Da La Repubblica del 19/08/2004

Il partito del premier a congresso deve votare l´apertura ai laburisti. Il leader dell´Anp è intervenuto a Ramallah

Israele, Sharon sfida i ribelli del Likud Arafat fa autocritica: Errori inaccettabili

Il presidente dell´Anp ha detto: "Dobbiamo imparare dai nostri sbagli e correggerli"
Il premier vuole aprire al partito di Peres per avere l´appoggio al suo piano di ritiro da Gaza

di Marco Ansaldo

RAMALLAH - Sharon e Arafat si sono misurati ieri, a poche ore l´uno dall´altro, in un inedito confronto con i loro delegati. Ma i discorsi dei leader israeliano e palestinese invece di riaffermare la loro leadership hanno piuttosto evidenziato le difficoltà interne i cui entrambi si trovano.

La campana ha suonato soprattutto per Ariel Sharon. In un drammatico intervento rivolto al Comitato centrale del Likud, il suo partito, il premier ha fatto appello «all´unità»: «Altrimenti - ha avvertito tra molti fischi - rischiamo la scissione». I circa 3.000 delegati sono chiamati in nottata a votare a scrutinio segreto sulla proposta di dare o no al primo ministro il mandato di negoziare una nuova coalizione facendo entrare i laburisti di Shimon Peres. L´intenzione del leader conservatore è infatti di rafforzare le posizioni moderate del governo per far digerire all´esecutivo il suo piano di ritiro dalla Striscia di Gaza. Progetto però contrastato dagli esponenti più duri, che vedrebbero in questo modo diminuire il loro potere, se non le poltrone ministeriali su cui siedono. In serata i sondaggi interni sul voto imminente davano Sharon come nettamente sconfitto. Ma al momento della conta finale, un colpo di scena: il computer era dato improvvisamente per rotto. La votazione, con l´arrivo trafelato di nuovi delegati pronti ad assicurare il sostegno al premier, riprendeva confusamente nella notte.

Il risultato della consultazione interna non è in ogni caso vincolante. Sharon infatti, parlando l´altro ieri con il presidente egiziano Hosni Mubarak, ha già detto di voler proseguire comunque per la sua strada. Se tuttavia non dovesse tenere conto delle indicazioni provenienti dalla fronda, composta da grossi calibri come i ministri Silvan Shalom, Natan Sharanskij e Uzi Landau, rischia nel partito una vera e propria rivolta. Una impasse risolvibile solo con elezioni anticipate.

Ma se il panorama israeliano è pieno di incognite, ancora più caotica si presenta la scena politica palestinese. Parlando a Ramallah davanti ai deputati palestinesi, con a fianco il primo ministro Abu Ala, Yasser Arafat ha accusato Israele di tentare di sabotare il suo governo, e di fare a pezzi il processo di pace con la continua espansione degli insediamenti ebraici nei Territori e la costruzione del Muro in Cisgiordania. Il presidente palestinese si è tuttavia lanciato in un raro e inusuale mea culpa, parlando di «errori inaccettabili compiuti dalle nostre istituzioni» e denunciando quanti «hanno approfittato delle loro posizioni e violato la fiducia riposta».

Gli argomenti attesi nel discorso di Arafat erano soprattutto corruzione e riforme, questioni che l´anziano leader ha comunque toccato. Nessuno, ha tuonato, «è stato immune da errori, a partire da me stesso. Anche i profeti sbagliarono. Dobbiamo imparare la lezione dagli sbagli commessi, e correggerli. La corruzione? Non conosco nessun paese che non l´abbia». Più vago l´impegno annunciato sulle riforme. «Le continueremo», ha assicurato Arafat uscito, alla fine del lungo discorso tenuto nel ridotto della Muqata dov´è rinchiuso da due anni, tra applausi e perplessità.

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