Da Corriere della Sera del 07/09/2004

Un nuovo ricatto, la Francia teme per gli ostaggi

Via Internet richiesta di 5 milioni e ultimatum di 48 ore per i due reporter in Iraq. Ma il governo non sa se credere al messaggio

di Massimo Nava

PARIGI - Un nuovo ricatto minaccia la Francia e allontana le speranze di una rapida liberazione dei due giornalisti rapiti il 20 agosto scorso.

Una richiesta in denaro - cinque milioni di dollari - più volgare di una pur aberrante motivazione politica è stata comunicata ieri sul sito islamic-minbar.com , a nome dell'Esercito islamico dell'Iraq, il gruppo che ha sequestrato i giornalisti e che avrebbe però consegnato gli ostaggi ad un'altra organizzazione disponibile a un rilascio.

Al riscatto in denaro, da consegnare entro 48 ore, il gruppo aggiunge due richieste: una tregua nelle operazioni contro Bin Laden (alla cui caccia la Francia partecipa in Afghanistan) e la promessa di non intrattenere relazioni commerciali con l'Iraq. Il comunicato fa riferimento alle attività nella zona di Latifiya, che avrebbero compromesso la liberazione dei giornalisti, ma che non dipendono dalla volontà francese.

Sia a Parigi sia a Bagdad, il comunicato viene preso con molto scetticismo. Si continua a sostenere che nessuna contropartita è stata richiesta e che gli ostacoli al rilascio sono di natura tecnica. Si fa notare che lo stesso sito aveva rivendicato l'incendio del centro ebraico di Parigi, poi rivelatosi un atto di uno squilibrato che lo frequentava abitualmente. Inoltre, il gruppo terroristico non avrebbe mai usato questo metodo di comunicazioni pubbliche.

Il nuovo ricatto riduce l'ottimismo, alimentato anche da avventate dichiarazioni di alcuni ministri. Soltanto il premier, Jean Pierre Raffarin, aveva saggiamente sollecitato tutti a tacere. Proprio Raffarin ha però detto che gli esperti dell'antiterrorismo «hanno molti dubbi sull'autenticità del messaggio».

L'ottimismo poggiava su segnali molto concreti. In primo luogo, l'azione diplomatica della Francia, la solidarietà internazionale del mondo arabo e la missione in Iraq dei rappresentanti della comunità musulmana sembravano aver spezzato la dinamica di morte, pur senza cedimenti alle richieste dei terroristi che avevano chiesto al governo di abolire la legge sulla laicità. Attraverso i contatti con ambienti vicini ai terroristi, era apparso chiaro che i sequestratori avevano mutato atteggiamento e che il commando era sensibile sia all'accorato messaggio dei musulmani sia alle pressioni dei capi religiosi iracheni. Proprio domenica, l'imam salafista Mehdi Al Soumaydai aveva addirittura emesso una fatwa per l'immediata liberazione.

Qualche cosa si è però inceppato nel labirinto iracheno, lasciando sospeso il giudizio sull'operato delle autorità francesi e sull’immagine internazionale del Paese che sembrava rafforzata dalla capacità di dialogo con il mondo arabo, confortata dal non coinvolgimento nella guerra in Iraq.

Il rilascio dei giornalisti è stato probabilmente ostacolato dalle operazioni militari, proprio nella zona dove sarebbero custoditi. Circostanza che alimenta speculazioni sull'atteggiamento delle forze americane e delle autorità irachene, che non avrebbero collaborato con quelle francesi. In questo senso, sono state interpretate l'annullamento della visita in Francia del presidente ad interim iracheno e le polemiche dichiarazioni del premier Allawi sul «disimpegno» della Francia.

Il vice comandante della coalizione, generale Lance Smith, ha invece parlato di piena collaborazione con le autorità francesi. Lo ha confermato il ministro degli Esteri, Hoshyar Zebari: «Il governo iracheno - ha detto - è desideroso e pronto ad aiutare il governo francese perché sia fatto tutto il possibile per liberare gli ostaggi». Al di là delle illazioni su chi lavora per lo smacco della Francia, un atteggiamento riservato nei confronti di americani e autorità irachene dovrebbe risultare ovvio e opportuno, dovendo la Francia aprire un canale di comunicazione con la galassia dei loro nemici.

Sull'offensiva militare americana condotta proprio nei giorni della trattativa sono invece più espliciti i rappresentanti religiosi inviati da Parigi. Mohamed Bechari, presidente della Federazione dei musulmani di Francia, sostiene che i bombardamenti hanno reso troppo insicura la zona e compromesso i contatti con i rapitori. «Le forze irachene e americane non vogliono questa liberazione, ma attirare la Francia nel conflitto», dice. Anche Abdallah Zekri, delegato regionale del Consiglio del Culto, sostiene che l'unico ostacolo al rilancio è quello della sicurezza.

«Non credo al nuovo comunicato, ci sono banditi interessati a creare confusione per far saltare tutto. Non si è mai parlato di riscatto». La preoccupazione dei musulmani francesi è evidente. Il ricatto dei terroristi ha messo una comunità di cinque milioni nella condizione di «ostaggio di massa», con il rischio di allargare il fossato di diffidenza e ostilità nella società francese.

L'atteggiamento solidale e la composta accettazione della legge sulla laicità hanno invece riempito di contenuti l'immagine d'islam moderato, in cui l'identità religiosa convive con i valori civili e le istituzioni del Paese. Adesso, in Francia, tutti si augurano che, fra tante farneticazioni, il comunicato di ieri sia un'autentica «patacca». Se così non fosse, oltre che per la sorte degli ostaggi, c'è davvero da temere per la saldezza di nervi della società francese e della sua classe politica.

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