Da Corriere della Sera del 02/09/2004

Un altro giorno di silenzio sui due reporter

Scaduto l’ultimatum, la Francia continua la battaglia. Oggi entra in vigore la legge sul velo al centro del ricatto

di Lorenzo Cremonesi

BAGDAD - Scaduto ieri a mezzanotte anche il terzo ultimatum dei terroristi, la Francia e il mondo trattengono il fiato per la sorte dei due giornalisti in ostaggio. Un'attesa in qualche modo confortata dalla gigantesca mobilitazione anche nell'universo islamico più radicale per salvare la vita del collaboratore di Radio France Internationale , Christian Chesnot, e del reporter di Le Figaro , Georges Malbrunot.

Ieri a loro favore sono scesi in campo anche il Papa e nuovi esponenti di punta tra i musulmani di Francia. «Che i due giornalisti siano trattati con umanità e restituiti incolumi, quanto prima, all'affetto di loro cari», ha detto Giovanni Paolo II in un appello contro il terrorismo. Una nutrita delegazione del Consiglio francese di rito islamico è nel frattempo partita alla volta di Bagdad, dove da tre giorni sta operando anche il direttore generale del Quai d'Orsay.

In pochi giorni l'opinione pubblica francese si è unita in un movimento senza precedenti per garantire la salvezza dei due. «Abbiamo mostrato un'unità e una solidarietà assolutamente prive di incrinature», ha sottolineato tra gli altri il presidente Jacques Chirac. Il messaggio è ormai ovvio per tutti: la Francia non è assolutamente disposta a cancellare la legge sul velo islamico e contro l'ostentazione di tutti i simboli religiosi nelle scuole di Stato, come chiedono i rapitori. Oggi il provvedimento entrerà ufficialmente in vigore con l’apertura delle scuole. Parigi, comunque, farà del suo meglio per cercare il dialogo con i terroristi, pronta a insistere sulla sua politica di critica agli americani e ai loro alleati in Iraq.

Allo scadere ieri dell'ultimatum, il ministro degli Esteri francese, Michel Barnier, stava rientrando ad Amman dopo una breve visita nel Qatar, dove ha incontrato tra gli altri i vertici di Al Jazira . Per la prima volta nella vicenda dei rapimenti in Iraq, la tv araba, tre giorni fa, aveva diffuso un comunicato di condanna contro il rapimento dei due reporter. Sembra però esagerato insistere troppo sulla rapidità di mobilitazione della diplomazia francese in questo caso. In verità tra la piccola comunità di reporter connazionali dei due rapiti a Bagdad non mancano le critiche. «Malbrunot e Chesnot sparirono sulla strada per Najaf venerdì 20 agosto. Ma l'allarme venne segnalato solo domenica. E per circa una settimana l'ambasciata francese in Iraq è rimasta muta, passiva. Ci spiegavano che dalla fine della guerra sono già stati catturati una decina di reporter, in circostanze diverse, dai gruppi della guerriglia. Ma al massimo in 48 ore sono stati rilasciati proprio perché la Francia è considerata un Paese amico. Solo dopo che le richieste dei rapitori sono state trasmesse il 28 agosto da Al Jazira il rapimento dei due è stato considerato sul serio e a Parigi si sono dati una mossa», dice tra gli altri Adrien Jaulmes, di Le Figaro .

Considerazioni che si accompagnano a momenti di speranza e timore. Speranza ieri mattina, quando è giunta la notizia della liberazione di 7 camionisti (3 indiani, altrettanti kenioti e un egiziano) che erano stati catturati ben 6 settimane fa. La loro compagnia, una ditta di trasporti del Kuwait, ha pagato un riscatto di 500 mila dollari per la liberazione. Ma grande timore per esempio nel riguardare le foto del massacro di 12 lavoratori nepalesi, uccisi due giorni fa. Ieri la rabbia è montata a Katmandu, dove la folla inferocita ha assaltato e dato alle fiamme la moschea principale della minoranza musulmana in Nepal, non lontano dal palazzo reale. In serata il governo ha dovuto imporre il coprifuoco per imporre la calma.

Non rassicurano neppure le rivelazioni apparse sul Nouvel Observateur . In una dettagliata analisi sull'Esercito islamico dell’Iraq, il gruppo che ha rivendicato la morte di Enzo Baldoni oltre al rapimento dei francesi, si riporta che sarebbe in atto uno scontro ideologico tra l'anima «nazionalista» e quella «internazionalista» del radicalismo islamico. La prima punterebbe unicamente alla lotta contro gli americani e i loro alleati in Iraq. E dunque sarebbe disposta a rilasciare i due francesi senza particolari condizioni. La seconda punterebbe invece alla «guerra totale» contro «i crociati stranieri», chiunque siano. Per loro la morte dei due francesi potrebbe essere addirittura un segnale di identità ideologica volta a rivendicare il valore della propria «missione» nel mondo.

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