Da La Repubblica del 03/09/2004
Nessun incidente nel primo giorno della nuova legge che proibisce l´uso di simboli religiosi a scuola
Tra trucchi, lacrime e vergogna le ragazze fanno cadere il velo
In tutto il Paese solo in 240 si sono presentate con il chador, ma poi in 170 se lo sono tolto
Alcuni goffi tentativi di beffare i controlli, dalle bandane alle parrucche
di Daniele Mastrogiacomo
PARIGI - «Sapete che faccio? Mi metto il cappuccio e vediamo se mi bloccano». André, 15 anni, ragazzone del Ghana, si alza la felpa rossa sulla testa e si avvia verso scuola. Gli amici lo inseguono. Gliela tolgono. Lui se la rimette. Si blocca, si rivolta verso i compagni, fa lo sguardo duro, poi scoppia a ridere: «Ma dai, scherzavo». Corrono tutti insieme verso l´ingresso del liceo. Si spingono a vicenda. Uno ruzzola per terra. Si rialza. Attraversa la strada di corsa. Un´auto rischia di travolgerlo. «Stupido, vuoi farti ammazzare?», gli urla il conducente. Davanti al bistrot dell´angolo, Fathima e Gilles, parlano fitto fitto tra loro. Indossano un foulard. Sono indecise. Dietro il portone dell´antico liceo Jules Ferry, nel cuore di place Clichy, ai piedi di Montmartre, ci sono sette dipendenti della scuola. Sostano in silenzio. Ma sono pronti a intervenire. L´ordine è tassativo: niente copricapi, nessuna eccezione. Fathima e Gilles si fanno coraggio. Arrivano fin sotto il portone e prima di entrare, con un gesto quasi naturale, si tolgono il foulard. Gli addetti al controllo sorridono con dolcezza. Una bidella aggiunge con un soffio: «Tranquille, non c´è nulla da avere paura». Il battesimo del fuoco non c´è stato. La legge sul velo entra in vigore senza traumi né tensioni; la paura della vigilia si stempera anche grazie alle comunità musulmane che danno indicazioni chiare: rispettare il provvedimento. Si torna sui banchi di scuola e 12 milioni di studenti affrontano con serenità questo appuntamento insolito e diverso.
Molti scherzi, tanti goffi tentativi di beffare i controlli. Roba da ragazzi. Chi ha dovuto fare i conti con il proprio credo religioso e superare tradizioni radicate in una cultura millenaria ha dovuto scegliere. Alla fine di una giornata vissuta con il fiato sospeso, il capo del rettorato addetto alla raccolta delle segnalazioni traccia un bilancio che considera positivo. «Solo una decina di casi si sono registrati nel distretto di Strasburgo», spiega in un comunicato. Nel resto della Francia, secondo i dati forniti dal ministro della Pubblica istruzione Francois Fillon ha reso noto che 240 ragazzine si sono presentate oggi col velo alla riapertura delle scuole in tutto il Paese. Di queste, 170 hanno accettato di levarselo su richiesta del preside. Certo, non sempre tutto è filato liscio. L´obbligo a togliersi il velo per alcune studentesse è stato vissuto come un dramma. Alia, 17 anni, è disperata e tremante. «Non so cosa fare», si sfoga con gli occhi gonfi di lacrime. «Una cosa è comunque certa: non mi toglierò il velo e non interromperò i miei studi». Con una sua compagna di scuola è stata «intercettata» dal direttore scolastico ed entrambe sono state invitate a scoprirsi il capo. Ora sono là, sedute in un bar, a riflettere e decidere. «Ci hanno portato in una sala d´attesa della scuola», racconta Alia, stretta alla sua amica. «Il preside ci ha parlato a lungo. Ci ha spiegato che la nuova legge vieta l´uso di ogni tipo di copricapo o di oggetti che ostentino la propria fede religiosa. Ha provato a convincerci a togliere lo chador. Ci ha detto che era un funzionario e che era obbligato ad applicare la legge. Noi abbiamo ascoltato, senza dire una parola. Adesso siamo qui, non sappiamo cosa fare. Sono disposta a mettermi una bandana, ma dicono che è ugualmente vietata. Io voglio studiare, stare con i miei compagni, alzare la mano, rispondere alla professoressa. Ma non posso rinunciare al mio velo. Mi vergogno, temo di essere discriminata nel mio ambiente».
