Da La Repubblica del 26/07/2004

Trafficanti internazionali, mercenari, ex militari comunisti: tutta l´area è una miniera per il ricco business occidentale

L´Africa invasa dalle armi spazzatura

Fides denuncia: pistole, kalashnikov e granate sono decine di milioni

Un commercio illegale spesso legato a quello di materie prime preziose e di diamanti
Il traffico, spesso con l´appoggio dei governi, alimenta conflitti come quello del Darfur

di Francesca Caferri

Gli elicotteri atterrano nei pressi del campo di Musa Hilal, vicino a Kebkabiya, ai margini della regione del Darfur tre volte a settimana, di solito la sera o la mattina presto: le portiere con le insegne del governo sudanese si aprono e velocemente vengono scaricati scatoloni con armi, munizioni e cibo. Ad aspettarli miliziani Janjawid: una volta preso possesso del carico spariscono veloci, per tornare ad attaccare quella stessa popolazione del Darfur che il governo di Khartoum afferma di voler proteggere.

L´episodio - raccontato agli emissari di Human rights watch da uno dei profughi di Musa Hilal - è solo un tassello di uno dei fenomeni più sfuggenti del continente africano, quello dell´immenso traffico di armi che alimenta i tanti conflitti dimenticati di questa area. In tutto, secondo lo Small Arms Survey, rapporto che ogni anno fa il punto sulla diffusione di armi leggere nel mondo, sono oltre 30 milioni gli strumenti di questo tipo in circolazione nell´Africa sub-sahariana; per l´Onu ce ne sono 7-8 milioni in quella occidentale: kalashnikov, granate, pistole. Oggetti piccoli e semplici da usare, adatti a combattimenti che non si svolgono su fronti precisi, ma sono fatti di imboscate e assalti, lunghe marce e campi mobili. E dove spesso a combattere sono soldati poco più che bambini: in Africa, l´Unicef ne conta 120mila.

Difficile capire da dove arrivano le armi che maneggiano: «Tra la spedizione e la consegna agiscono molti attori, istituzionali e non, che danno via un intreccio piuttosto complesso che si interseca con lo sfruttamento e la vendita illegale di materiali preziosi come diamanti, oro, coltan o risorse internazionali», spiega in un´intervista al settimanale Vita Johan Peleman, uno dei massimi esperti del traffico di armi in Africa.

Per cercare di ricostruire le vie che alimentano il traffico di armi in quel continente, l´agenzia vaticana Fides ha messo in moto la sua rete di missionari. Dal loro lavoro è emersa una fotografia complessa, fatta di trafficanti che smerciano gli arsenali in disuso dei paesi dell´ex Patto di Varsavia, produttori locali, e mercenari, arrivati da tutte le parti del mondo per prestare servizio nelle oltre 90 "milizie di sicurezza" attive in terra africana in questo momento. Il dato che emerge con maggiore evidenza dal dossier è quello di un "continente spazzatura", dove vengono inviate e rivendute a basso prezzo armi vecchie, provenienti sia dagli arsenali in via di ammodernamento dei paesi occidentali o delle nuove potenze militari mondiali (con la Cina in primo piano), sia da quelli dei paesi dell´Europa orientale: quintali di pistole, mitragliette e granate nascoste nei piccoli aerei che ogni giorno solcano i cieli africani, ufficialmente per portare vestiti o aiuti. I velivoli atterrano e decollano in "piste fantasma", destinate a scomparire nel giro di pochi giorni: controllarli tutti è pressoché impossibile. «Le vittime di questo commercio sono i civili, donne e bambini in particolare», spiega lo studio di Fides, che cita il Darfur come caso esemplare: inutile imporre un embargo contro le milizie Janjawid se non si fa altrettanto contro il governo sudanese «che arma e dirige queste milizie».

Ma anche le sanzioni internazionali possono non bastare. Negli ultimi 20 anni, l´Africa è stato il palcoscenico di decine di guerre, più o meno dichiarate. Spesso agli accordi di pace non sono seguiti i processi di disarmo dei combattenti: così, molte delle armi usate in un conflitto sono state raccolte e rivendute. È il caso della guerra civile in Costa d´Avorio, scoppiata nel settembre 2002, dove sono ricomparsi fucili e mitragliette che avevano appena finito di sparare in Angola, in un conflitto durato 25 anni.

Di stato in stato, di guerra in guerra, le armi leggere si muovono praticamente senza controllo attraverso tutta l´Africa. Difficile imporre un controllo governativo su un settore tanto delicato: del resto, l´80 per cento delle armi leggere in circolazione in Africa è nelle mani di civili, e la moratoria sull´importazione, l´esportazione e la produzione di armi leggere siglata nel '98 in Ghana da 16 paesi dell´Africa occidentale è difficilmente applicabile in assenza di una marcatura internazionale per rintracciare le origini di ogni pezzo. A complicare ulteriormente la questione è arrivato negli ultimi anni lo sviluppo dell´industria locale: paesi come Egitto, Namibia, Nigeria e soprattutto Sudafrica hanno fatto della produzione di armamenti una voce importante del bilancio statale. Difficilmente accetteranno di limitarla o sottoporla a rigidi controlli.

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