Da La Stampa del 09/06/2004
L'isola dei rapiti
di Massimo Gramellini
E adesso chi salverà i nostri ostaggi da Bruno Vespa? Meglio lui di un kamikaze irritato, siamo d'accordo. E' che uno spera sempre in una terza possibilità. Ma non ci sarà, specie a pochi giorni dal voto. Ne abbiamo avuto ieri un anticipo sostanzioso, con la macchina della propaganda che si è messa festosamente all'opera, in uno sfrigolar di visite ministeriali ai parenti e interviste transoceaniche a Berlusconi, mentre i telegiornali si sfidavano a colpi di titoli, il «Liberi» del Tg3 contro il «Liberàti» del Tg1, a sottintendere il ruolo attivo di quei militari «che i pacifisti volevano mandare via», ha sintetizzato Fede, soffocando a stento la tentazione di attribuire il blitz a un commando della Brigata Arcore in doppiopetto mimetico.
Eppure lo sfruttamento elettorale della loro avventura non sarà che un preludio del cammino accidentato che attende al ritorno i nostri eroi. In agguato c'è qualcosa di più appiccicoso persino dei politici: la fabbrica dei reality show. I televisionari non si faranno sfuggire l'occasione. Le prede sono di prima qualità: ragazzi atletici ma non militari, dunque senza le restrizioni imposte dalla gerarchia. Con una grande storia da raccontare e un arretrato di soldi e gloria che, se li aveva spinti a sfidare il destino in Iraq, a maggior ragione li renderà disponibili a immolarsi davanti alle telecamere di un Costanzo. Non è difficile immaginare quel che aspetta Agliana, Stefio, Cupertino e un po' anche noi nei prossimi giorni, dopo le immancabili scene dello sbarco, dei baci a mamme e fidanzate, delle prime dichiarazioni inevitabilmente banali che la solennità del momento deformerà in epocali. Finita la notizia, comincerà il commercio. Lo scavo del «lato umano», e «com'erano i carcerieri arabi visti da vicino», e «ha mai pensato di non tornare a casa», e i pianti, e gli applausi, e il rischio che anche una vicenda dall'esito per una volta positivo finisca alla lunga per diventarci insopportabile.
Eppure lo sfruttamento elettorale della loro avventura non sarà che un preludio del cammino accidentato che attende al ritorno i nostri eroi. In agguato c'è qualcosa di più appiccicoso persino dei politici: la fabbrica dei reality show. I televisionari non si faranno sfuggire l'occasione. Le prede sono di prima qualità: ragazzi atletici ma non militari, dunque senza le restrizioni imposte dalla gerarchia. Con una grande storia da raccontare e un arretrato di soldi e gloria che, se li aveva spinti a sfidare il destino in Iraq, a maggior ragione li renderà disponibili a immolarsi davanti alle telecamere di un Costanzo. Non è difficile immaginare quel che aspetta Agliana, Stefio, Cupertino e un po' anche noi nei prossimi giorni, dopo le immancabili scene dello sbarco, dei baci a mamme e fidanzate, delle prime dichiarazioni inevitabilmente banali che la solennità del momento deformerà in epocali. Finita la notizia, comincerà il commercio. Lo scavo del «lato umano», e «com'erano i carcerieri arabi visti da vicino», e «ha mai pensato di non tornare a casa», e i pianti, e gli applausi, e il rischio che anche una vicenda dall'esito per una volta positivo finisca alla lunga per diventarci insopportabile.
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