Da Corriere della Sera del 07/10/2004

«Dai capitribù svolta per le due Simone»

Letta e il direttore del Sismi ricostruiscono le trattative. Silenzio sull’ipotesi di riscatto di 5 milioni di dollari

di Fiorenza Sarzanini

ROMA - Un mediatore che già in passato aveva negoziato la liberazione degli ostaggi avrebbe consentito il rilascio di Simona Pari e Simona Torretta. Davanti al comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti il sottosegretario Gianni Letta ricostruisce il sequestro delle due volontarie di «Un ponte per...». Ma lascia in sospeso le ultime fasi del rapimento, compresa quella che - secondo indiscrezioni - riguarda il pagamento di un riscatto. Una parte dei soldi sarebbe già stata versata come compenso alle «fonti». L’altra dovrebbe essere portata in Iraq nei prossimi giorni con un’operazione garantita da uno degli intermediari della trattativa. La cifra concordata sarebbe di cinque milioni di dollari. Durante la riunione l’argomento non viene neanche affrontato. Non si parla di denaro, né viene indicata l’identità dei mediatori. Si affronta invece il capitolo Croce Rossa e in particolare il ruolo del commissario straordinario Maurizio Scelli. Letta ha accanto il direttore del Sismi Niccolò Pollari. Alla sua struttura dà il merito del buon esito della vicenda. Ma non tralascia l’altro protagonista. Ai parlamentari che ipotizzano l’esistenza di una intelligence parallela risponde con una battuta: «Niente di tutto questo, Scelli è una brava persona. Certo, parla un po’ troppo...».

E’ stato proprio il commissario straordinario a ricevere la prima «prova in vita» di Simona e Simona. Era il 15 settembre, otto giorni dopo l’irruzione nell’ufficio di Bagdad: la voce registrata delle due ragazze chiedeva medicine e implorava di fare presto. Mentre la notizia veniva comunicata a palazzo Chigi altre «fonti» erano state attivate sul campo.

Secondo Letta tutti i canali vengono aperti sin dal primo giorno. L’11 settembre viene convocata una riunione dei capitribù sunniti alla quale partecipa anche Al Dhari, il capo del partito islamico ritenuto figura di grande influenza. La disponibilità a trattare viene resa evidente e per questo non viene dato credito ai messaggi trasmessi via Internet che annunciano l’esecuzione degli ostaggi. Proprio in quelle ore i servizi segreti kuwaitiani comunicano di avere informazioni che provengono da una persona molto vicina ai sequestratori. Viene individuata una prigione che si trova a circa 60 chilometri da Bagdad. Attraverso i sistemi di intercettazione satellitare anche l’ intelligence americana conferma la notizia. Ma quando si decide di compiere la verifica, la casa viene trovata vuota.

Altre segnalazioni parlano di una villetta che si trova tra Falluja e Ramadi. Viene paventato il rischio che le ragazze vengano vendute ad un gruppo terrorista, presumibilmente quello legato ad Abu Musab Al Zarqawi. Nessuno è in grado di comprendere se si tratti soltanto di un tentativo dei rapitori o dei loro emissari di alzare la posta in gioco, ma l’Italia mostra comunque la massima apertura. «I sequestratori - riferisce il senatore diessino Massimo Brutti - sono riconducibili all’area baathista, di cui fanno parte membri delle disciolte organizzazioni militari di Saddam».

Nell’ultima settimana arriva la svolta. Mentre Maurizio Scelli continua a ricevere indicazioni e messaggi dai rapitori attraverso un medico iracheno che fa parte della sua struttura, i capitribù ottengono il via libera al rilascio. La condizione posta è perentoria: Simona e Simona saranno consegnate alla Croce Rossa. Il 26 settembre un gruppo di agenti del Sismi vola in Kuwait, poi si sposta in Iraq. La notte successiva anche Scelli arriva a Bagdad. Due giorni dopo le volontarie vengono liberate. Sono circa le 15.30. Il percorso concordato viene modificato mentre sono già sull’auto che dovrà portarle all’appuntamento concordato con il commissario della Croce Rossa. Per circa due ore si perdono le loro tracce. Poco dopo le 17 ricompaiono sugli schermi di Al Jazira mentre sollevano il burqa e stringono la mano a Scelli.

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