Da Il Messaggero del 05/10/2004

Addio Africa crudele, continente perduto

di Marcella Emiliani

I CLANDESTINI che muoiono, a decine, cercando di raggiungere l’Italia dalle sponde della Tunisia o della Libia, non sono che poche gocce del diluvio che rischia di inondare nel tempo l’Europa. Perché questo dobbiamo chiederci: questi figli dell’Africa che fuggono dal loro continente, cosa si lasciano alle spalle? L'Africa dove va? Da quanti disastri è afflitta? Proviamo a elencarli.

I conflitti. La fine della guerra fredda ha rappresentato per il continente l'equivalente dell'apertura di un vaso di Pandora. Da una parte sono crollati regimi indecenti, alleati tanto dell'Est quanto dell'Ovest, tenuti in vita fino a quel momento solo dalla realpolitik degli schieramenti di campo. E la sparizione o la fuga del dittatore di turno non è avvenuta in maniera indolore, si chiamasse Menghistu d'Etiopia, il “negus rosso”, Siad Barre di Somalia, l'ondivago amico dell'Italia, o Mobutu Sese Seko, creatura della Cia. Proprio Mobutu usava dire :«Dopo di me il diluvio!», e diluvio è stato non solo nell'ex Zaire, ma in Somalia, in Ruanda, in Burundi, in Costa d'Avorio, in Liberia, in Gambia, in Sierra Leone, in Angola e l'elenco potrebbe allungarsi, mentre abbiamo davanti agli occhi i tanti bambini-guerrieri arruolati in queste guerre disgraziate. Li si liquida come “conflitti etnici” ma di tribale, in senso di tradizionale, hanno poco o niente. Sono conflitti modernissimi per conquistare il potere in Stati molto deboli in cui non si è mai consolidata nessuna cultura democratica.

In altre parole, chi controlla lo Stato controlla l'economia. E siccome le risorse sono “scarse” (l'Africa è un eldorado ma non ha né il know-how per valorizzare le suddette risorse, né il controllo del loro prezzo sul mercato internazionale) quello che ne esce è una guerra per bande, una versione moderna della pirateria che già aveva caratterizzato “la scoperta” del continente nel 18° e nel 19° secolo. Così la Somalia si è trasformata in una Tortuga equatoriale e l'ex Zaire, oggi Repubblica democratica del Congo, è avviato sulla stessa strada coi giochi di ben 7 paesi del continente ad alimentare i suoi conflitti interni.

Rimedi peggiori dei mali. Gli anni 90 per l'Africa hanno rappresentato un vero calvario anche per le cure da cavallo che ha dovuto sopportare da parte della Banca Mondiale e del Fondo monetario internazionale. E c'è una sigla in tutto il continente che ancora incute terrore: Pas, che sta per Programma di aggiustamento strutturale. Visto che la maggior parte dei paesi africani era (ed è) fortemente indebitata, si è ben pensato di ridurre la spesa pubblica, di tagliare servizi sociali dall'istruzione alla sanità , di togliere i prezzi calmierati ai prodotti di maggior consumo col bel risultato di innescare una spirale di nuovo sottosviluppo che ha provocato un po' ovunque “rivolte del pane”.

Maledizioni bibliche. L'Africa è tornata ad essere il continente dal vero “cuore di tenebra” che oggi si presenta con l'epifania di mali vecchi e nuovi, ma sempre di magnitudo apocalittica: carestia, fame e siccità, che poco hanno a che vedere con un qualche dio cattivo, ma molto si devono ai conflitti che si moltiplicano. L'Aids, che in Africa chiamano “la malattia della debolezza” e che contamina ormai quasi il 30% del suo mezzo miliardo di abitanti, poco protetti da politiche preventive, ancor meno da diete adeguate e alle prese con prezzi dei medicinali degni di un reddito della California. Infine il virus Ebola che devono ancora raccontarci in tutta la sua genesi, ma che ha una capacità di dare morte, questa sì, degna dell'apocalisse, mentre gli africani muoiono comunque a migliaia per la malaria o la tubercolosi.

In un'epoca di globalizzazione, si sentenzia, l'Africa ha perso il treno in corsa, è uno zatterone alla deriva. Una cosa è certa: lo stato d'anarchia in cui sembra sprofondato il continente è una manna per gli affaristi di tutte le latitudini, che arrivino con un kalashnikov in mano o una valigetta 24 ore.

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