Da Corriere della Sera del 09/07/2004

Silvio e Antonio, dal silenzio ai sussurri all’orecchio

Fino alla notte precedente il premier-ministro non era sicuro di intervenire. Poi invece tre quarti d’ora di relazione sulle cose fatte e da fare. E, alla fine, l’omaggio a colui che è stato l’avversario-ombra degli ultimi mesi

di Maria Latella

ROMA - Luca di Montezemolo, competente in materia, forse è stato il primo a capire dove il Cavaliere vuole andare a parare: dopo la partenza a razzo e il riuscito pit stop di Bruxelles, il Cavaliere vuole controllare la corsa e rallenta il ritmo della gara. Bastava ascoltarlo, ieri, seduto accanto al governatore Antonio Fazio e di fronte ai banchieri d’Italia. Bastava guardarlo, e ascoltarlo: ha promesso la riduzione dell’Irap, gli incentivi alle Pmi, un’agevolazione fiscale per le aziende e, per calmare la maggioranza, una terza aliquota per i redditi più alti. Consapevole di aver scompaginato le scuderie della maggioranza e dell’opposizione, ieri mattina il Cavaliere ha virtualmente sollevato il piede dall’acceleratore, per addormentare la corsa ed arrivare al traguardo del suo Dpef. Intervenendo all’assemblea annuale dell’Abi, travestito da grande anestetista, ha iniettato a destra e a manca dosi di affermazioni tranquillizzanti. Ma il gran finale era tutto per l’uomo che è stato avversario-ombra degli ultimi mesi. Il gran finale è stato per Antonio Fazio. A lui è andato «l’apprezzamento del governo». Sono le 10.55 quando il governatore di Bankitalia rompe il ghiaccio per primo. Si avvicina all’orecchio del premier, sussurrando qualcosa sul fondo di garanzia di cui, in quel momento, sta parlando il presidente dell’Abi, Maurizio Sella. Berlusconi annuisce, poi torna a riprendere appunti e quando Sella conclude l’intervento, è il primo ad applaudire. La tensione di mesi, l’inverno dello scontento dei banchieri, si scioglie nella mano tesa dal Cavaliere a Sella. Si alza perfino, come usa nei convegni quando uno dei relatori apprezza particolarmente un intervento. Ora tocca ad Antonio Fazio dire la sua. Il Cavaliere si mette comodo, sottolinea passaggi del discorso, si fa particolarmente attento quando il Governatore parla di una politica economica «credibile e condivisa». Anche per il Governatore ci saranno gli applausi berlusconiani e, naturalmente, la stretta di mano, ma se è vero che il linguaggio del corpo tradisce i pensieri e gli stati d’animo, ebbene, è nel toccarsi il braccio, ripetutamente, una volta Fazio su Berlusconi, un’altra Berlusconi su Fazio, che sta tutta la ripresa dei rapporti. Sono due che, essendosi a lungo fronteggiati senza parlarsi, sperimentano tentativi di dialogo, anche un po’ goffamente, senza sapere se e come andranno a buon fine. Influenzato dalle prove di contatto, Berlusconi finisce col ritrovarsi a mettere una mano pure sul braccio del banchiere Sella. Biellese composto, il banchiere appare alquanto perplesso.

«Non era previsto che io parlassi» esordisce il presidente del Consiglio prendendo la parola in quanto ministro ad interim dell’Economia. Non era previsto se fosse rimasto solo presidente del Consiglio e comunque, almeno fino all’una della notte precedente, non era neppure sicuro di farlo, l’intervento. Perché chiacchierando nella tranquillità della sua stanza romana, lui in poltrona e un paio di vecchi amici sul divano, c’era chi insisteva nel suggerirgli di non intervenire, di mantenere un profilo di semi-assenza dalla scena. Ma il Cavaliere, si sa, quando trova una scena non resiste alla voglia di possederla.

Ecco dunque che intorno alle 11 si impadronisce del microfono e per tre quarti d’ora sgrana alla platea di tecnici, alcuni anche sofisticati, il solito rosario delle cose fatte e delle riforme da fare. Tutta roba che si poteva condensare in cinque minuti buoni, «un comizio - sbuffa il senatore diessino Franco Debenedetti -. Un comizio non convincente e forse neppure tanto convinto». Il suo meglio, infatti, il Cavaliere lo tira fuori verso la fine, quando - assolutamente consapevole di parlare a una platea che non condivide il suo stile - metterà le carte in tavola: «Io forse ho scarso senso dello Stato, ma ho molto senso dei cittadini». Oppure quando dirà: «Uno che come me ne ha viste tante, e per tante notti è rimasto sveglio a guardare il soffitto perché doveva prendere decisioni capitali, non è diventato di colpo incapace di decidere». O ancora quando sceglierà il postulato che, in politica, rassicura: «Stabilità. Questo nuovo corso della politica deve garantire stabilità».

Ed è qui, sul finale, che spunta quell’avverbio «giustamente» applicato al discorso del governatore Fazio. «Come ha giustamente ricordato il Governatore, il sistema bancario deve fare da supporto alle imprese che vogliono espandersi all’estero». Giancarlo Giorgetti, il leghista tra i più vicini al Senatur, fa un balzo sulla sua poltroncina: «Devo correre da Bossi, queste cose lui le deve sapere», sussurra lasciando l’Auditorium. Berlusconi e Fazio, intanto, si stringono la mano sorridendo.

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