Da Corriere della Sera del 21/05/2004

Il sì sofferto di Amato

di Maria Latella

ROMA - Il disagio del dottor Sottile non è sottile per niente, questa volta. Una ragione c’è. Tra poco gli toccherà fare qualcosa che eviterebbe volentieri. Tra poco Giuliano Amato voterà una mozione che, sostanzialmente, non condivide. Quelle tre righe volute dal Triciclo, la richiesta di far tornare subito le truppe italiane di stanza in Iraq, suonano aperta sconfessione di altre tre righe, le stesse da lui vergate e inserite proprio nel programma della Lista: «Essere contro la guerra significa battersi perché le guerre finiscano, non semplicemente tirarsene fuori». Perché ha cambiato idea? «Sono contrario all’ipotesi che adesso ci siano mozioni sul ritiro immediato. E se queste mozioni vengono fuori lo stesso, sono contrario ad approvarle - dichiarava a "Repubblica" il 3 maggio scorso -. Dopo aver invocato per mesi l’Onu, ora abbiamo il dovere di sostenerla con tutte le nostre forze, e di aspettare che compia fino in fondo il suo tentativo». Che cosa è cambiato, da allora? Il primo aspetto, quello fondamentale, è che la mozione la presenta il Triciclo, quasi compatto. «E’ stato tutto un colossale equivoco - rifletteva ieri mattina Amato, parlando con qualche sodale -. Io non ho mai detto che non avrei votato una mozione della mia parte politica. Quando ho rilasciato quelle dichiarazioni, c’era in ballo la mozione di Rifondazione Comunista, ed era a quella che mi riferivo. Tant’è che la mia frase, testuale, è "se la presentano". Appartengo alla Lista Unitaria, se avessi avuto in mente di negare il voto a una nostra mozione avrei detto "se la presentiamo"».

Quell’equivoco, colossale o no, Giuliano Amato sostiene di averlo chiarito subito, lo stesso giorno in cui l’intervista venne pubblicata. Di averlo chiarito con i suoi, almeno. Con Prodi, si suppone. Con Fassino. Quanto all’opinione pubblica, era rimasta ferma al suo "voterò contro". Ora si capisce che era un "contro" Bertinotti, non "contro" il Triciclo.

Il secondo aspetto che ha spinto al "sì" Giuliano Amato è, dunque, una diretta derivazione del primo. «La politica funziona se si accetta il principio di maggioranza. Se ciascuno va per conto suo, salta ogni ordine. In certe circostanze, è giusto accettare. In questi mesi, quando parte della sinistra ha votato per proprio conto, io ho considerato il gesto sbagliato, negativo l’esempio. Non voglio commettere lo stesso errore». E dunque, con disagio, né dissimulato né enfatizzato, Amato ha in fondo detto, prima di tutto a se stesso, "obbedisco". Possibile che non abbia tentato, anche in extremis, di far pesare tutta la sua influenza, tutta la sua autorevolezza? Ricordando la riunione della Lista Prodi nella quale fu presa la decisione di chiedere il rientro delle truppe italiane, Amato accenna a uno di quei suoi sorrisi di ironica resa. Ai sodali ha raccontato di aver capito che, ormai, s’era formata "l’onda". Un’onda inarrestabile che avrebbe travolto ogni perplessità, ogni timido o autorevole tentativo di respingere la mozione. «Non tanto per emotività, quanto, piuttosto, in risposta a un calendario del tutto interno. E’ stata un’onda razionale, non emotiva» riflette sempre il dottor Sottile con quelli che sanno decrittare il lessico amatiano. Ci vuol poco, del resto, per capire che la scelta deriva da una sola data del calendario: il 13 giugno.

Rispetto per il principio di maggioranza, lealtà alla propria famiglia politica e, anche, reazione emotiva a quelle immagini di tortura arrivate dal carcere di Abu Ghraib. Sono le atrocità perpetrate in quel carcere, il terzo elemento che ha fatto scattare la decisione di dire «sì» alla mozione. «La mia è stata una reazione di autentico rigetto. Le torture sono state come olio bollente gettato sulle ferite sanguinanti. Non si costruisce una vera democrazia in questo modo». Amato l’americano, lui che negli Stati Uniti c’è stato per la prima volta praticamente ragazzino, sostiene di non aver alcun imbarazzo nel dire che, oggi, la bandiera americana è infangata. «Amo la "Stars and Stripes" quasi quanto il Tricolore. Ho continuato a rispettare il Tricolore anche quando è stato infangato e rispetto oggi la bandiera americana. Anche se l’hanno infangata». Quando arriverà George W.Bush, il 4 giugno, Amato non parteciperà ad alcuna occasione ufficiale che veda presente anche il presidente americano. «Ho detto ai miei che il giorno prima dovremmo andare a Nettuno, al cimitero americano. E poi astenerci dall'incontrare Bush».

Son queste le ragioni di una scelta a sorpresa. Giuliano Amato le ha elaborate, accettate. Ma il disagio per il «sì» a una mozione che non voleva rimane, e rimangono anche tutti i motivi che, prima, lo spingevano a dire: «E’ sbagliato pensare al "tutti a casa"». Con i suoi, l’ex presidente del Consiglio rivede il film degli ultimi giorni e immagina fotogrammi nuovi, ispirati dalla speranza. «Fino a poco fa stavamo tutti aspettando Brahimi, no? Ora non più. E se per caso il tentativo dell’inviato di Kofi Annan riesce? Se, dopo, ci sarà bisogno anche dei nostri soldati in Iraq? Che facciamo? Si fanno rientrare le truppe? Su e giù da Baghdad?».

Troppa fretta, troppo frettolosi gli uni e gli altri. Questo pensa il dottor Sottile e ai suoi l’ha anche detto:«Frettoloso è stato Berlusconi nell’annunciare che la svolta è avvenuta. E frettolosi son stati gli altri nel chiedere il ritiro delle truppe».

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