Da La Repubblica del 20/05/2004

Il primo capo del governo non indù promette riforme "dal volto umano". La leader del Congresso: "Sono sollevata"

Un economista sikh guiderà l´India

Singh nominato premier dopo la rinuncia di Sonia Gandhi

di Raimondo Bultrini

NEW DELHI - Non sarà italiano, ma non è nemmeno indù il prossimo capo del governo indiano. Dopo il «gran rifiuto» di Sonia Gandhi il presidente della Repubblica ha affidato formalmente ieri sera a un sikh, il 71enne economista Manmohan Singh, l´incarico di formare l´esecutivo che sostituisce la formazione guidata dagli ultrareligiosi del Bharatiya Janata Party sconfitti dal voto del 13 maggio.

Per passare a lui le consegne (Singh era già stato consulente economico di Indira e Rajiv Gandhi) Sonia ha rinunciato anche alla presidenza del gruppo parlamentare del Congresso del quale rimarrà comunque la leader, sebbene migliaia di militanti a Delhi e in tutta l´India abbiano inscenato anche ieri drammatiche manifestazioni di protesta per convincerla a diventare primo ministro. Come una madrina serena e soddisfatta di aver risparmiato a stessa il gravoso incarico che avrebbe comportato rischi d´incolumità e perenni polemiche con I fondamentalisti per le sue origini italiane, Sonia ha accompagnato Singh dal capo dello Stato assicurando poi che «il Paese è adesso in mani sicure», e che lei ora sta bene, dopo essersi «sentita giù» per non aver potuto soddisfare la «tremenda pressione» dei suoi militanti di accettare l´incarico.

Il nome di Singh, che ha studiato a Cambridge, Oxford e ha ricevuto numerose lauree ad honorem tra cui una a Bologna, ha fatto subito rialzare la Borsa Indiana crollata dopo il voto. Visibilmente felice dell´incarico, all´incontro col presidente Abdul Kalam indossava un turbante come gran parte dei 18 milioni di aderenti alla religione fondata in Punjab nel 15mo secolo in contrasto col sistema delle caste e l´idolatria hinduista.

La sua nomina dal Congresso ha anche un significato di pacificazione con la comunità sikh dopo gli anni delle lotte indipendentiste e dei massacri che furono all´origine dell´assassinio di Indira Gandhi.

Tra le prime battute dopo aver ricevuto formalmente la lettera d´incarico ha detto che vorrebbe vedere «il ventunesimo secolo come il secolo dell´India», e ha rassicurato sia il mercato che i poveri sulle sue intenzioni di combinare «gli interessi del capitale con il benessere del popolo», con un programma di «riforme dal volto umano» che mostri «al mondo un nuovo modello di politica economica» a partire - ha detto - «dall´agricoltura, i servizi sociali e l´occupazione».

In un paese con quasi un terzo della popolazione sotto il livello di sussistenza, la grande esperienza e il carattere mite e cordiale di Manmohan Singh potrebbero essere decisivi per condurre a termine un´altra impresa come quella che tra il '91 e il '94 lo vide risanare da ministro finanziario un´economia nazionale sull´orlo del collasso. Considerato il padre di quelle stesse riforme liberiste adottate dal Bjp, nonché ex uomo del Fondo monetario internazionale ed ex governatore della Banca dell´India, Singh è stato in passato oggetto di critiche dalle stesse sinistre che ora appoggeranno dall´esterno il governo assieme ai gruppi regionali che rappresentano i fuoricasta dalit e i musulmani.

Ma molti - Sonia Gandhi in testa - sono convinti che il nuovo primo ministro destinato a ottenere l´investitura formale delle Camere tra domani e sabato, saprà evitare gli errori del precedente governo che finì per privilegiare una fascia limitata di ceto medio e alto a discapito del restante miliardo di indiani.

Sposato con tre figlie femmine, Singh non è un politico in senso stretto. A gestire gli affari di partito - e dietro le quinte del governo - continuerà però a pensarci Sonia, come ha dovuto garantire ieri ai suoi fedeli ancora in preda alla disperazione.

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