Da La Repubblica del 21/09/2004

Anche gli ulema nel mirino jihadista

di Renzo Guolo

L´ASSASSINIO di due esponenti del Consiglio degli ulema, la principale autorità religiosa sunnita irachena, rappresenta l´ennesimo drammatico "salto di qualità" nel conflitto in corso. La violenta morte dei due "chierici" potrebbe essere legata più alle dinamiche interne al campo sunnita che al temuto scontro, foriero di guerra civile, tra sunniti e sciiti. I due gruppi confessionali sono certo portatori di interessi non facilmente componibili. Esprimono posizioni divergenti già sulla prima scadenza elettorale del 2005. Contrariamente ai sunniti, gli sciiti vogliono che quella tornata elettorale si tenga regolarmente. Per precostituire un´ipoteca politica sul futuro.

Ma i principali attori politici e religiosi confessionali nazionali convergono oggi sull´obiettivo della fine dell´occupazione. Rinviando il chiarimento sui futuri assetti politici del paese.

Quest´esile "unità nazionale" non è certo gradita ai settori jihadisti sunniti. Gruppi come Tawid wal Jihad o il rinato Ansar al Sunna, in cui militano i cosiddetti "stranieri", islamisti radicali non iracheni, condannano ogni ipotesi di convergenza. Anche tattica. Il loro obiettivo è impedire la stabilizzazione e fomentare lo scontro interconfessionale. Temono che l´alleanza tra sunniti e sciiti possa divenire meno fragile. Specie se i curdi proseguissero sulla strada dell´indipendenza strappata agli Usa con il "lodo Bremer". Vanificando l´ipotesi d´un governo a maggioranza sciita e liberando la shi´a dal secolare fantasma sunnita.

Per spezzare questa possibile intesa Zarqawi ha in passato colpito gli sciiti nelle loro città sante, cercando di far deflagrare i contrasti interconfessonali. Ma ciò, finora, non è avvenuto. Anche perché gli ulema sunniti sono stati tenaci fautori della linea unitaria. Suscitando il radicale dissenso jihadista. Il conflitto infrareligioso s´è palesato con le minacce di Zarqawi nei confronti del presidente del Consiglio degli ulema, Harith al Dhari. Gli ulema sono schierati con la guerriglia ma non sposano né i metodi né i contenuti del terrorismo jihadista. Profilandosi come componente islamonazionalista dello schieramento ostile alle forze della coalizione e al governo Allawi. Gli ulema criticano poi la strategia dei sequestri indiscriminati: lo s´è visto anche nel caso di Torretta e Pari e dei reporter francesi. E condannano le esecuzioni e la decapitazione degli ostaggi, ammantata dagli jihadisti di significato rituale. I "dottori della Legge" ritengono poi il progetto neocaliffale di Zarqawi del tutto irrealistico. Tali divergenze hanno indotto il leader di Tawhid wal Jihad a definire lo stesso Dhari un "codardo che con i suoi atteggiamenti favorisce il nemico". Parole che assumono i caratteri del takfir, la "scomunica" che colpisce l´apostata e legittima la sua morte. Anatema che investe non solo Dhari ma l´insieme del Consiglio degli ulema. Gli omicidi "selettivi" di Bagdad potrebbero rientrare nello scontro per l´egemonia in campo sunnita. Una delle vittime, lo sceicco Hazem al-Zeidi, era il responsabile del dialogo interconfessionale dell´Associazione degli ulema ed esercitava la sua missione a Sadr . La stessa associazione ha ventilato il timore che il duplice omicidio possa segnare l´inizio d´una "campagna".

Il conflitto infrareligioso si riversa, per effetto della guerra, anche in Mesopotamia. Sin dagli anni '60 il mondo islamico ha vissuto uno scontro tra ulema e militanti islamisti. Quest´ultimi, spesso autodidatti religiosi, teorizzano il "diritto di necessità", che scardina il concetto di Jihad e "martirio". Per gli islamisti radicali gli ulema sono "chierici ufficiali" che per mantenere il loro potere legittimano "governi empi" o sono disponibili al compromesso con i "nemici di Dio" . Dunque essi stessi dei nemici. Un conflitto, gravido d´incognite, pare esplodere oggi nel campo religioso iracheno.

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