Da Corriere della Sera del 01/09/2004
Dall’Hezbollah libanese ai palestinesi di Hamas, coro di voci dal mondo arabo in favore di Chesnot e Malbrunot
E da Bagdad va in onda l’appello degli ulema
Le massime autorità sunnite: «Qualsiasi violenza contro i due reporter sarebbe un errore»
di Lorenzo Cremonesi
BAGDAD - Un altro rinvio. Sarebbe stato esteso di altre 24 ore, sino a mercoledì sera, l'ultimatum per i due giornalisti francesi nelle mani degli estremisti islamici in Iraq. Lo afferma al Cairo il segretario della Lega Araba, Amr Mussa, citando non meglio precisati «esponenti iracheni». Così per la terza volta in meno di una settimana la sorte degli inviati di Radio France International , Christian Chesnot, e di Le Figaro , Georges Malbrunot, torna alla volontà del gruppo che li aveva rapiti il 20 agosto sulla provinciale tra Bagdad e Najaf.
Nel frattempo sono tante, tantissime, le voci del mondo arabo e islamico che ieri si sono aggiunte al coro per la loro liberazione.
Ieri sera, allo scadere del secondo ultimatum entro la mezzanotte, in Iraq la lista era impressionante. Dagli Ulema, il consiglio di oltre 3.200 noti studiosi del Corano sunniti, ai fondamentalisti sciiti di Moqtada al Sadr. Passando quindi per il governo Allawi, le associazioni dei giornalisti locali, la gente della strada.
Ma il segnale più rilevante del grande successo della diplomazia di Parigi proveniva dalla striscia di Gaza. Dove persino i portavoce di Hamas e della Jihad islamica, pur braccati dagli israeliani dopo l'attentato kamikaze di Beersheva, avevano il tempo per spendere una parola a favore dei due ostaggi. «Liberateli. I francesi sono un popolo amico. E concentratevi piuttosto contro le forze di occupazione statunitensi in Iraq», ha dichiarato tra gli altri il portavoce di Hamas, Abu Zuhri. Non dimenticando anche di condannare l'assassinio di Enzo Baldoni. Parole simili anche da un altro gruppo tradizionalmente legato alla violenza terrorista. Da Beirut i radicali sciiti dell'Hezbollah («Il Partito di Dio») facevano sapere in un comunicato che «l'interesse è di restituire la libertà al più presto ai due francesi perché l'attenzione deve restare concentrata sui crimini delle forze Usa in Iraq». Con un'aggiunta importante: «l'assassinio dei due reporter sarebbe contrario agli interessi del popolo iracheno». E dalla Siria interviene il gran Muftì Ahmad Kuffaro.
Il messaggio dei radicali è molto semplice. Il rapimento di Chesnot e Malbrunot non solo è un errore, ma anche controproducente. Un ragionamento che non ha nulla a che vedere con le campagne in difesa per la libertà di stampa, di rispetto per la democrazia o la vita umana. Ma unicamente considerazioni molto pragmatiche contro la politica americana in Iraq e la necessità di valorizzare la posizione francese contraria alla guerra del Golfo l'anno scorso. Ciò a dire che, se i giornalisti fossero di un Paese considerato «nemico» e le loro posizioni non particolarmente filo-arabe, non sarebbe necessario mobilitarsi per la loro salvezza. «I due giornalisti rapiti sono tradizionalmente amici del mondo arabo», ripetono anche Al Cairo e Amman i leader dei due governi visitati nelle ultime ore dal capo della diplomazia francese, Michel Barnier. Il suo braccio destro per il Medio Oriente al Quay d'Orsay, Hubert Colin de Verdiere, continua nel frattempo la missione a Bagdad (non si esclude possa venire raggiunto nelle prossime ore dallo stesso Barnier). E il risultato più clamoroso è stato l'appello letto dal Consiglio degli Ulema di Bagdad alle due televisioni più diffuse nel mondo arabo, Al Jazira e Al Arabiya , per la liberazione dei due reporter. «Ci spiace non essere riusciti a entrare in contatto diretto con i rapitori. Ma sappiate che qualsiasi violenza contro i due giornalisti sarebbe un errore», dichiarava un loro portavoce, lo sceicco Mohammed Bashar al-Faydhi.
