Da La Repubblica del 02/08/2004

Con la fine dei 300 miliardi di dollari di sussidi all´agricoltura, salirà l´import dai paesi emergenti

Uno stop all´egoismo dei ricchi Cina, India e Brasile i beneficiari

Se gli impegni saranno mantenuti, potremo fare la spesa al supermarket a costi molti più convenienti
Gli aiuti americani ed europei tengono alti i prezzi e strozzano la concorrenza del Terzo Mondo
La Banca Mondiale stima che la liberalizzazione darà alla crescita un contributo di oltre 500 miliardi di dollari
L´ottimismo però è prematuro: le resistenze dei paesi industrializzati si faranno sentire presto

di Federico Rampini

È UNA svolta storica, proclamano l´Europa e l´America unite. Le nazioni ricche hanno finalmente messo da parte anni di egoismo commerciale distruttivo. Hanno mantenuto la promessa fatta ai poveri della terra: apriremo i nostri mercati ai prodotti agricoli dell´emisfero Sud. I privilegi che hanno ingrassato le lobby degli agricoltori europei e americani hanno i giorni contati. Le barriere protezionistiche cadranno.

Le nostre montagne di eccedenze agricole non verranno più sussidiate all´esportazione, rovinando i contadini poveri del Terzo mondo. L´accordo raggiunto in seno all´Organizzazione del commercio mondiale (Wto) promette di mettere la parola fine a una delle più vistose ingiustizie dell´economia mondiale: 300 miliardi di dollari di sussidi pubblici versati ogni anno da Bruxelles e da Washington ai propri agricoltori. Un enorme flusso di sovvenzioni che, soprattutto nel caso europeo, uniti alle barriere protettive hanno un effetto due volte perverso: tengono artificialmente alti i prezzi alimentari nei supermercati italiani, francesi e tedeschi; al tempo stesso inondano i mercati mondiali di prodotti agricoli venduti sottocosto che fanno una concorrenza sleale agli agricoltori africani, latinoamericani, asiatici: le zone del mondo dove si concentra il 96% dei contadini (mentre in Europa la potente constituency agricola ormai rappresenta meno del 5% della nostra popolazione attiva).

L´intesa raggiunta al Wto sembra davvero segnare l´inizio della fine di una grande vergogna. Cancella il ricordo di un altro negoziato finito malamente, un anno fa a Cancùn, quando l´Unione europea aveva fatto quadrato in difesa della sua politica agricola, finendo isolata dal resto del mondo. Ora la Banca mondiale calcola che lo smantellamento di quei 300 miliardi di dollari di sussidi avrà un effetto moltiplicatore su tutta la crescita mondiale: grazie all´aumento del commercio internazionale Nord-Sud, il Pil dell´intero pianeta aumenterà di oltre 500 miliardi di dollari di qui al 2015. Alla fine si innescherà un circolo virtuoso da cui anche le economie più avanzate trarranno beneficio, perché l´aumento del potere d´acquisto dei paesi emergenti li trasformerà in mercati più appetibili per la nostra industria.

L´ottimismo di questa versione ufficiale in realtà è prematuro. L´esperienza invita a diffidare. Non a caso i commenti più cauti vengono dal fronte delle Organizzazioni non governative impegnate nella lotta alla fame, che conoscono meglio di altri le cause del sottosviluppo. Anche nello scenario più ottimistico, i veri beneficiari dell´accordo Wto non saranno quelli che ne hanno più bisogno.

La prima cautela impone di aspettare che il grande accordo politico venga tradotto in riforme concrete. Troppe volte in passato gli annunci di principio sono stati svuotati quando l´esercito dei tecnocrati europei, funzionari ministeriali nazionali, parlamentari, avvocati e lobbisti si sono impadroniti della stesura delle leggi e dei regolamenti. E´ in quella fase che il potere dei paesi ricchi di piegare e distorcere il mercato è micidiale, di fronte ad avversari troppo più deboli sul terreno tecnico. Le opinioni pubbliche dei paesi ricchi hanno l´attenzione breve, subiscono l´effetto di annuncio del grande accordo; se in futuro l´applicazione sarà deludente e inadempiente, le proteste del Terzo mondo e delle Ong passeranno inosservate. Il calendario politico contiene delle incognite. Negli Stati Uniti la promessa di smantellare i sussidi agricoli non sarà certo mantenuta prima delle elezioni presidenziali. Dopo, chissà: su questo fronte una vittoria di John Kerry purtroppo non sarebbe di buon auspicio, visti gli umori protezionistici che covano in seno al partito democratico. Nell´Unione europea una Commissione Barroso di fresca nomina dovrà vedersela con il probabile tentativo della Francia di rimangiarsi tutte le concessioni fatte e di mantenere intatti i ricchi aiuti alla paysannerie.

La seconda ragione di diffidenza è la lezione di Cancùn 2003. Nel vertice del Wto di un anno fa la vera novità fu la forza politica conquistata dal Gruppo dei Venti, una nuova coalizione di potenze economiche emergenti guidata da Cina, India, Brasile e Messico. Furono i nuovi grandi dell´economia mondiale a mettere alle strette Bruxelles e Washington, impedendo che l´alleanza euro-americana dettasse legge a tutti gli altri. Non è quindi per un´improvvisa e illuminata generosità che l´Unione europea e gli Stati Uniti hanno ceduto sul protezionismo agricolo: hanno dovuto prendere atto che i rapporti di forza in seno al Wto sono cambiati. Ma la dinamica che ha costretto i ricchi a cedere indica anche i veri beneficiari di questo accordo. Cina, India, Brasile e Messico hanno la capacità di sfruttare l´apertura dei nostri mercati; le loro esportazioni agricole si uniranno a quelle dell´Australia e della Nuova Zelanda, paesi dalle agricolture produttive ed efficienti, per invadere i nostri mercati. Buon per loro, e buon per il consumatore europeo che a medio termine dovrebbe finalmente fare la spesa a prezzi "di mercato mondiale" (molto più bassi dei nostri), anziché versare alla cassa del supermercato una tassa occulta alla lobby dei nostri agricoltori assistiti. Ma da qui a sperare che cambino le cose anche per i contadini dei paesi veramente poveri, ce ne corre. Le Ong più esperte come Oxfam hanno denunciato da tempo l´illusione che basti ridurre il protezionismo doganale e tariffario per cambiare il destino dell´agricoltura africana. In mancanza di infrastrutture di trasporto efficienti, di tecniche di coltivazione moderne, di condizioni igienico-sanitarie adeguate, i nostri mercati resteranno irraggiungibili per i produttori più poveri e numerosi dell´emisfero Sud. L´arretratezza delle reti di trasporto e distribuzione è così drammatica, che in certi casi i beni alimentari "viaggiano" da un paese africano all´Europa, per raggiungere infine un altro paese africano. Il sisma che ha sconvolto il mercato mondiale del caffè, dove i prezzi sono crollati e i tradizionali produttori dell´America centrale e dell´Africa sono stati sbaragliati dalla nuova concorrenza del Vietnam, è un anticipo dei possibili effetti dell´intesa al Wto. Anche nell´agricoltura, l´Asia è già pronta a competere e non ci darà tregua. Invece altre parti del mondo non hanno mai visto passare il treno della globalizzazione, e hanno bisogno di terapie radicali per affacciarsi nel circuito dell´economia mondiale.

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