’Irap. «Se Berlusconi dice si fa così e nessuno dice nulla, Berlusconi diventa il padrone della Cdl e noi i servi sciocchi. Se ci permettiamo di esprimere un’opinione, un contributo a una decisione importante, diventa un braccio di ferro. Ci devono anche essere vie di mezzo», ha fatto presente Maroni prima del vertice.