Da La Repubblica del 22/09/2004
"La Turchia non è pronta per l´Europa"
Sul processo di adesione i dubbi del futuro presidente della Ue Barroso
L´ex premier portoghese: "Ma se Ankara accetta i nostri criteri non vedo perché dovremmo dirle di no"
di Marco Marozzi
La Turchia non è «ancora» pronta per l´Europa, anche se ha fatto «grandi progressi». L´avvertimento a cambiare in fretta arriva da una voce pesantissima: quella di Josè Manuel Durao Barroso, dal 1? novembre presidente della Commissione europea. I sogni europei di Ankara da allora saranno nelle sue mani.
E l´ex premier conservatore portoghese manda un messaggio netto al governo di Recep Tayyp Erdogan. A Le Monde che gli chiedeva se la Turchia ha rispettato tutti i criteri per negoziare l´adesione alla Ue, ha risposto: «Non ancora, ha fatto grandi progressi, lo riconosciamo, ma fino a questo momento non tutti i criteri sono soddisfatti». Anche lui, dopo la Commissione Prodi, avverte che non si può trattare con un paese che non fa sapere se reintrodurrà il reato d´adulterio, come vogliono nel partito islamico di Erdogan. Tutti gli «aspetti d´ordine democratico», martella Barroso, devono «essere strettamente rispettati». «Anche nel codice penale» in discussione al Parlamento di Ankara. «Nessuna concessione è possibile. La Turchia deve adeguarsi alle regole dell´Europa, non l´Europa alle regole della Turchia».
Erdogan, per la Ue, ha tutta la responsabilità di quel che accadrà. Alla domanda se personalmente sia favorevole alla Turchia nella Ue, Barroso risponde: «Sì, l´ho già detto quando ero premier del Portogallo, a condizione che tutti i criteri siano rispettati». Due messaggi si intrecciano a formare la linea Barroso. Primo: «Non credo che la Turchia in questo momento sia pronta a far parte dell´Unione». Secondo: «Tuttavia qualora dovesse soddisfare i nostri criteri non vedo perchè dovremmo dirle di no».
Le dichiarazioni escono mentre oggi Barroso arriva in una Francia almeno tiepida sulla Turchia: si va da una adesione «lontana» del «favorevole» Chirac, al «sarebbe la morte del progetto europeo» di Valery Giscard d´Estaig, alle divisioni dell´opposizione socialista. E domani Erdogan è a Bruxelles a cercare di convincere Parlamento europeo e il commissario all´Allargamento, il tedesco Guenter Verheugen. L´incontro con Romano Prodi «dipende dalle valutazioni politiche», dice la Commissione. L´attenzione sarà a quel si muove o continua a bloccarsi ad Ankara, dove l´opposizione socialista ha chiesto la convocazione urgente del Parlamento in vacanza - una sospensione dei lavori considerata una provocazione a Bruxelles - per legiferare sul nuovo codice prima del 6 ottobre, data in cui la Commissione darà il suo responso sui «criteri europei» esistenti in Turchia, democrazia (anche sull´adulterio) in testa. Ankara non solo vuole un sì al negoziato, vuole una data vicina per la partenza. Erdogan domani dovrà dire alla Ue cosa conta di fare e poi tornar a casa a gestire le ultime chance di una pacificazione o di una rottura drammatica con l´Europa. Sarà Barroso a gestire l´apertura o meno dei negoziati, dopo la decisione che prenderanno i leader europei nel vertice del 17 dicembre. Al posto del socialdemocratico Verheugen, futuro vicepresidente della Commissione, arriverà il conservatore Olli Rehn, da una Finlandia tutt´altro che turco-entusiasta, come tutti gli scandinavi. L´Italia invece è alla testa dei sì, con la Gran Bretagna. «Speriamo che i leader europei prendano una decisione favorevole alla Turchia» ha detto il ministro Franco Frattini alla Bild.
E l´ex premier conservatore portoghese manda un messaggio netto al governo di Recep Tayyp Erdogan. A Le Monde che gli chiedeva se la Turchia ha rispettato tutti i criteri per negoziare l´adesione alla Ue, ha risposto: «Non ancora, ha fatto grandi progressi, lo riconosciamo, ma fino a questo momento non tutti i criteri sono soddisfatti». Anche lui, dopo la Commissione Prodi, avverte che non si può trattare con un paese che non fa sapere se reintrodurrà il reato d´adulterio, come vogliono nel partito islamico di Erdogan. Tutti gli «aspetti d´ordine democratico», martella Barroso, devono «essere strettamente rispettati». «Anche nel codice penale» in discussione al Parlamento di Ankara. «Nessuna concessione è possibile. La Turchia deve adeguarsi alle regole dell´Europa, non l´Europa alle regole della Turchia».
Erdogan, per la Ue, ha tutta la responsabilità di quel che accadrà. Alla domanda se personalmente sia favorevole alla Turchia nella Ue, Barroso risponde: «Sì, l´ho già detto quando ero premier del Portogallo, a condizione che tutti i criteri siano rispettati». Due messaggi si intrecciano a formare la linea Barroso. Primo: «Non credo che la Turchia in questo momento sia pronta a far parte dell´Unione». Secondo: «Tuttavia qualora dovesse soddisfare i nostri criteri non vedo perchè dovremmo dirle di no».
Le dichiarazioni escono mentre oggi Barroso arriva in una Francia almeno tiepida sulla Turchia: si va da una adesione «lontana» del «favorevole» Chirac, al «sarebbe la morte del progetto europeo» di Valery Giscard d´Estaig, alle divisioni dell´opposizione socialista. E domani Erdogan è a Bruxelles a cercare di convincere Parlamento europeo e il commissario all´Allargamento, il tedesco Guenter Verheugen. L´incontro con Romano Prodi «dipende dalle valutazioni politiche», dice la Commissione. L´attenzione sarà a quel si muove o continua a bloccarsi ad Ankara, dove l´opposizione socialista ha chiesto la convocazione urgente del Parlamento in vacanza - una sospensione dei lavori considerata una provocazione a Bruxelles - per legiferare sul nuovo codice prima del 6 ottobre, data in cui la Commissione darà il suo responso sui «criteri europei» esistenti in Turchia, democrazia (anche sull´adulterio) in testa. Ankara non solo vuole un sì al negoziato, vuole una data vicina per la partenza. Erdogan domani dovrà dire alla Ue cosa conta di fare e poi tornar a casa a gestire le ultime chance di una pacificazione o di una rottura drammatica con l´Europa. Sarà Barroso a gestire l´apertura o meno dei negoziati, dopo la decisione che prenderanno i leader europei nel vertice del 17 dicembre. Al posto del socialdemocratico Verheugen, futuro vicepresidente della Commissione, arriverà il conservatore Olli Rehn, da una Finlandia tutt´altro che turco-entusiasta, come tutti gli scandinavi. L´Italia invece è alla testa dei sì, con la Gran Bretagna. «Speriamo che i leader europei prendano una decisione favorevole alla Turchia» ha detto il ministro Franco Frattini alla Bild.
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