Da Corriere della Sera del 21/07/2004

Slitta il Dpef, verso la fiducia sul taglia-spese

L’annuncio di Giovanardi. Fini: non mi risulta. Forse oggi un vertice sulla riduzione delle tasse

di Mario Sensini

ROMA - «Read my lips, no new taxes» disse George Bush padre invitando gli americani a leggere dalle sue labbra la promessa che non avrebbe imposto nuove tasse. «Read my lips, non so nulla» dice invece il ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco, a chi gli chiede quando arriverà il Documento di programmazione con il piano dei tagli fiscali previsto per il 2005. Segno evidente che l’incertezza ancora ieri dominava i programmi dell’esecutivo. Sul Dpef e le tasse, ma anche sulla manovra che riduce il deficit 2004 di 5,5 miliardi e che oggi sarà in aula alla Camera, non si sa ancora se con o senza fiducia.


DPEF E TASSE - «La verità è che non c’è ancora un input politico sulle tasse e sul piano di rilancio dell’economia» spiega una fonte di governo. Al ministero dell’Economia, insomma, attendono segnali. Lo conferma il sottosegretario Gianluigi Magri: «Il quadro del Dpef è completo, le linee generali ci sono». E sarebbero anche positive, perché secondo gli ultimi calcoli la crescita nel 2005 è ora prevista tra l’1,9 e il 2,1% a prescindere dalla «scossa fiscale», grazie al recupero delle esportazioni (che ridurrebbero l’apporto negativo alla crescita da -0,9 a -0,2 punti di pil) e alla tenuta dei consumi.

In attesa dell’«input», che forse arriverà oggi da un vertice di maggioranza dedicato proprio ai temi dell’economia, le possibilità restano due. Varare la prossima settimana (forse martedì) un Dpef molto leggero, poche cartelle con qualche dato sulle tendenze di fondo dell’economia e poco più che una dichiarazione di intenti sulle tasse, o rinviare tutto all’inizio di settembre. Anche se, in teoria, resta sempre in piedi la possibilità di definire subito gli sgravi fiscali 2005, ai quali Berlusconi non vuole rinunciare, con un decreto legislativo e la relativa copertura fatta di tagli alla spesa. Potrebbe stimolare da subito la crescita del pil, ridurre il tendenziale di deficit del 2005 e rendere meno pesante la correzione dei conti che sarà comunque necessaria per mantenere il deficit sotto il 3% del pil. Che era poi l’idea di Giulio Tremonti, rivelatasi a suo tempo impraticabile dal punto di vista politico. Per il momento, tuttavia, l’attenzione dell’Economia si concentra sulla manovra correttiva di metà anno all’esame del Parlamento.


LA MANOVRA - A via XX Settembre stanno studiando alcuni emendamenti: sul condono edilizio, per recepire le indicazioni delle Regioni, e sui tagli alla Difesa, che verranno dimezzati rispetto agli 1,8 miliardi previsti dal decreto originario (da compensare, comunque, con altri 900 milioni di tagli da qualche altra parte). Si cerca anche di rendere meno amaro il piatto per gli enti locali, che continuano a protestare contro i tagli annunciati e che ieri hanno cercato l’intercessione del presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini. Per convincere il governo si sta adoperando Giancarlo Giorgetti, della Lega Nord, ma il sottosegretario dell’Economia, Giuseppe Vegas, ammette che non sarà facile venire incontro alle richieste degli enti locali.

C’è, poi, il problema della fiducia. Servirebbe per blindare il decreto (che scade il 12 settembre) e farlo approvare anche dal Senato prima della pausa estiva. Ieri sono giunte indicazioni contraddittorie. Mentre il ministro dei Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi annunciava che la fiducia era stata già autorizzata dal Consiglio dei ministri, il vicepresidente Gianfranco Fini sottolineava che non era prevista. «Anche se qualcuno dice di no, la fiducia è una possibilità concreta» ha detto Giorgetti. Potrebbe arrivare oggi in Aula insieme agli emendamenti, per essere votata domani.

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