Da La Repubblica del 30/06/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2003/k/sezioni/cronaca/pedo/bocciafiltri/bocc...
Fermata la legge che limita l'accesso dei bambini. I giudici: "Viola il diritto di espressione"
Usa, porno libero su Internet la Corte Suprema boccia i "filtri"
di Vittorio Zucconi
WASHINGTON - Per proteggere un grande ed essenziale bene comune, la libertà di espressione, la Corte Suprema deve turarsi il naso e accettare un male, la pornografia. Nella scelta lancinante e forse impossibile tra la libertà di espressione e la protezione dei bambini, la Corte costituzionale americana è stata costretta a schierarsi dalla parte della libertà di espressione e difendere, recalcitrante, ciò che non avrebbe voluto difendere, gli spacciatori di sesso via internet. Bloccare il porno in Internet è incostituzionale.
Divisi, contrastati, niente affatto sicuri di avere fatto la scelta giusta come invece due giorni or sono fecero a larga maggioranza sui diritti legali dei sequestrati di Guantanamo negati da George Bush, le vestali della Costituzione hanno deciso per cinque voti contro quattro che lo stato dell'arte, la tecnologia, non consentono di "filtrare", come si dice nel ciber-gergo, di bloccare l'accesso dei minori alla infinita galassia dell'osceno senza limitare il diritto di tutti alla libertà di comunicazione di espressione.
Erano stati prima Clinton e poi Bush, per una volta allineati su un terreno che unisce liberal e conservatori, destra e sinistra, a muovere il ministro della Giustizia all'attacco dei siti porno che stanno proliferando ovunque come parassiti nel campo di Internet e non soltanto coinvolgono, ma puntano alla seduzione del pubblico più vulnerabile, i più giovani. Attraverso una nuova legge, e con querele contro i mercanti di "smut", di porcherie, avevano chiesto ai tribunali ordinari di imporre meccanismi per oscurare quei siti e impedire l'accesso ai minori di 18 anni. Si era tentato con le carte di credito, le "password", le firme elettroniche per assicurare che l'utente fosse un adulto.
Ma come già in passato aveva fatto vittoriosamente Larry Flint, l'editore di Hustler, uno dei più truci settimanali porno, anche i produttori dei 372 milioni di pagine elettroniche dedicate a ogni forma di sesso e di perversione in 68 milioni di siti, si erano difesi agitando il Primo Emendamento della Costituzione, quello che proibisce al Parlamento, e all'Esecutivo, di promulgare leggi o prendere misure che limitino la libertà di espressione. E il caso è inevitabilmente rotolato laddove tutte la grandi controversie sociali, legali e costituzionali finiscono negli Stati Uniti, sul lungo tavolo dei nove Supreme Justices a Washington, le due donne e i sette uomini della Corte Suprema. Tra i quali un giudice, Clarence Thomas, che fu accusato pubblicamente durante le udienze in Senato per la sua conferma, di essere un entusiastico consumatore di film sexy.
E cinque di loro, con il dispositivo finale scritto dal settantenne giudice Kennedy, hanno dovuto a malincuore concludere che la tecnologia dell'oscenità ha saputo correre più veloce della giurisprudenza. Gli strumenti indicati dal Parlamento per bloccare l'accesso erano troppo rudimentali e drastici e avrebbero "limitato il legittimo accesso di cittadini adulti al medium di Internet" che devono mantenere il loro diritto a vedere e leggere e produrre. Come ha commentato uno degli avvocati della American Civil Liberties Union, l'associazione libertaria che sempre difende la sacralità dei diritti costituzionale anche a prezzo di grande impopolarità come in questo caso, la "Corte ha dovuto riconoscere che la situazione era quella di una famiglia costretta bruciare la casa per distruggere gli scarafaggi" e per difendere la casa della Costituzione, allo stato attuale della tecnologia, si è costretti a sopportare la presenza degli insetti.
