Da La Repubblica del 19/05/2004

Sotto tiro case e ospedali: 20 i morti, decine di feriti

Gaza, attacco ai campi profughi

Sharon lancia il raid per fermare il traffico d´armi. Arafat: "Massacro voluto"

di Alberto Stabile

GERUSALEMME - Ariel Sharon ha messo in moto una possente macchina bellica per far cessare il contrabbando d´armi dall´Egitto alla Striscia di Gaza e convincere gli scettici che ritiro non vuole dire ritirata e abbandonare Gaza non significa ammettere la sconfitta. Le conseguenze per i palestinesi sono tragiche. Alla fine della prima giornata dell´operazione poeticamente definita «arcobaleno» contro i campi profughi e la città di Rafah, nel sud della Striscia, si contano 20 morti e decine di feriti, in buona parte tra la popolazione civile. Ma nonostante le condanne della comunità internazionale, l´offensiva, ha assicurato il ministro della Difesa, Shaul Mofaz, andrà avanti fino a quando sarà necessario.

Per primi sono arrivati gli elicotteri Apache. Non era ancora spuntata l´alba che il quartiere di Tar el Sultan, vicino al confine, rimbombava d´esplosioni. Al primo bombardamento sono state uccise tre persone. I medici del piccolo ospedale locale dicono che due erano miliziani di un qualche gruppo armato.

Il secondo bombardamento degli elicotteri, diretto come il primo, secondo le fonti militari israeliane, contro «posizioni terroriste», ha ucciso otto persone e ferito 23. Hamas, che non nasconde mai le sue perdite, ha fatto sapere che tre dei morti erano suoi combattenti.

Che, tuttavia, sia alto il tributo di sangue imposto alla popolazione civile non lo dicono soltanto le fonti palestinesi. Lo ammette anche, indirettamente, l´esercito quando, stilando un primo, provvisorio bilancio delle perdite inflitte, dice che su 15 «terroristi» uccisi, nove erano «vecchie conoscenze», militanti della resistenza armata inseriti da tempo nella lista di quelli «da catturare o uccidere».

Poi sono arrivate le ruspe, i carri armati, i blindati, i tiratori scelti, gli artificieri, i genieri, i commando addestrati al combattimento casa per casa. L´intera divisione, che era stata assemblata nei giorni scorsi al confine di Rafah, s´è mossa con l´inarrestabile lentezza di un dinosauro, travolgendo campi coltivati a pomodori, serre, case. Tre le demolizioni. Rafah è stata completamente accerchiata, strangolata e separata dal resto della Striscia. Una dimostrazione di potenza, ma anche la rappresentazione dal vivo di quello che significherà, domani, ritirarsi da Gaza mantenendo il diritto, ma forse è meglio dire il potere, di contrastare con ogni mezzo l´eventuale minaccia proveniente dal territorio evacuato. Fonti della sicurezza palestinese hanno denunciato che alle ambulanze è stato impedito di accorrere dove c´era bisogno, al punto che due mezzi di soccorso sono stati colpiti da proiettili israeliani. La camera mortuaria del piccolo ospedale s´è subito riempita. I cadaveri sono stati depositati nelle celle frigorifere del vicino mercato ortofrutticolo.

L´assedio è stato tolto nel primo pomeriggio, almeno in parte. Nel senso che è stata aperta l´unica strada che da Rafah porta a Khan Yunis e a Gaza città. Gli sfollati, che avevano abbandonato le loro case per timore che venissero distrutte (ieri erano già 1400, ma sono 3000 dall´inizio della seconda intifada) hanno potuto trovarsi un altro tetto. Per molti di loro è come vivere un secondo e più amaro esodo, se si tiene conto che nella città di Rafah vivovo 40mila persone e nei campi profughi, ormai inglobati nel territorio urbano, vivono 90mila profughi.

Già alla prima avvisaglia dell´operazione scattata ieri, alte si erano levate le proteste dell´Autorità palestinese contro quello che Arafat e i suoi ministri definiscono come «un grande massacro pianificato». Alla denuncia palestinese ieri s´è aggiunta la condanna del rappresentate Ue per la Politica estera Javier Solana e quella della Lega araba che ha definito l´operazione un caso di «pulizia etnica».

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