Da La Stampa del 22/09/2004
E se calasse il sipario sull'orrore?
di Giuseppe Zaccaria
BAGHDAD - Ogni giorno immagini nuove anche se ripetono se stesse, ogni sera altre sequenze di aguzzini mascherati, prigionieri in lacrime, implorazioni che si trasformano in urla e urla in rantoli mentre macellai brandiscono le lame che colpiscono l'Occidente alla gola: ma perché dobbiamo infliggerci tutti questo?
Le modalità e i tempi dei sequestri di persona in Iraq dimostrano con estrema chiarezza che il vero obiettivo dei terroristi islamici non è ottenere liberazioni di detenute inesistenti né ritiri di truppe che nessun governo ordinerà mai. Quelli sgozzano perché la primitività trionfi, perché il macello diffonda orrore e l'orrore generi panico non soltanto fra gli occidentali ma più ancora in quell'Islam moderato che mai troverà spazio nelle «breaking news» di «Al Jazeera».
Se tutto ciò è indiscutibile è forse il momento di discutere a fondo un altro aspetto del problema: perché mai dobbiamo facilitare questo disegno, non sarà giunto il momento di «staccare la spina»?
Un dibattito simile divise l'Italia negli anni del terrorismo, però allora si discuteva sul dare rilievo o meno ai comunicati di terroristi nostrani ed alle loro farneticazioni. Oggi non esistono contenuti ideologici da censurare né fatti dinanzi ai quali coprirsi gli occhi, un qualsiasi proclama di Al Zarqawi o dei suoi emuli risulta indigeribile a qualsiasi pubblico e se tradotto e diffuso per intero riuscirebbe a trasmettere soltanto il senso del grottesco.
Qui si parla invece delle immagini, di un certo tipo di immagine che da tempo ha smesso di costituire un documento e si tramuta in propaganda o gusto per la perversione.
Non si tratta di oscurare richieste ed appelli dei prigionieri, sia pure fatti in stato di costrizione, questi possono contribuire sia alla comprensione degli eventi che alla salvezza di vite umane però le sadiche esibizioni di potere su prigionieri innocenti ed il grand guignol finale, quello no.
Continuando a mandare in onda quelle sequenze, talvolta fino al momento del rantolo finale, grandi network e piccole emittenti non rendono alcun servizio all'informazione, anzi si trasformano in veicoli di un ricatto e di grave distorsione della realtà. I terroristi esibiscono la forza della primitività e meccanicamente, assurdamente la forza della tecnologia diffonde questo messaggio, i nostri schermi moltiplicano all'infinito la portata dell'orrore e nella percezione del pubblico questo sovrasta e cancella tutto il resto, i veri problemi dell'Iraq, le buone o pessime cose che ogni giorno accadono nella sconvolta Mesopotamia, nello sconfinato mondo islamico.
Ci risulta che anche «Al Jazeera» si stia finalmente interrogando sulla differenza fra un'emittente televisiva ed una casella postale. E' vero che i macellai di Al Zarqawi potrebbero comunque diffondere via Internet le loro sanguinolente esibizioni, ma se il circuito televisivo respingesse la messa in onda di un orrore fine a se stesso il messaggio perderebbe forza e con esso forse cesserebbe anche la moltiplicazione dei rapimenti. Non sappiamo se un codice deontologico internazionale della tv sia mai stato varato né se un'iniziativa del genere possa trovare d'accordo grandi networks occidentali e potenze televisive emergenti, però è il momento di parlarne.
Le modalità e i tempi dei sequestri di persona in Iraq dimostrano con estrema chiarezza che il vero obiettivo dei terroristi islamici non è ottenere liberazioni di detenute inesistenti né ritiri di truppe che nessun governo ordinerà mai. Quelli sgozzano perché la primitività trionfi, perché il macello diffonda orrore e l'orrore generi panico non soltanto fra gli occidentali ma più ancora in quell'Islam moderato che mai troverà spazio nelle «breaking news» di «Al Jazeera».
Se tutto ciò è indiscutibile è forse il momento di discutere a fondo un altro aspetto del problema: perché mai dobbiamo facilitare questo disegno, non sarà giunto il momento di «staccare la spina»?
Un dibattito simile divise l'Italia negli anni del terrorismo, però allora si discuteva sul dare rilievo o meno ai comunicati di terroristi nostrani ed alle loro farneticazioni. Oggi non esistono contenuti ideologici da censurare né fatti dinanzi ai quali coprirsi gli occhi, un qualsiasi proclama di Al Zarqawi o dei suoi emuli risulta indigeribile a qualsiasi pubblico e se tradotto e diffuso per intero riuscirebbe a trasmettere soltanto il senso del grottesco.
Qui si parla invece delle immagini, di un certo tipo di immagine che da tempo ha smesso di costituire un documento e si tramuta in propaganda o gusto per la perversione.
Non si tratta di oscurare richieste ed appelli dei prigionieri, sia pure fatti in stato di costrizione, questi possono contribuire sia alla comprensione degli eventi che alla salvezza di vite umane però le sadiche esibizioni di potere su prigionieri innocenti ed il grand guignol finale, quello no.
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