Ma neppure le cinque "toghe nere" che hanno scelto di stare dalla parte della libertà di espressione infestata da parassiti che incassano 12 miliardi di dollari all'anno via Internet soltanto negli Usa (più delle tre massime network televisive nazionali) sono convinti che pornografia e libertà siano sinonimi. Hanno rinviato il caso ai tribunali di grado inferiore, perché riesaminino, insieme con gli avvocati del governo, il caso e studino quali modifiche possano essere fatte alla legge per renderla compatibile con il sacrosanto "primo emendamento". Non è stata dunque una segnalazione di via libera, né un'assoluzione, quella che la suprema magistratura costituzionale ha concesso ai piazzisti del porno, ma una proroga in attesa che l'industria di Internet trovi l'insetticida giusto per sterminare gli scarafaggi senza distruggere la casa.
Divisi, contrastati, niente affatto sicuri di avere fatto la scelta giusta come invece due giorni or sono fecero a larga maggioranza sui diritti legali dei sequestrati di Guantanamo negati da George Bush, le vestali della Costituzione hanno deciso per cinque voti contro quattro che lo stato dell'arte, la tecnologia, non consentono di "filtrare", come si dice nel ciber-gergo, di bloccare l'accesso dei minori alla infinita galassia dell'osceno senza limitare il diritto di tutti alla libertà di comunicazione di espressione.
Erano stati prima Clinton e poi Bush, per una volta allineati su un terreno che unisce liberal e conservatori, destra e sinistra, a muovere il ministro della Giustizia all'attacco dei siti porno che stanno proliferando ovunque come parassiti nel campo di Internet e non soltanto coinvolgono, ma puntano alla seduzione del pubblico più vulnerabile, i più giovani. Attraverso una nuova legge, e con querele contro i mercanti di "smut", di porcherie, avevano chiesto ai tribunali ordinari di imporre meccanismi per oscurare quei siti e impedire l'accesso ai minori di 18 anni. Si era tentato con le carte di credito, le "password", le firme elettroniche per assicurare che l'utente fosse un adulto.
Ma come già in passato aveva fatto vittoriosamente Larry Flint, l'editore di Hustler, uno dei più truci settimanali porno, anche i produttori dei 372 milioni di pagine elettroniche dedicate a ogni forma di sesso e di perversione in 68 milioni di siti, si erano difesi agitando il Primo Emendamento della Costituzione, quello che proibisce al Parlamento, e all'Esecutivo, di promulgare leggi o prendere misure che limitino la libertà di espressione. E il caso è inevitabilmente rotolato laddove tutte la grandi controversie sociali, legali e costituzionali finiscono negli Stati Uniti, sul lungo tavolo dei nove Supreme Justices a Washington, le due donne e i sette uomini della Corte Suprema. Tra i quali un giudice, Clarence Thomas, che fu accusato pubblicamente durante le udienze in Senato per la sua conferma, di essere un entusiastico consumatore di film sexy.
E cinque di loro, con il dispositivo finale scritto dal settantenne giudice Kennedy, hanno dovuto a malincuore concludere che la tecnologia dell'oscenità ha saputo correre più veloce della giurisprudenza. Gli strumenti indicati dal Parlamento per bloccare l'accesso erano troppo rudimentali e drastici e avrebbero "limitato il legittimo accesso di cittadini adulti al medium di Internet" che devono mantenere il loro diritto a vedere e leggere e produrre. Come ha commentato uno degli avvocati della American Civil Liberties Union, l'associazione libertaria che sempre difende la sacralità dei diritti costituzionale anche a prezzo di grande impopolarità come in questo caso, la "Corte ha dovuto riconoscere che la situazione era quella di una famiglia costretta bruciare la casa per distruggere gli scarafaggi" e per difendere la casa della Costituzione, allo stato attuale della tecnologia, si è costretti a sopportare la presenza degli insetti.
Ma neppure le cinque "toghe nere" che hanno scelto di stare dalla parte della libertà di espressione infestata da parassiti che incassano 12 miliardi di dollari all'anno via Internet soltanto negli Usa (più delle tre massime network televisive nazionali) sono convinti che pornografia e libertà siano sinonimi. Hanno rinviato il caso ai tribunali di grado inferiore, perché riesaminino, insieme con gli avvocati del governo, il caso e studino quali modifiche possano essere fatte alla legge per renderla compatibile con il sacrosanto "primo emendamento". Non è stata dunque una segnalazione di via libera, né un'assoluzione, quella che la suprema magistratura costituzionale ha concesso ai piazzisti del porno, ma una proroga in attesa che l'industria di Internet trovi l'insetticida giusto per sterminare gli scarafaggi senza distruggere la casa.
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