Da Corriere della Sera del 27/06/2004

Migliaia in strada a Parigi, mentre il premier Raffarin moltiplica le iniziative di sostegno

La destra francese sul carro del Gay Pride

Lo slogan della sfilata: fine dell’ipocrisia, uguaglianza. Il 64 per cento nel Paese è pronto a riconoscere il diritto all’adozione

di Massimo Nava

PARIGI - Si chiamava Sébastien Nouchet l'omosessuale bruciato vivo nel gennaio scorso. Non diventerà famoso come Giovanna d'Arco o Marianna, ma al suo nome si legherà l'ultima rivoluzione civile francese, quella degli omosessuali. In pochi mesi, quel gesto brutale ha trasformato l'intolleranza in consenso, la rivendicazione in diritto, l'indifferenza in simpatia. E ha smosso la politica, quasi sempre in ritardo sui cambiamenti. Ieri, a Parigi, il Gay Pride, non è stato importante per la partecipazione - altissima, provocatoria, colorata, rumorosa - ma per le parole d'ordine - fine dell'ipocrisia, uguaglianza - che fanno breccia nell'opinione pubblica e faranno evolvere norme e codici.

Gli slogan, sventolio di striscioni e bandiere, volo di palloncini, danze di gay, travestiti, lesbiche, transessuali, alcuni in abito da cerimonia nuziale (l'ultima delle rivendicazioni), hanno attraversato la capitale arrivando simbolicamente dentro i Palazzi del potere, con la forza delle idee e dei numeri, condizione essenziale per farsi ascoltare. E la «marcia della fierezza» ha scompaginato tradizionali confini e sensibilità del mondo politico: la sinistra non ha più il monopolio della trasgressione e della rivendicazione, la destra non vuole più identificarsi con la conservazione dei valori, il buon senso dei benpensanti o peggio con il «machismo».

E' l'ovvia conseguenza delle dimensioni di un fenomeno (o di un problema) che nelle grandi metropoli già condiziona scelte elettorali (il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, è omosessuale dichiarato), mode, consumi e gusto: in questi giorni è stata presentata la prima agenzia di viaggi esclusivamente per omosessuali.

Associazioni, club, giornali sono ormai una galassia che ha modificato il paesaggio urbano e che costituisce un formidabile gruppo di pressione. «Fine dell'ipocrisia e uguaglianza» significa anche combattere discriminazioni motivate dall'identità di sesso o dallo stato di salute, essendo la comunità omosessuale la più colpita dall'Aids.

La recente celebrazione del primo matrimonio gay in Francia conferma anche che è cambiata la qualità dei diritti rivendicati e delle aspettative: non più soltanto la tutela da ogni forma di discriminazione, ma un grande bisogno di normalità, fino ad istituzionalizzare matrimonio, famiglia, adozione. Il 64 per cento dei francesi è pronto a riconoscere questo diritto: un sondaggio che smentisce l'immagine di una Francia conservatrice nelle tradizioni o che conferma che l'omosessualità non è più marginale.

Ieri, la star del corteo era Noël Mamère, il deputato verde che ha celebrato il matrimonio e che è stato sospeso dalle sue funzioni dal ministro della giustizia, «una sanzione scandalosa», secondo il sindaco di Parigi. «La lotta all'omofobia - ha detto Mamère - è un capitolo della concezione universale dei diritti dell'uomo». Ma «la lotta alla discriminazione non è di sinistra o di destra», ha precisato un'altra star del Gay Pride, Jean Luc Romero, l'intellettuale omosessuale che si è conquistato un posto di dirigente nel partito gollista. E la «sanzione scandalosa» non significa chiusura da parte del governo.

Al contrario, il premier Raffarin ha moltiplicato le iniziative. Ha ricevuto associazioni omosessuali, ha costituito un gruppo di lavoro per migliorare la legislazione esistente (il cosiddetto «pacs» che riconosce legalità anche ai conviventi dello stesso sesso), ha presentato una legge che equipara l'omofobia a discriminazioni razziali o religiose, e ha annunciato una «commissione» della società civile per affrontare la questione del matrimonio. La commissione è formata sul modello di quella che si è espressa contro il velo islamico nelle scuole: questione che potrebbe riaprire lacerazioni e dubbi sul divieto, se il diritto alla simbologia religiosa vale meno dei comportamenti sessuali.

La destra insomma non vuol lasciare campo libero alla sinistra, anche se il matrimonio gay divide la sinistra stessa. Ieri, in prima linea, c'erano l'ex ministro della Cultura, Jack Lang, e Dominique Strauss Kahn, uno dei più accreditati candidati socialisti per l'Eliseo. Mancava però Lionel Jospin, emblema di una sinistra ancora convinta che «il genere umano non si divida fra etero e omosessuali, ma fra uomini e donne». George Sand, della quale la Francia celebra l'anniversario della nascita, provocava i benpensanti dicendo che «c'è un solo sesso», per affermare i diritti dell'individuo come cittadino. Duecento anni dopo, la Parigi borghese e intellettuale rivendica il conformismo della trasgressione radicale: fiori d'arancio per tutti. Del colore della pelle, degli immigrati, delle periferie invivibili, dell'Aids in Africa (oltre che nei locali gay) parleremo un'altra volta.

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