Da Il Messaggero del 27/05/2004

Nella regione dei 61 seggi a 0 per il centrodestra, pesa la disillusione di settori economici per la politica della Cdl. Ma Miccichè minimizza

L’Ulivo moderato insidia la roccaforte del Polo

Sicilia, il Listone vuole strappare il primato a FI. L’Udc: un errore lasciarsi sfilare Latteri

di Mario Ajello

CATANIA Un sapientissimo ex ministro Dc propone questa metafora: «Qui in Sicilia non si capisce se fa freddo, se fa caldo, se piove, se nevica. Ma qualcosa sta succedendo». Forse si sta verificando un crollo o almeno un brusco arresto, quello di Forza Italia, proprio nella leggendaria roccaforte del 61 a zero alle politiche del 2001. E se è vero (come diceva Goethe) che «non conosci l’Italia se non conosci la Sicilia» e che (come sostengono i politologi) il laboratorio siciliano anticipa sempre ed evidenzia clamorosamente i trend nazionali, allora va guardato con attenzione il «caso Latteri». «Latteri? Cu minchia è Latteri?», ha detto Miccichè, plenipotenziario berlusconiano in Sicilia, volendo provocatoriamente minimizzare il passaggio del rettore di Catania da Forza Italia al Listone, sotto le cui insegne andrà a Strasburgo con una valanga di voti moderati. Latteri è il simbolo di quella parte significativa della borghesia professionale, e imprenditoriale, che ha creduto nel messaggio azzurro e ora prova a rivolgersi al centro-sinistra versione Margherita. Perchè in Sicilia, stai di qua o stai di là, ma sempre democristiano sei.

Così il Listone («Triciclo-riciclo», lo chiama Scapagnini, sindaco di Catania e frizzante medico di Berlusconi soprannominato «U Sciampagninu», lo sciampagnino) viene dato dai pronostici come primo partito sull’isola: con il 26 o 27 per cento dei consensi, due eletti (Cocilovo e Latteri, entrambi ex Dc) e il padrone dei voti diessini Crisafulli detto il «Barone Rosso» che fa votare i due moderatoni pur di punire il proprio partito che lo ha scaricato per questioni giudiziarie. Soltanto se scatterà il terzo seggio - che per il Listone significherebbe bottino pieno - andrà a un post-comunista: il movimentista del «Correntone» Claudio Fava (che preferisce non parlare di Latteri, sennò dovrebbe parlarne male) o l’abilissimo uomo d’apparato Bruno Marziano, antico comunista e presidente molto trasversale della provincia di Siracusa. Pare che Fassino tiri la volata a quest’ultimo. Miccichè ne è certo: «Nei Ds si stanno scannando!». E guarda senza trionfalismi dentro casa propria: «Più del 61 a zero non possiamo fare». Quindi il calo è messo in preventivo.

L’apparato forzista spinge per fare eleggere il giovane Castiglione, vice-presidente della Regione e potentissimo assessore all’agricoltura. O ce la farà lui - che è genero di un altro big, il senatore Pino Firrarello, e insieme rientrano in quel giro che viene accusato di aver fatto fuori Latteri - oppure la spunterà l’altro capolista: Ciccio Musotto, presidente della provincia di Palermo, e battitore libero dotato di ampie riserve di voti personali.

Una mente raffinata qual è Calogero Mannino - i cui allievi di qua o di là sono ai vertici della politica siciliana: da Cuffaro e Lombardo dell’Udc fino a Latteri - fa il seguente ragionamento: «Pezzi di economia, ormai disillusi sulla capacità del Polo di fare gli interessi dei siciliani, guardano dall’altra parte. Ma insieme ai moderati, nel Listone, ci sono i diessini. Che sono ancora inaffidabili, giustizialisti e molto condizionanti. Così anche le aspettative riposte nel moderatismo del centro-sinistra si riveleranno l’ennesima delusione». Il che, se è giusto questo scenario, creerebbe un vuoto politico in una realtà, la Sicilia appunto, che secondo lo Svimez e l’Istat è in crescita e ha un incremento del Pil superiore a quello delle altre regioni del Mezzogiorno.

Dunque una Sicilia senza leadership? Quella che c’è, rappresentata dal presidente regionale Cuffaro, è piuttosto ammaccata per vicende giudiziarie. Cuffaro comunque sarà eletto a Strasburgo e ciò magari può apparire una rimozione oppure - come dice il suo amico e collega Lombardo, vera testa poltica dell’Udc, che fa campagna per se ma soprattutto per Cuffaro - «il modo più giusto per rilanciarsi e rilegittimarsi alla guida del governo locale». Il timore che lo smottamento di Forza Italia, se ci sarà, andrà a vantaggio dell’Ulivo toglie il sonno all’Udc. Infatti proprio Lombardo - mentre Micchichè ripeteva: «Latteri? Cu minchia è Latteri» - è andato da Follini a chiedergli: «Fai di tutto, anche presso Berlusconi, per trattenere Latteri in questa coalizione». Ma le faide interne a Forza Italia hanno spinto il magnifico rettore a saltare il fosso. «Compiendo un gesto profondamente sbagliato», sottolinea Lombardo. Che con Latteri - da democristiano a democristiano - ha antica familiarità, al punto che il suo primo figlio proprio dall’attuale rettore è stato battezzato. L’Udc in ogni caso dovrebbe tenere le posizioni, e spera di intercettare (se ci saranno) i voti in uscita da Forza Italia. E anche An, il cui eletto dovrebbe essere il capolista Musumeci, non sembra in particolari difficoltà. Mentre il Listone, con la mossa Latteri, ha già incamerato una stampella centrista per la ricandidatura (e quasi certa rielezione) di Enzo Bianco a sindaco di Catania il prossimo anno. E chissà che, nell’ipotesi non surreale di dimissioni di Cuffaro qualora i giudici lo azzoppassero, per i centristi del Polo non diventi una fortuna avere dall’altra parte un Listone moderato quanto loro se non addirittura di più. Con il quale reggere le sorti della Sicilia, esattamente come faceva la Dc.

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