Nel frattempo sono tante, tantissime, le voci del mondo arabo e islamico che ieri si sono aggiunte al coro per la loro liberazione.
Ieri sera, allo scadere del secondo ultimatum entro la mezzanotte, in Iraq la lista era impressionante. Dagli Ulema, il consiglio di oltre 3.200 noti studiosi del Corano sunniti, ai fondamentalisti sciiti di Moqtada al Sadr. Passando quindi per il governo Allawi, le associazioni dei giornalisti locali, la gente della strada.
Ma il segnale più rilevante del grande successo della diplomazia di Parigi proveniva dalla striscia di Gaza. Dove persino i portavoce di Hamas e della Jihad islamica, pur braccati dagli israeliani dopo l'attentato kamikaze di Beersheva, avevano il tempo per spendere una parola a favore dei due ostaggi. «Liberateli. I francesi sono un popolo amico. E concentratevi piuttosto contro le forze di occupazione statunitensi in Iraq», ha dichiarato tra gli altri il portavoce di Hamas, Abu Zuhri. Non dimenticando anche di condannare l'assassinio di Enzo Baldoni. Parole simili anche da un altro gruppo tradizionalmente legato alla violenza terrorista. Da Beirut i radicali sciiti dell'Hezbollah («Il Partito di Dio») facevano sapere in un comunicato che «l'interesse è di restituire la libertà al più presto ai due francesi perché l'attenzione deve restare concentrata sui crimini delle forze Usa in Iraq». Con un'aggiunta importante: «l'assassinio dei due reporter sarebbe contrario agli interessi del popolo iracheno». E dalla Siria interviene il gran Muftì Ahmad Kuffaro.
Il messaggio dei radicali è molto semplice. Il rapimento di Chesnot e Malbrunot non solo è un errore, ma anche controproducente. Un ragionamento che non ha nulla a che vedere con le campagne in difesa per la libertà di stampa, di rispetto per la democrazia o la vita umana. Ma unicamente considerazioni molto pragmatiche contro la politica americana in Iraq e la necessità di valorizzare la posizione francese contraria alla guerra del Golfo l'anno scorso. Ciò a dire che, se i giornalisti fossero di un Paese considerato «nemico» e le loro posizioni non particolarmente filo-arabe, non sarebbe necessario mobilitarsi per la loro salvezza. «I due giornalisti rapiti sono tradizionalmente amici del mondo arabo», ripetono anche Al Cairo e Amman i leader dei due governi visitati nelle ultime ore dal capo della diplomazia francese, Michel Barnier. Il suo braccio destro per il Medio Oriente al Quay d'Orsay, Hubert Colin de Verdiere, continua nel frattempo la missione a Bagdad (non si esclude possa venire raggiunto nelle prossime ore dallo stesso Barnier). E il risultato più clamoroso è stato l'appello letto dal Consiglio degli Ulema di Bagdad alle due televisioni più diffuse nel mondo arabo, Al Jazira e Al Arabiya , per la liberazione dei due reporter. «Ci spiace non essere riusciti a entrare in contatto diretto con i rapitori. Ma sappiate che qualsiasi violenza contro i due giornalisti sarebbe un errore», dichiarava un loro portavoce, lo sceicco Mohammed Bashar al-Faydhi.
Sullo stesso argomento
Articoli in archivio
Qualche giorno fa il rilascio sembrava imminente. Ma molte speranze si sono dissolte
In mano a mediatori o guerriglieri? Parigi ha perso il filo del dialogo
In mano a mediatori o guerriglieri? Parigi ha perso il filo del dialogo
di Lorenzo Cremonesi su Corriere della Sera del 07/09/2004
Un nuovo ricatto, la Francia teme per gli ostaggi
Via Internet richiesta di 5 milioni e ultimatum di 48 ore per i due reporter in Iraq. Ma il governo non sa se credere al messaggio
Via Internet richiesta di 5 milioni e ultimatum di 48 ore per i due reporter in Iraq. Ma il governo non sa se credere al messaggio
di Massimo Nava su Corriere della Sera del 07/09/2004
di Massimo Nava su Corriere della Sera del 02/09/2004
News in archivio
su Corriere della Sera del 28/09/2006