Da La Repubblica del 16/09/2004

La berlusconite contagia anche Siniscalco

di Massimo Riva

Più i giorni passano e più il ministro Siniscalco si muove in bilico su un piano inclinato pericolosamente scivoloso. E sì, che aveva esordito su una posizione che appariva piuttosto solida, soprattutto perché aveva trovato il coraggio politico di rompere i fitti veli dietro i quali il suo predecessore teneva nascosta l´incresciosa realtà dei conti pubblici. Intendiamoci, forse Siniscalco non ha detto proprio tutta l´amara verità sulle prospettive del bilancio dello Stato. Comunque ha scoperchiato quella parte che era indispensabile fare emergere subito, quanto meno per evitare che l´infernale meccanismo della produzione di bugie a mezzo di bugie, tanto abusato nei primi tre anni della gestione Berlusconi-Tremonti, portasse ad una conclusione disastrosa dell´attuale esperienza governativa. In ogni caso il ministro ha compiuto un´operazione utile a far capire ai cittadini, frastornati dai sempre rosei proclami berlusconiani, che le condizioni della finanza pubblica erano diventate ben peggiori di quelle ereditate nel 2001, su cui - si ricorderà - Giulio Tremonti aveva fatto grande e clamoroso scandalo.

Dopo di che l´ottimo Siniscalco si è messo subito all´opera. Come primo passo ha predisposto un decreto per contenere la spesa dei ministeri nel residuo semestre del 2004, così di fatto riconoscendo la fondatezza di quegli allarmi lanciati da Bruxelles sui conti dell´anno in corso che il suo predecessore aveva sprezzato con sdegnosa sufficienza. Poi ha allungato lo sguardo sul 2005, dichiarando indispensabile una manovra correttiva di almeno 24 miliardi, per giunta avvertendo che essa non avrebbe potuto essere "indolore". Infine, ha avuto l´onestà intellettuale di rivedere la gerarchia dei problemi, rimettendo in testa a tutti il vero cappio al collo del bilancio italiano: che non è l´euro o il Patto di stabilità di cui straparla Berlusconi, ma un debito pubblico così abnorme che strangolerebbe il paese comunque, anche al netto dei vincoli europei. Certo, al riguardo, il proposito di sciogliere il nodo con un piano di privatizzazioni nell´ordine di 25 miliardi per ciascuno dei prossimi quattro anni appare più una drammatica enunciazione del problema che non la soluzione del medesimo. Ma resta il fatto che Siniscalco ha richiamato all´attenzione degli italiani il più serio e più grave dei loro guai.

Fin qui, dunque, tutto più o meno bene. Ma ecco che, appena trascorsa la pausa d´agosto, il neoministro si è trovato a fare i conti con Silvio Berlusconi o, per meglio dire, con la "berlusconite", cioè con quella singolare sindrome di dissociazione dalla realtà e di fuga verso un immaginario miracoloso che sembra essere una sorta di affezione congenita del presidente del Consiglio. Una manovra "non indolore" da 24 miliardi? Macché, ha predicato il capo del governo, gli italiani devono stare tranquilli: non ci saranno tagli e neppure nuove tasse. Naturalmente, se l´Italia stesse crescendo agli stessi ritmi della Cina, una simile promessa potrebbe avere anche qualche probabilità di sembrare realizzabile. Ma le cose, come tutti sanno, sono assai differenti: nella migliore delle ipotesi nel 2005 si sfiorerà un due per cento di crescita del Pil. Quindi, in simili condizioni, come si possano recuperare 24 miliardi nei saldi del bilancio senza ridurre le spese e/o aumentare le entrate resta un mistero contabile, più ancora che politico, chiuso nella testa di Silvio Berlusconi.

Mistero, tuttavia, al quale il ministro dell´Economia ha voluto o comunque dovuto inchinarsi. Ed ecco che, invece di delineare congrui interventi sulle leggi di spesa, il Tesoro ha annunciato una sorta di rivoluzione del bilancio evocando il modello inglese. Cioè, anziché decidere dei tagli, si intende fissare un tetto massimo del due per cento alla crescita della spesa pubblica corrente, sebbene con qualche eccezione non trascurabile in materia di previdenza, sicurezza, scuola e forse sanità. Cosicché, sintonizzandosi con la soave musica del presidente del Consiglio, Siniscalco ha proclamato tutto contento che d´ora in poi non di tagli si dovrà parlare ma di tetti.

A parte l´incongruità del richiamo all´Inghilterra, dove è il bilancio e non, come da noi, le leggi di spesa a determinare il volume delle uscite dello Stato, non ci sarebbe difficoltà alcuna a cambiare lessico, ma a una precisa condizione: va bene che si scriva "tetti", purché sia chiaro che si deve leggere "tagli". Perché o quei tetti saranno davvero taglienti (e già c´è il serissimo dubbio che la soglia del due per cento possa dare gli esiti sperati) oppure il contenimento dei famosi 24 miliardi si rivelerà un penoso miraggio.

A questo punto l´impressione è che, sopravvissuto al triennio tremontiano delle fantasiose acrobazie contabili, Domenico Siniscalco si stia facendo sospingere da Berlusconi sul piano inclinato di una politica economica pur sempre concepita come manipolazione della realtà fino a ridursi a puro gioco di parole: come quello, appunto, fra tetti e tagli.

L´iniziale rispetto che il ministro dell´Economia sembrava voler dimostrare per l´intelligenza dei cittadini (e dei mercati) rischia così di svanire rapidamente. Come confermerebbero, su altro versante, anche le anticipazioni sui propositi in tema di tagli - questi sì, chiamati sempre così - delle tasse. Da un lato, il governo intende fare la bella figura di ridurre le aliquote dell´imposta sui redditi ma, dal lato opposto, toglierebbe il blocco agli aumenti delle addizionali da parte degli enti locali per compensarli dei tagli dei trasferimenti. Cosicché il cittadino, dovendo versare con una mano ciò che ha ricevuto con l´altra, si troverebbe vittima di una partita di giro nella quale sindaci e governatori si troveranno a fare la faccia feroce con i contribuenti per consentire a Berlusconi di recitare la parte del governante generoso. Dopo i calembour su tetti e tagli, ecco un classico gioco delle tre tavolette.

Quando ci fu il cambio della guardia al ministero dell´Economia nessuno immaginava che il più stretto collaboratore di Tremonti potesse operare una svolta radicale rispetto ai metodi del suo predecessore. Ma forse si poteva auspicare che il nuovo Tremonti almeno non tremonteggiasse. Giorno dopo giorno, anche questa piccola speranza si affievolisce. Chi si lascia contagiare dalla "berlusconite" non ha scampo.

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