Da La Repubblica del 28/09/2004

Intervista a Tariq Ramadam

Noi, musulmani d´occidente

Quarantadue anni, è secondo "Time" uno dei cento pensatori più influenti del nostro tempo
Invitato ad insegnare in una università cattolica americana non ha ottenuto il visto

di Guido Rampoldi

GINEVRA - A quarantadue anni il filosofo sommesso e ironico che abbiamo di fronte è considerato dal settimanale Time uno dei cento pensatori più influenti del nostro tempo. Quel che più conta, affascina come nessun predicatore le ultime generazioni islamiche in Europa, under-40 cui sono familiari i suoi venti libri e le registrazioni dei suoi discorsi, commercializzate da una casa di produzione di Lione in ragione di 50mila cassette l´anno.

Si chiama Tariq Ramadan, insegna all´università di Friburgo, partecipa con un ruolo rilevante alla formazione di quell´islam "europeo" che si sta affacciando nel nostro panorama: e forse non solo nel nostro. Se infatti è esatta la profezia che Ramadan ci consegna in questa intervista, dall´Europa il nuovo islam trasformerà, modernizzandolo, l´islam nel mondo. Allora si compirebbe quella Riforma della fede musulmana che tanti orientalisti annunciavano come imminente già alla fine degli anni Sessanta, poi invocarono per lustri, e adesso rimpiangono come una speranza svanita mentre si chiedono cos´è andato storto. Eppure quando finalmente qualcosa comincia a profilarsi non siamo più certi che sia desiderabile avere a che fare con un islam riformato, moderno, duttile, dunque d´un tratto legittimato a giocare nella politica europea. Inoltre cambiare il corso d´una religione secolare non è mai un processo quieto e lineare, e noi non lo controlliamo. Forse per questo Ramadan suscita reazioni più sospettose che incuriosite. Chi è davvero «l´enigmatico Ramadan», come titola Le Monde? E cosa c´è dentro il suo islam?

I quattro libri che parlano di lui, tutti in francese, complicano l´enigma invece che risolverlo. Grossomodo bollano Ramadan come infido dissimulatore e quinta colonna del nemico: ma quale sia il nome del nemico, questo non è chiaro. Per due di quei testi Ramadan ha tradito l´eredità del nonno materno, l´egiziano Hasan al-Banna, fondatore dei Fratelli musulmani, e per vanità s´è venduto ai cristiani. Un fotomontaggio lo ritrae appunto con una veste da prete e una croce al collo, probabile allusione al fatto che la cattolica università americana di Notre Dame gli aveva offerto una cattedra. L´incarico è sfumato quando l´amministrazione Bush gli ha negato il visto, con soddisfazione di chi gli muove le accuse esposte negli altri due libri. Dove Ramadan appare come uno stratega fondamentalista, in segreto capo della rete europea dei Fratelli musulmani. Stando ai suoi nemici, tanti, è un uomo «estremamente pericoloso» (Bernard Kouchner, ex ministro francese) che bordeggia il radicalismo islamico (il neocons Daniel Pipes). Queste le dicerie: però i fatti dicono che nessuna magistratura ha mai chiesto d´interrogarlo. Lui si definisce «un pensatore musulmano che ricorda all´Occidente "cristiano" il fondamento del Concilio Vaticano II, e cioè l´accettazione dell´Altro nel suo essere diverso». Soprattutto gli pare che l´Occidente non accetti «la dimensione religiosa, tanto più se espressa da un musulmano. In sostanza vorrebbe avere i musulmani senza l´islam».

Quale islam, ecco il punto. L´islam di Ramadan non prende il Corano alla lettera ma ne cerca il significato autentico interpretando i testi con spirito critico. Il metodo è perfettamente postmoderno o "riformato". Per il risultato include una certa produzione di idee "non moderate", simili a quelle in uso presso la nostra sinistra alternativa, che confermano a dubbiosi o prevenuti l´impressione dell´islam anti-occidentale, inconciliabile con l´Europa.

Costoro hanno torto?
«Io sono pienamente musulmano ma sfido chiunque a dimostrare che non sono totalmente europeo. Però bisogna intendersi su cosa vuol dire essere europeo. Se è lo spirito critico a fondare in Europa la cittadinanza, allora non si pretenda che per essere accettati i musulmani dicano, ad esempio, che la guerra in Iraq è buona e giusta. Se contesto la politica del governo non vengo meno al dovere di lealtà verso la patria, cui forse offro una prospettiva migliore. Però ai musulmani non si chiede una lealtà creativa. Su di loro grava sempre il sospetto che non siano parte del Paese. Che abbiano piani segreti. Cosa nasconde Ramadan? Cosa c´è dietro le sue parole? Se le ascoltassero, forse la smetterebbero di sospettare».

