Da La Stampa del 20/09/2004
Reazione di rigetto
di Aldo Rizzo
E’ andata meglio o meno peggio di quanto si pensasse, per i socialdemocratici del cancelliere Schroeder, nelle due importanti elezioni regionali della Sassonia e del Brandeburgo, vecchi capisaldi della Germania dell'Est, ex comunista, tra Dresda e la stessa Berlino. Se un crollo c'è stato, lo ha subìto in Sassonia la Cdu, l'opposizione nazionale cristianodemocratica, che nel Parlamento di Dresda, dov'era maggioranza assoluta, è passata, secondo i primi dati, dal 57 al 43-44 per cento, perdendo qualcosa come tredici punti. Nel Brandeburgo, che circonda Berlino, i due maggiori partiti nazionali hanno conservato la possibilità di ridar vita a una «grande coalizione», ma perdendo per strada i rispettivi alleati, i verdi e i liberali.
Messaggi contraddittori, che non premiano le speranze, la quasi certezza, del centrodestra di superare alle prossime elezioni federali il centrosinistra, e non scoraggiano la socialdemocrazia nel suo tentativo di riformare il «Welfare» tedesco, oberato, come in quasi ogni parte d'Europa, se non dell'intero Occidente, da un peso assistenziale ormai insostenibile e comunque contrario alla logica della competitività, nel nuovo mondo «globale».
E tuttavia, in queste elezioni regionali tedesche, ci sono segnali inquietanti di una reazione di rigetto, che in parte è assorbita da un senso «nazionale» di responsabilità, da cui appunto una mancata condanna del riformismo di Schroeder, ma che poi si manifesta nella crescita di partiti estremi, che in misura diversa sono fuori dal sistema. In Sassonia, il partito neonazista (definizione forse eccessiva, ma che dà un'idea) è passato dall'1 al 9 per cento dei voti e nel Brandeburgo il suo omologo, che si preferisce definire xenofobo, ha superato la soglia del 5 per cento. Questo a destra, come reazione, diciamo, populista. Ma non è certo irrilevante, nella regione berlinese, l'avanzata della Pds, cioè del partito postcomunista (in pratica erede, sia pure inevitabilmente critico, del vecchio regime di Pankow), che prende il secondo posto nei risultati, dopo i socialdemocratici, o Spd.
Dunque c'è una doppia risposta alla politica che Schroeder, col verde Fischer, fa in chiave federale. Una è l'attenzione, quanto meno, alle ragioni della sua «riforma del lavoro», l'altra è la protesta dell'ex Germania dell'Est, per il fatto che la riforma segna un arresto, una riduzione, della massiccia assistenza ai Länder ex comunisti. Dove, ancora, non si è sviluppata una filosofia del mercato, in senso pieno. Tant'è che recenti sondaggi rivelano, a Ovest e a Est, una nostalgia del Muro. Brutta lezione. Per la Germania, che si è riunificata solo istituzionalmente, a quanto pare, e soprattutto per l'Europa, che cerca di riunificare se stessa, ma ha ancora un cuore diviso, la drammatica, insostituibile, Germania.
Messaggi contraddittori, che non premiano le speranze, la quasi certezza, del centrodestra di superare alle prossime elezioni federali il centrosinistra, e non scoraggiano la socialdemocrazia nel suo tentativo di riformare il «Welfare» tedesco, oberato, come in quasi ogni parte d'Europa, se non dell'intero Occidente, da un peso assistenziale ormai insostenibile e comunque contrario alla logica della competitività, nel nuovo mondo «globale».
E tuttavia, in queste elezioni regionali tedesche, ci sono segnali inquietanti di una reazione di rigetto, che in parte è assorbita da un senso «nazionale» di responsabilità, da cui appunto una mancata condanna del riformismo di Schroeder, ma che poi si manifesta nella crescita di partiti estremi, che in misura diversa sono fuori dal sistema. In Sassonia, il partito neonazista (definizione forse eccessiva, ma che dà un'idea) è passato dall'1 al 9 per cento dei voti e nel Brandeburgo il suo omologo, che si preferisce definire xenofobo, ha superato la soglia del 5 per cento. Questo a destra, come reazione, diciamo, populista. Ma non è certo irrilevante, nella regione berlinese, l'avanzata della Pds, cioè del partito postcomunista (in pratica erede, sia pure inevitabilmente critico, del vecchio regime di Pankow), che prende il secondo posto nei risultati, dopo i socialdemocratici, o Spd.
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