La linea della tolleranza durerà dieci giorni. Il tempo necessario per adattarsi alle nuove misure e far prendere delle decisioni alle famiglie. Ma dopo non ci saranno deroghe. Su questo, la circolare trasmessa dal ministero dell´Educazione a tutti gli istituti è molto chiara. Chi insisterà nell´indossare copricapi e oggetti religiosi in modo vistoso dovrà rinunciare alla scuola pubblica. Cinque ragazzi sikh, che calzavano il loro turbante, hanno dovuto rinunciare all´inizio delle lezioni. Si ripresenteranno lunedì in classe. A capo scoperto. E´ accaduto a Bobigny dove c´è stata anche una lunga trattativa tra i maestri e la madre di un ragazzo delle elementari. Aveva suggerito di togliere il turbante al figlio, lasciandogli il capo coperto solo dalla cuffia di tela che tiene legati i capelli. Ma è stato inutile: le regole di applicazione del provvedimento escludono qualsiasi indumento in testa. Qualcuno ha lavorato di fantasia tutta la notte. Come due ragazze di Bischeim, nel basso Rodano: si sono presentate a scuola con una parrucca. Ma il trucco, anche in questo caso, è stato scoperto.
Molti scherzi, tanti goffi tentativi di beffare i controlli. Roba da ragazzi. Chi ha dovuto fare i conti con il proprio credo religioso e superare tradizioni radicate in una cultura millenaria ha dovuto scegliere. Alla fine di una giornata vissuta con il fiato sospeso, il capo del rettorato addetto alla raccolta delle segnalazioni traccia un bilancio che considera positivo. «Solo una decina di casi si sono registrati nel distretto di Strasburgo», spiega in un comunicato. Nel resto della Francia, secondo i dati forniti dal ministro della Pubblica istruzione Francois Fillon ha reso noto che 240 ragazzine si sono presentate oggi col velo alla riapertura delle scuole in tutto il Paese. Di queste, 170 hanno accettato di levarselo su richiesta del preside. Certo, non sempre tutto è filato liscio. L´obbligo a togliersi il velo per alcune studentesse è stato vissuto come un dramma. Alia, 17 anni, è disperata e tremante. «Non so cosa fare», si sfoga con gli occhi gonfi di lacrime. «Una cosa è comunque certa: non mi toglierò il velo e non interromperò i miei studi». Con una sua compagna di scuola è stata «intercettata» dal direttore scolastico ed entrambe sono state invitate a scoprirsi il capo. Ora sono là, sedute in un bar, a riflettere e decidere. «Ci hanno portato in una sala d´attesa della scuola», racconta Alia, stretta alla sua amica. «Il preside ci ha parlato a lungo. Ci ha spiegato che la nuova legge vieta l´uso di ogni tipo di copricapo o di oggetti che ostentino la propria fede religiosa. Ha provato a convincerci a togliere lo chador. Ci ha detto che era un funzionario e che era obbligato ad applicare la legge. Noi abbiamo ascoltato, senza dire una parola. Adesso siamo qui, non sappiamo cosa fare. Sono disposta a mettermi una bandana, ma dicono che è ugualmente vietata. Io voglio studiare, stare con i miei compagni, alzare la mano, rispondere alla professoressa. Ma non posso rinunciare al mio velo. Mi vergogno, temo di essere discriminata nel mio ambiente».
La linea della tolleranza durerà dieci giorni. Il tempo necessario per adattarsi alle nuove misure e far prendere delle decisioni alle famiglie. Ma dopo non ci saranno deroghe. Su questo, la circolare trasmessa dal ministero dell´Educazione a tutti gli istituti è molto chiara. Chi insisterà nell´indossare copricapi e oggetti religiosi in modo vistoso dovrà rinunciare alla scuola pubblica. Cinque ragazzi sikh, che calzavano il loro turbante, hanno dovuto rinunciare all´inizio delle lezioni. Si ripresenteranno lunedì in classe. A capo scoperto. E´ accaduto a Bobigny dove c´è stata anche una lunga trattativa tra i maestri e la madre di un ragazzo delle elementari. Aveva suggerito di togliere il turbante al figlio, lasciandogli il capo coperto solo dalla cuffia di tela che tiene legati i capelli. Ma è stato inutile: le regole di applicazione del provvedimento escludono qualsiasi indumento in testa. Qualcuno ha lavorato di fantasia tutta la notte. Come due ragazze di Bischeim, nel basso Rodano: si sono presentate a scuola con una parrucca. Ma il trucco, anche in questo caso, è stato scoperto.
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