Da La Repubblica del 17/05/2004

Centinaia di case saranno abbattute e migliaia di palestinesi trasferiti forzatamente

Israele, "operazione bulldozer"

L´Alta corte dà il via libera alla demolizione di Rafah

L´annuncio del ministro della Difesa: "Creeremo una diversa realtà sul terreno"

di Alberto Stabile

GERUSALEMME - In nome della sicurezza d´Israele, l´Alta Corte di Giustizia ha dato via libera alla demolizione di centinaia di case e al trasferimento forzato di migliaia di palestinesi da Rafah, estremo sud della striscia di Gaza, al confine con l´Egitto. L´operazione bulldozer, condannata dalla Lega araba come un «crimine di guerra» e sanzionata dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani come una «punizione collettiva», ha suscitato anche l´opposizione del Segretario di Stato americano, Colin Powell, ma, una volta caduta l´ultima remora rappresentata dai giudici, nessuna protesta internazionale sembra poterne rallentare il passo. «L´esercito israeliano creerà una diversa realtà sul terreno», ha trionfalmente annunciato il ministro della Difesa, Shaul Mofaz.

Tutto nasce da una contraddizione insita nella strategia di disimpegno unilaterale, o di separazione dalle aree più calde del conflitto coi palestinesi perseguita da Sharon. In questo caso parliamo di Rafah, città prossima al confine tra la striscia di Gaza e la penisola del Sinai, un centro abitato da sempre esistito ma col tempo ingigantitosi a causa della creazione, dopo il 1948, dei campi destinati ai rifugiati palestinesi, fino a costituire un unico agglomerato sempre più prossimo al confine.

Lungo questo confine corre una strada, chiamata Philadelphi road, che gli israeliani sospettano sia un crocevia del traffico d´armi in partenza dall´Egitto. Armi, destinate alle fazioni armate palestinesi, che verrebbero fatte entrare nel territorio di Gaza attraverso dei tunnel scavati sotto la frontiera i cui terminali sarebbero occultati nelle case stesse di Rafah.

Ora, anche nel caso che i soldati si ritireranno da Gaza e gli insediamenti saranno smantellati, Sharon ha deciso che Israele manterrà il controllo dei confini della Striscia. E per controllare adeguatamente il confine sud ed impedire il contrabbando delle armi attraverso i tunnel (un punto su cui la stessa Autorità palestinese s´era a suo tempo impegnata ma senza esito alcuno) è necessario allargare la Phildelphi road.

Ma c´è un ostacolo insormontabile sul piano umano: allargare la strada in modo da renderla simile a una sorta di terra di nessuno dove i soldati israeliani possono muoversi senza correre il rischio di essere attaccati, come è successo la settimana scorsa, implica la demolizione di centinaia di case e l´evacuazione forzata di migliaia di palestinesi costretti a passare dalla condizione di profughi a quella anche peggiore di senza tetto.

La contraddizione consiste nel dichiarare da un lato di voler evitare occasioni di attrito coi palestinesi (obiettivo che il piano di ritiro si ripromette di conseguire) ma, dall´altro, pretendere di mantenere il controllo totale dei confini della Striscia di Gaza (terra, mare e cielo) applicando misure desinate inevitabilmente ad accrescere la tensione.

Per legittimare le demolizioni, in risposta alla petizione di tredici residenti di Rafah l´Alta Corte ha evocato il principio della Sicurezza d´Israele. L´esercito, in sostanza, potrà demolire le case di Rafah per garantire il successo dell´operazione intrapresa e nel caso che la vita dei soldati sia in pericolo. Immediatamente, il capo di Stato maggiore Moshè Yaalon ha annunciato al Consiglio dei ministri che «sono centinaia le abitazioni di Rafah etichettate per la distruzione». Inutilmente, Arafat ha gridato all´ennesimo crimine commesso contro la terra dei paletinesi.

Tutto questo non mette in discussione soltanto l´affidabilità del piano di ritiro proposto da Sharon, ma la stessa credibilità degli Stati Uniti che quel piano hanno avallato e ripagato con ampie concessioni. Il dramma di Rafah, in sostanza, è diventato un banco di prova per l´Amministrazione americana, che i palestinesi e la comunità dei paesi arabi accusano d´aver rinunciato al suo ruolo d´onesto mediatore tra le parti in conflitto per appoggiare decisamente gli israeliani.

Ieri sul Mar Morto, al Forum economico mondiale per il Medio Oriente, Powell ha contestato apertamente le demolizioni. «Sappiamo - ha detto - che Israele ha diritto all´autodifesa. Ma al tipo di azioni che stanno compiendo a Rafah, la distruzione della case, ci opponiamo».

Ma perché, è stato obiettato al Segretario, gli Stati Uniti si limitano alle reprimende verbali e non riescono mai ad incidere concretamente sul comportamento dei governanti israeliani?

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