Però quelle parole sono controverse: per esempio la sua proposta d´una "moratoria" della lapidazione delle adultere pareva riconoscere legittimità a quella pratica, come le ha contestato Sarkozy.
«Vede, io sono contrario non solo alla lapidazione ma a tutte le punizioni corporali (previste dalla sharia), alla pena di morte e alla reintroduzione dell´adulterio nel codice penale turco. Da dieci anni almeno invoco un femminismo islamico e spero che le donne siedano presto nei consigli degli ulema, così come oggi accade solo in Indonesia. Se dunque volessi fare il "musulmano moderato" non avrei difficoltà a compiacere l´Occidente. Ma chi mi ascolterebbe? Tanti islamici direbbero: questo è il solito musulmano occidentalizzato, un musulmano svizzero... e io avrei perso il gioco. Se invece ti muovi con un approccio pedagogico... non è semplice venire a capo di quelle punizioni perché sono nei testi (Corano e Hadith). Però vi appaiono con formule che non sono del tutto nitide, o di cui non è chiaro il livello di autenticità. In altre parole c´è lo spazio per aprire una discussione e coinvolgere anche gli ultimi Stati, come la Nigeria, che ancora condannano a morte adultere. A questo servirebbe una moratoria mondiale: sarebbe il primo passo per abrogare la lapidazione in tutto il pianeta».

Lei sostiene l´utilità di discutere con gli islamisti radicali, per esempio con i salafiti, inclusi quelli interni o prossimi ad organizzazioni terroriste. Dialogare con quella gente?
«Non con i capi e gli ideologi, gente pericolosa e tutt´altro che ingenua: quelli bisogna combatterli. Ma al margine o dentro quei movimenti vi sono tanti salafiti di 20-25 anni che cercano risposte forti e rassicuranti alla propria crisi di identità. Questi ultimi li si può convincere a rifiutare l´ideologia del "martirio". Però è molto difficile. Chi tenta il dialogo è immediatamente sospettato di voler infiltrare l´area dell´islam radicale per dirigerla».

Ma in genere sono gli islam mediorientali che influenzano gli altri islam, quelli d´esportazione.
«E´ stato così fino ad una decina d´anni fa, quando ha cominciato ad esserci chiaro che le soluzioni legali e le percezioni globali che arrivano dal Medio Oriente non funzionano in Occidente. Adesso, e questa è la grande novità, la nostra voce è ascoltata dal mondo islamico: col tempo avrà un impatto fortissimo. Infatti i musulmani d´Occidente padroneggiano strumenti ormai indispensabili. Hanno ripristinato nell´islam il metodo critico. E immesso concetti come diritti di cittadinanza, libertà di coscienza, Stato di diritto, alternanza, che i regimi mediorientali non praticano. Cominciano a discutere anche d´una separazione tra Stato e religione, questione che considero ineludibile. La si può risolvere distinguendo tra il reame del dogma, cioè dei principi imposti, e il reame della ragione critica. Quando l´ho proposto agli ulema del Marocco mi pare convenissero».

Però sui musulmani iracheni non avete alcuna influenza.
«Alcuna. Attraverso le tv dell´area io e altri abbiamo cercato di suscitare ripulsa verso metodi come il rapimento o l´assassinio di ostaggi, ma l´impressione è che laggiù ciascuno usi l´islam come un´arma per legittimarsi e per fare ciò che gli pare. Se è così, allora serve una soluzione politica più che una soluzione religiosa».

Teologi che hanno influenza sull´islam europeo, per esempio Qardawi, disapprovano l´uccisione di ostaggi in Iraq ma non le stragi di Hamas in Israele. Coloro che organizzano quei massacri non sono forse gente infame e ripugnante?
Ramadan annuisce. Poi: «La resistenza palestinese è legittima ma non lo è l´uccisione di innocenti. Puoi spiegarla con ciò che è accaduto negli ultimi dieci anni, ma non puoi giustificarla».

Dunque lei la condanna?
«La condanno dal ?97, e con più forza di alcuni miei amici della sinistra europea. Ma è troppo facile emettere sentenze da questo tavolino se non si tenta di cambiare il contesto che ha prodotto i kamikaze. Invece l´Europa s´è rinchiusa dentro una neutralità che di fatto aiuta solo Israele».

A differenza dei mediorientali, i musulmani d´Europa finalmente cominciano a distinguere tra la politica della destra israeliana e gli ebrei. E lei stesso ha criticato aspramente gli imam che usano Israele come pretesto del loro razzismo: salvo poi essere a sua volta accusato di razzismo da sei intellettuali francesi che aveva definito «ebrei».
«Io mi batto da dieci anni contro l´antigiudaismo, ho tanti amici ebrei e credo che il futuro stia nel trovare insieme valori universali comuni ad ogni appartenenza. Ma critico chi sta bersagliando una comunità nel calcolo di proteggere l´altra dall´antisemitismo».

Cos´ha suggerito alle musulmane cui la Francia proibisce d´andare a scuola velate?
«Di rispettare la legge, perché questo appartiene alla nostra etica. Di evitare atteggiamenti conflittuali e di cercare compromessi. Per esempio usare una bandana invece del velo, come adesso suggerisce anche il ministro dell´Educazione. Ma se gli insegnanti le costringessero a scegliere tra la bandana e la scuola, scelgano la scuola. La scuola pubblica, intendo. Non perché manchino scuole islamiche assai aperte. Ma perché i musulmani d´Europa che cedono alla tentazione di isolarsi si condannano ad uno sdoppiamento d´identità».

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